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mercoledì 23 maggio 2012

Rilegittimare la politica vera, quindi le idee ed i progetti e non mai le mere appartenenze.

La sorte toccata all’ultimo Consiglio Regionale, lo scioglimento della seduta per mancanza del numero legale sul punto delicato della votazione sul bilancio di ARPAB, è la stessa sorte di quasi tutti gli ultimi consigli, aprendosi così delicate questioni politiche e di etica della rappresentanza non più rinviabili da un ordine del giorno della politica lucana che ormai pare del tutto distaccata dalla realtà di una regione che vive forse la sua pagina più buia ed in un quadro di prospettive pessime per il futuro.
Che vi sia uno scollamento tra i numeri della politica consiliare che rappresenta la volontà popolare e le attività “monarchiche” di una Giunta che esautora puntualmente il Consiglio o che vi sia una caduta verticale del senso di responsabilità che pur dovrebbe spingere i consiglieri ad esser presenti fino alla fine di una riunione dell’assemblea, poco cambia agli effetti del pauroso blocco democratico che sono proprio quelle continue mancanze del numero legale a palesare drammaticamente.
Blocco democratico che in sostanza si traduce o si potrebbe tradurre in un blocco amministrativo delle attività dell’ente regione stesso, lasciato orfano di quelle “indicazioni” legislative su materie di specifica competenza consiliare a cui neppure la giunta ed i suoi bypass potrebbe supplire, aprendosi la strada a commissariamenti di enti ed agenzie di fondamentale importanza e a “supplenze burocratiche” sulle sole attività di ordinaria amministrazione, nel rinvio “sine die” di quelle attività di programmazione oggi necessarie sia per la ristrutturazione della architettura amministrativa locale che i tagli sui trasferimenti dallo stato impongono, sia per quelle attività di programmazione territoriale che crediamo necessarie in virtù di fatti normativi intervenuti, prima su tutte il disposto all’art. 16 del decreto liberalizzazioni.
Una situazione pericolosamente depauperante il concetto stesso di democrazia potrebbe così aprirsi a meno della metà del percorso di vita della consiliatura e crediamo che in effetti tale depauperazione di fatto già esista e si dimostri proprio in mancanze del numero legale che paiono riguardare assenze tra i banchi della maggioranza, assenze che o sono ribellioni alle attività di un Presidente-monarca, ed in quanto tali aprono una questione di relazione tra governo e partiti di maggioranza che speriamo non si spenga in una mera ristrutturazione delle “poltrone”, o sono i sintomi della malattia che riguarda l’etica di base della rappresentanza politica, in altri termini se lo spirito che muove i consiglieri rispetto al loro ruolo istituzionale sia quello di rappresentanti della volontà popolare o cottimisti, nella seconda ipotesi conclamandosi evidente una profonda crisi del sistema politico su cui regge l’assetto di potere lucano. Assetto di potere che, non riuscendo più ad onorare i patti con le filiere di consenso locale attraverso il rilascio di postazioni da cui gestire persino quell’ordinarietà di gestione su cui costruire localmente il consenso stesso, non sarebbe più in grado di tenere ancorati i rappresentanti eletti in virtù di quei patti alla maggioranza su cui pure regge una Giunta, richiamandoli se non al rispetto di quei patti infranti, al senso di responsabilità che attiene al ruolo istituzionale.
Una situazione che in entrambi i casi necessita non di rimedi, quanto di scelte da parte del Presidente. Scegliere cioè se vivacchiare nel compromesso quotidiano per evitare ulteriori imbarazzi fino a quella prima data utile per il suo disimpegno che potrebbe essere rappresentata dalle prossime politiche, ma che sarebbe oltremodo penoso personalmente e politicamente, oltre che dannoso per la regione, o far di necessità virtù e passare o alle sue dimissioni o a quello scioglimento del consiglio regionale, previa consultazione con il Presidente dello stesso, per vizio di funzionamento dello stesso che la legge gli consente e che, se nei fatti conduce comunque alle elezioni regionali anticipate, nel caso di simile atto di forza lo preserverebbe da quell’ammissione di non riuscire più a governare la regione che potrebbe essergli pregiudiziale per ulteriori sviluppi della sua personale carriera politica.
Scelga pure come crede il Presidente – ne ha facoltà – ma scelga l’unica strada democraticamente ed eticamente percorribile per riconciliare le attività istituzionali, nell’interesse di una regione a cui lo stato di impasse attuale può infliggere il colpo di grazia, quella di andare a votare per rilegittimare la politica, la politica vera, quindi le idee ed i progetti e non mai le mere appartenenze alle consorterie che sono e rimarranno così continuando, la vera palla al piede di una terra che può e deve riscattarsi.


Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

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