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lunedì 1 novembre 2010

La visita medica? Tra due anni, ma se paghi 10 giorni

di MASSIMO BRANCATI


Ha chiesto una visita di controllo per valutare lo stato di salute della sua tiroide dopo aver subìto due interventi al cuore nel giro di tre mesi. Avrà pensato di avere anche problemi all’udito quando l’addetto al centro prenotazioni dell’azienda sanitaria gli ha comunicato che la visita era possibile il 5 giugno del 2012. Per essere sicuro di aver capito bene ha fatto telefonare al nipote che ha ricevuto la stessa risposta. Insomma, quasi due anni di attesa. Che sono diventati appena dieci giorni quando il pensionato di Potenza, E. B., protagonista della vicenda, ha deciso di prenotare una visita intramoenia. Cosa significa? Si tratta di prestazioni erogate dai medici di un ospedale, al di fuori dell'orario di lavoro, che possono utilizzare le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell'ospedale stesso. Le visite in regime di intramoenia garantiscono al cittadino la possibilità di scegliere il medico a cui rivolgersi per una prestazione e sono soggette al pagamento di un compenso liberamente stabilito dal professionista e approvato dalla direzione sanitaria.
E. B. voleva che ad occuparsi del suo caso fosse il dott. Giuseppe Citro, diabetologo a cui si è sempre rivolto, apprezzandone professionalità e competenza. Seguendo il canale «pubblico» i tempi sono biblici, ma basta pagare e come d’incanto il medico di turno trova la disponibilità. Il pensionato ha versato 90 euro e, come dicevamo, il 5 novembre avrà ciò che chiedeva. Il caso ripropone con forza il dibattito che si è scatenato attorno alle visite intramoenia che dai detrattori sono da sempre osteggiate perché considerate la causa delle lunghe liste d'attesa per visite ed esami vari. Di qui l’appello a cancellarle costringendo i medici ad optare o per il pubblico a tempo pieno o il privato all'esterno delle strutture pubbliche. Anche perché c’è il sospetto che questo meccanismo favorisca sacche di «imboscati»: il medico dipendente ospedaliero lavora per contratto 38 ore settimanali più eventuali straordinari. E nella maggior parte dei casi fa turni e reperibilità notturne.
Eppure molti riescono a fare 2 o 3 ore al giorno di studio privato, compreso il sabato. Se si riesce a lavorare 50/60 ore settimanali, delle due l’una: o il lavoro del medico è poco impegnativo e non stanca o in ospedale c’è chi lavora alla carlona. Anche tra gli stessi medici, a dire la verità, c’è chi considera il sistema dell’intramoenia poco chiaro. E penalizzante per gli utenti. Antonio Santangelo segretario regionale della Federazione italiana medici di famiglia, ammette: «Diciamo subito che questo meccanismo non è illegale, c’è una legge. Ma è anche vero che il cittadino deve avere la giusta attenzione nei tempi appropriati nell'ambito del servizio pubblico, visto che versa contributi per il mantenimento del settore. Non può pagare due volte per un suo bisogno reale».
L’intramoenia favorisce il privato, penalizza il pubblico e allunga le liste di attesa? «Non metto la mano sul fuoco dicendo che tutti i miei colleghi non approfittano della situazione. Sulle liste d’attesa ricordo che abbiamo firmato due mesi fa con la Regione un accordo in cui poniamo le basi per condividere percorsi diagnostici con colleghi specialisti onde evitare intasamenti e favorire le prestazioni urgenti all’interno di liste che spesso sono gonfie di esami inutili».
Quanto al caso specifico del pensionato E. B., Santangelo sottolinea che «il dott. Citro è davvero ultrapieno. Si fa in quattro perché è responsabile di una struttura territoriale di endocrinlogoia e diabete. È un professionsita che dà la propria disponibilità a chicchessia. Se c'è un caso particolare fa di tutto per anticipare i tempi. Posso soltanto dire che il medico di famiglia dovrebbe giudicare se la visita è necessaria in tempi brevi o meno. Può chiamare il collega e valutare insieme il da farsi».(lagazzettadelmezzogiorno.it)

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