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mercoledì 21 settembre 2011

Fenice, Bolognetti: più che una commissione d’inchiesta servirebbero i caschi blu dell’Onu e il tribunale penale internazionale.



Apprendo che oggi presso la Provincia di Potenza si terrà una conferenza di servizi avente per oggetto la vicenda Fenice.
Al Presidente Lacorazza e all’assessore Macchia diciamo che è improcrastinabile una decisione che porti alla chiusura di Fenice. E’ giunta l’ora delle assunzioni di responsabilità. La Provincia e tutti gli enti coinvolti non cedano di fronte a “ricatti” e pressioni. L’autorizzazione provvisoria all’esercizio va ritirata e va respinta al mittente la richiesta di rilascio dell’Aia.
Troppi sapevano e hanno taciuto. Ora è venuto il momento di dire basta, in attesa che qualcuno si decida a contestare qualche reato nei confronti di tutti coloro che a vario titolo hanno consentito questo scempio. Tra i reati non escluderei l’associazione a delinquere. Il Dipartimento ambiente a guida Santochirico sapeva. Tentare di circoscrivere le responsabilità al solo Sigillito è operazione intellettualmente disonesta.
A chi oggi prova a cavalcare la tigre della protesta popolare, come l’ineffabile Felice Belisario, suggeriamo di riflettere su un’ultra decennale presenza del partito dei valori in Consiglio regionale.
Quanto alla procura di Melfi, torno a chiedermi su cosa abbia indagato e in quale direzione e se sia stato davvero un atto di “responsabilità” non procedere al sequestro.
Provocatoriamente, più che invocare una Commissione d’inchiesta – in Italia di solito si costituiscono per insabbiare la verità – verrebbe da chiedere l’intervento dei caschi blu dell’Onu e del tribunale penale internazionale. Lo so, quelli si occupano di crimini contro l’umanità...appunto!
P.S. 
Qualcuno sembra aver dimenticato che l'Italia è stata condannata dalla Corte di giustizia europea proprio sulla questione dei rilasci delle Autorizzazioni integrate ambientali.


E allora ripetere giova

"...Dulcis in fundo la condanna inflittaci dalla Corte Europea il 31 marzo di quest’anno per la violazione della Direttiva 2008/1/Ce, nota anche come direttiva Ipcc, che impone il rilascio di una autorizzazione per tutte le attività industriali e agricole che presentano un notevole impatto inquinante. La direttiva è stata recepita dal nostro ordinamento con il consueto ritardo e naturalmente è stata totalmente disattesa. Nessuna prevenzione e nessuna riduzione integrata dell’inquinamento(per informazioni chiedere ai tarantini). Basti citare un dato: al 30 ottobre del 2009, su 5669 impianti industriali in esercizio ben 1204 erano privi di autorizzazione integrata ambientale. Tra le regioni che hanno fatto guadagnare l’ennesima condanna al nostro paese troviamo anche la Basilicata, dove da 10 anni il famigerato inceneritore Fenice di proprietà della Edf opera senza AIA(autorizzazione integrata ambietale) e in regime di autorizzazione provvisoria.
La verità è che siamo il paese dei furbi, il paese del “fatta la legge trovato l’inganno”. Ne volete la prova? Con il D.LGS 59/2005(integrato nel titolo III bis del D.LGS 152/2006) recepiamo la direttiva 96/61/Ce sulla “prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento”, successivamente sostituita dalla citata 2008/1/Ce. Il D.Lgs 59/2005 stabiliva, all’art. 5 comma 18, che l’AIA dovesse essere rilasciata entro il 30 ottobre 2007. Come da italico costume, allo scadere del termine perentorio viene varata una proroga attraverso il D.L. n.180(30/10/2007), rimandando l’obbligo al 31 marzo 2008. Il termine perentorio, però, è solo apparente, in quanto lo scaltro legislatore inserisce nel Decreto Legge 180 un piccolo articoletto che recita: “Nelle more del rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, gli impianti già in esercizio, per i quali sia stata presentata nei termini previsti la relativa domanda, possono proseguire la propria attività.”


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