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mercoledì 7 settembre 2011

La riscoperta dello scrittore Giuseppe Brancale. L'UNITÀ E GLI OCCHI DELL'ITALIA RINNEGATA RACCONTATI TRA FIRENZE, LA BASILICATA E L'AFRICA





Con gli studi critici avviati dal Centro studi umanistici dell'Abbazia di San Savino
anche un'accurata analisi di Elena Gurrieri su 'Il Portolano'

L'Unità d'Italia vista “da dove l'Africa era più vicina che Roma” e la Ricostruzione nell'opera dello scrittore Giuseppe Brancale (1925-1979) sono al centro di un'accurata analisi della critica letteraria Elena Gurrieri nel periodico 'Il Portolano', il cui ultimo numero ospita una serie di interventi sul germanista e scrittore Ferruccio Masini (1928-1988). Di Brancale, vissuto tra la Basilicata e Firenze, è in corso la pubblicazione dell'opera omnia che sta dando vita a un processo di riscoperta di questo autore che fu marinaio, boxeur sulle navi da guerra, insegnante, impegnato nelle lotte sindacali nel sud che va incontro all'alfabetizzazione e all'industrializzazione, nel solco di Rocco Scotellaro, con il quale fu in contatto, e con Carlo Levi di cui fu amico, trovando un interlocutore prezioso anche nello scrittore e giornalista piemontese Pier Angelo Soldini.

Fu proprio la lettura, a Firenze, del leviano 'Cristo si è fermato ad Eboli' a suggerirgli una sorta di risposta, 'Avanti, Cristo', divenuto poi 'Il rinnegato', ritratto vitale della comunità del paese Migalli in rapporto con l'Unità d'Italia e la sua ricaduta nelle contrade lucane, entusiasmate da Garibaldi, quindi sopraffatte dal latifondo riorganizzato, infine risollevate dal movimento lento ma stringente della storia.

“Il primo incontro con Levi – ricorda la moglie Gaetana – avvenne proprio a Sant’Arcangelo, davanti alla farmacia del paese. Levi era innamorato della Basilicata ma proprio lì il suo romanzo non era stato capito. Ovunque andava sembrava trovare il gelo. Talvolta quelli a cui aveva lasciato il romanzo come dono, glielo rendevano pensando di doverlo pagare. C’era molta grettezza. Poi quando cominciarono gli studi critici e passò il tempo, finalmente ci si rese conto di quanto Carlo Levi avesse fatto per il Sud”.

Tra la fine degli anni Quaranta e gli inizi dei Cinquanta Brancale incontra Rocco Scotellaro presso la Camera del lavoro di Sant’Arcangelo. Lo incontrerà anche altre volte. Brancale è socialista nenniano (sarà vicino a Giacomo Mancini) come Scotellaro.  La situazione era tutto sommato fluida tra socialisti e comunisti. Spesso i responsabili dei due partiti in Basilicata, quando si svolgevano incontri per mettere a punto alcune strategie sindacali, mandavano anche Brancale a Potenza e a Matera o dove avvenivano questi incontri. E c’era Scotellaro. “Ci parlava, era il giovane sindaco di Tricarico – racconta la moglie di Brancale – ma Rocco Scotellaro lo scoprimmo come autore e per ciò che rappresentava e avrebbe rappresentato per il Sud solo dopo la sua morte, avvenuta nel ’53. Era andato in galera per avere occupato le terre con i contadini. La sera faceva lezione ai carcerati. Questo Giuseppe Brancale, allora, sapeva di lui, con la convinzione comune che tante cose accadevano perché la gente non pensava”. La riflessione sull'Unità, attraverso gli occhi de 'Il rinnegato', matura nel solco dell'approccio storico, che costituisce un antidoto all'approccio esclusivamente magico o metastorico sul Sud. “La storia del 1860 – osserva Brancale in una delle lezioni tenute nelle scuole fiorentine sul Mezzogiorno, pubblicate in appendice al 'Rinnegato' – è piena di fatti epici delle Camicie Rosse, ma sarebbe stato doveroso aggiungere che essi non sarebbero serviti a fare l'Unità d'Italia se il Popolo non fosse insorto e l'Esercito borbonico non avesse disertato in massa”. Per Elena Gurrieri nei tre romanzi finora pubblicati da Polistampa ('Il rinnegato', 'Echi nella valle' e 'Fantasmi che tornano') una “scrittura tersa di gusto classico ed elegante”, con quella capacità riconosciutagli da Carlo Levi di “fondere mirabilmente l'antico col moderno”, dà voce al cambiamento dei protagonisti di Migalli (in realtà Sant'Arcangelo) nell'Ottocento pre e post unitario, durante la guerra d'Etiopia e poi in Libia, infine nel passaggio dalla civiltà contadina all'energia elettrica che trasforma una valle, quella dell'Agri, “amata fino al tormento” come ha rilevato Giovanni Caserta, dove alcuni amici si trovano alle prese con un delitto e l'invocazione dell'innocenza. L’intreccio tra la memoria, la pietà e la pena che si sconta non spegne le luci che pure illuminano l’esistenza dei personaggi.
Mentre nel 'Rinnegato', l'Unità viene vista con gli occhi di Prestone, ex garibaldino e sognatore, che contempla “il sole che è ancora lontano da venire”, in 'Echi nella valle' Brancale racconta le vicende di Marco Laviano e Andrea Salinatore, discendenti di una stessa famiglia, in epoche diverse ma con la stessa ricerca che li condurrà, misteriosamente, dopo secoli, l’uno davanti all’altro. In 'Fantasmi che Tornano', tra la fine degli anni Cinquanta agli inizi dei Sessanta, due amici, l’uno giudice l’altro accusato di un delitto, vivono e sopravvivono sullo sfondo di una regione, dove sembra essersi fermato il tempo, nonostante siano visibili i cambiamenti (la costruzione della diga del Pertusillo ad opera dell'Enel). Il giudice Andrea Casalese, protagonista del romanzo, vive l’indagine e il processo come un percorso interiore fino alla scoperta della verità. Di prossima pubblicazione il romanzo epistolare 'Lettere a Michele' (dedicato al medico Michele Di Gese) e i racconti. In forma di lettere, l’autore cerca di raccontare all’amico, prima di un’annunciata partenza, quello che accade nel suo presente e l’incontro con il cantastorie Gargané, che è apparso, un giorno, nei pressi della radura a cantare e raccontare la storia del mondo.
Le opere di Brancale sono curate dal Centro di Studi umanistici dell'abbazia di San Savino, a Cascina.

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