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mercoledì 21 settembre 2011

21 settembre 1943, l’intervento del sindaco di Matera.



Il 68° anniversario della strage nazista del 21 settembre 1943 a Matera ricorre nel 150° dell’Unità d’Italia.
Due ricorrenze lontane solo sul piano temporale, ma accomunate da uno stesso valor, uno unico sentimento: la Libertà.
Fu rivoluzione quella dei giovanissimi patrioti risorgimentali, intellettuali o semplici lavoratori che 150 anni fa immolarono la loro vita per il grande ideale unitario e della libertà dall’oppressione straniera.
E fu resistenza, rivolta e lotta di liberazione quella che tra il 1943 e il 1945 migliaia di italiani, di ogni estrazione sociale, organizzarono per liberare l’Italia dall’occupante tedesco e nazista.
Il filo conduttore delle due grandi battaglie il Risorgimento e la Lotta di Liberazione a distanza di meno di un secolo l’una dall’altra era costituito dal sentimento patriottico, dalla reazione alle angherie dello straniero e dall’anelito di Libertà.
Gli ideali di libertà, dell’amore per la patria accomunano il nostro Giambattista Pentasuglia che si unì ai Mille di Giuseppe Garibaldi con gli eroi materani barbaramente massacrati il 21 settembre 1943.
E partì da Matera la rivolta del Sud. 
In tanti abbiamo rivendicato questo primato che è impresso nella lapide scoperta nell’aula del Consiglio Comunale di Matera il 21 settembre 1969 giorno della consegna alla città della Medaglia d’argento al Valor Militare.
Questo primato, quella medaglia devono essere sempre ricordati con orgoglio da tutta la città.
Così come orgogliosamente dobbiamo continuare a chiedere il riconoscimento dell’onorificenza civile ai cittadini materani quali protagonisti di una rivolta, una vera insurrezione civile contro i nazifascisti. 
Magari capitata per caso, come spesso il caso si incarica se non di scrivere la storia, almeno condizionarla, modificandone il suo fluire. 
Così come il caso, le circostanze hanno fatto emergere i veri sentimenti, hanno provocato la reazione, le rivolte, hanno portato alla luce quello che dal profondo delle umili grotte dei Sassi era celato. Forse solo apparentemente celato.
Ed hanno portato alla luce sentimenti, valori, coraggio, quel coraggio che spesso ci sembra mancare. E attingendo a questi sentimenti, a questi valori a questo coraggio nascosto che si diventa eroi. 21 settembre 1943 – 21 eroi della resistenza, 21 martiri della libertà, 21 cittadini che con il loro sangue riscattano un’intera città e senza saperlo si sintonizzano con milioni di uomini, donne, giovani e anziani che a loro volta riscattano una nazione, la patria l’Italia.


Sono andato oggi a rileggermi il bel racconto di Carlo Levi “tre ore di Matera”. A conclusione del racconto Levi scrive:
“Questa è la breve, semplice storia dell’insurrezione di Matera (Levi la chiama insurrezione) che gli italiani non conoscono. Prima delle quattro giornate di Napoli, prima di ogni altro episodio della Resistenza, Matera si ribellò e corse alle armi, senza preparazione, senza organizzazione, spontaneamente: gli uomini si batterono e morirono. Manicone e gli altri erano uomini semplici, non seguivano un piano né un’ideologia, ma un moto profondissimo del cuore. “Perché lo hanno fatto?” ho chiesto a un vecchio contadino del Sasso. “Non gli andava più”, mi rispose. Per quanto nel grande frastuono di una guerra questo episodio, che durò in tutto tre ore, possa sembrare piccolo e passare inavvertito a me pare che il fatto che la prima battaglia della Resistenza italiana sia avvenuta proprio a Matera, nella chiusa capitale contadina, abbia un senso reale. Da queste grotte sotterranee, dal profondo della terra partono le lunghe marce. Non ci fu, il 21 settembre, come al tempo mitologico del conte Tramontano, la cafonità. Era scoppiata ancora una volta nell’animo degli uomini qualche cosa che vi stava compresso e inespresso, ma preso una forma nuova, forse perché per la prima volta chi si rivoltava non era mosso dalla sola disperazione, ma dalla speranza. Forse nell’animo di Manicone e degli altri, in luogo del senso dell’impossibilità di mutare un mondo nemico se non con la morte, c’era, per la prima volta, improvviso, il senso confuso di qualche cosa che si stava creando, di una solidarietà nuova, di una costruzione possibile e propria. Il chiuso orizzonte feudale pareva aprirsi, si potevano creare, se ci si batteva per questo, dei nuovi rapporti umani. 
Questo è il valore profondo di quella grande rivoluzione che fu la Resistenza italiana, più vera per aver trovato qui tra le argille e i tufi della terra contadina il suo primo episodio”.

Questi valori profondi, questi sentimenti ci appartengono. Questi valori ci fanno caparbiamente appartenere a quella grande schiera di coloro che coltivano la speranza per il futuro, anche se non lo sappiamo!

W la Resistenza di Matera, W l’Italia!

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