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venerdì 9 settembre 2011

BASILICATA: LE ZONE FRANCHE DEI RIFIUTI


Le zone franche dei rifiuti










LE ZONE FRANCHE DEI RIFIUTI

di Andrea Spartaco

Un anno fa la Regione Basilicata revocò, per inadempienza dei Comuni coinvolti, i finanziamenti per bonificare 6 ex discariche comunali. In qualche caso, accanto, autorizzava a costruirne altre. E di ex discariche comunali da bonificare, afferma Legambiente Basilicata, ve ne sono molte. Pericolose per l'ambiente e la salute. Discariche di cui comuni non in grado di co-finanziarne la spesa, preferiscono tacere. Anche quando ad andarsene in giro per fiumi e torrenti è un rifiuto tossico come il percolato. Il costo complessivo della bonifica di tali aree è stimato in circa un milione di euro. Vi sono, infine, quelle totalmente abusive. Vere e proprie zone franche dei rifiuti.

DISCARICHE ESISTENTI
È vero. Ci sono discariche che vengono chiuse perché gli impianti non funzionanti causano inquinamento ambientale, come in località Pallareta di Potenza. Che succede allora? Si fa come in Campania. Invece di rivedere i Piani Provinciali e questo tipo di gestione, tenendo ben presente che oggi il “business rifiuti” è una voce di guadagno importante per le organizzazioni criminali, tanto da essere ridefinite “ecomafie”, si continua a persistere nello smaltimento in discarica e negli inceneritori, alimentando il tutto con la solita emergenzialità. Per la questione inceneritori Gianni Rondinone, ex assessore regionale all’Ambiente, sempre un anno fa spiegò che sul territorio ne esistevano già tre. “Melfi, con il grave impatto che ha avuto in termini ambientali, Stigliano e Tricarico. In più – continuava – ve ne sono altri 4 o 5 in progetto. Tenendo conto che si producono 680 tonnellate al giorno di rifiuti, che entro il 2012 si dovrebbe raggiungere il 65% di differenziata e che la Regione intende recuperare del rimanente un altro 5-10% con la differenziata spinta, come Cdr bruciabile (combustibile da rifiuti, ndr) rimarrebbero tra le 180/200 tonnellate al giorno da dividere tra i vari inceneritori. Si capisce che non coprono il fabbisogno nemmeno d'un impianto”. Le tonnellate di copertura rimanenti, per Rondinone, le avremmo prese dalla Campania e da altre regioni con problemi di gestione dei rifiuti. La definì una pura “operazione imprenditoriale”. Solo pochi giorni fa invece, Maurizio Bolognetti, segretario dei Radicali Lucani, ha dichiarato che sulla raccolta differenziata in Basilicata, ferma a un misero 10%, l'impressione che se ne ricava “è che per incompetenza o dolo, qualcuno abbia lavorato non per innescare una gestione virtuosa dei rifiuti ma per creare i presupposti per una situazione emergenziale”. Cosa assurda in una regione di appena 600 mila abitanti. “La verità – conclude Bolognetti – è che la raccolta differenziata è stata sabotata da chi ha interessi nel settore delle discariche e dalla lobby pro-inceneritori”. E non mancano le occasioni in cui si palesano collegamenti societari tra imprese che operano sulle discariche e sugli inceneritori. Sulla questione “Piani provinciali e regionali” poi, diverse sono le associazioni lucane che si sono espresse parlando d'una cricca di imprenditori e politici che decidono i piani provinciali e regionali a tavolino. Sugli interessi delle imprese più che su quello pubblico. E qualcuno parla di ecomassoneria. Una sorta di intreccio tra mafia e alte cariche pubbliche e imprenditori. Nedo Biancani, ex consulente della provincia di Matera, intervistato tempo fa, affermò che fu proprio dopo aver analizzato le aree inquinate in Valbasento, alcune oggetto di sversamenti illeciti per via dei materiali trovati, e gli fu chiesto di mettere mani nella gestione rifiuti, che “non fu più persona gradita in Basilicata”. L'idea che il consulente s'era fatto dei politici lucani con cui aveva avuto a che fare era di “un branco di lupi a caccia”. La strategia dell'emergenza cronica intanto resta. Ed è quella che ha portato alle ordinanze per conferire rifiuti in discarica. A Tricarico, Salandra, Pisticci, e forse anche in quella di Borgo La Martella a Matera. Alcune delle quali, tra l'altro, così come qualche impresa, già oggetto di indagini giudiziarie e sequestri.  
DISCARICHE INESISTENTI
C'è poi un genere di discarica di tutt'altra natura. Completamente invisibile, e illegale. Partiamo dall'amianto, l'inquinante cui è stata dedicata maggiore attenzione da parte della legislazione italiana, tanto che la prima legge sulla sua pericolosità risale al 1905.Tra le zone del materano è purtroppo frequente l'abbandono. Oltre a mucchi di eternit sparsi qua e là a volte ci si può imbattere in vere e proprie discariche abusive, con volumi notevoli di questo materiale definito “killer silenzioso”. In contrada Piana d'oro per esempio, a poche centinaia di metri da quella che fino a un anno fa era una discarica autorizzata a ricevere amianto, oggi trasformatasi ad accogliere rifiuti non pericolosi, lo troviamo sversato massicciamente sopra e dentro una una ferita stretta e sinuosa nella terra. Una delle tante che una volta venivano chiamate “tòfe” dai pastori. Sotto scorre un ruscello che spesso si colora d'amaranto. E chiare sono le tracce di mezzi pesanti che arrivano al ciglio della spaccatura. Del materiale tossico, presente anche in polveri che si compattano o disgregano a seconda pioggia e venti, possiamo solo sperare che non finiscano per spolverare, come  zucchero a velo, i tanti campi di grano attorno. E inutile chiedersi dove vada a finire poi quel prodotto alla base della nostra alimentazione. Certo per avere un'idea della estrema finezza delle fibre bisogna immaginare che in un centimetro lineare si possono affiancare 250 capelli umani. Ma la “terra di nessuno”, così descritta da un ex boss della 'ndrangheta, è sede di sversamento d'altro. Sarà per la morfologia e il controllo quasi assente, faccenda questa, che diversi procuratori lucani che si sono occupati di traffici illeciti di rifiuti hanno sempre sottolineato, sicuro c'è una massiccia presenza  smaltiti illegalmente. Si tratta spesso di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, gomme, plastiche, batterie di auto. Molti catalogati come pericolosi. A volte le piogge che caratterizzano i cambi stagionali, oggi più impattanti sui terreni per via della enorme quantità d'acqua che si abbatte in poco tempo, aprono ferite nella terra. Allora si rivelano seppellimenti fatti da soggetti che si sono persino presi la briga di scaricare enormi quantitativi in buchi naturali per poi tapparli. E si trovano discariche abusive attaccate ai centri abitati. Dove è stato sversato di tutto. Resti di carni animali con tanto di scatoloni di supermercati che li hanno prodotti. Fili elettrici, lavatrici, frigo, televisori, salotti, letti, poltrone, lampade, materiale di risulta, amianto. Ognuno dei quali nel tempo rilascia nell'ambiente sostanze tossiche per la salute. E se ne trovano sversati nei boschi, lungo i fiumi, in ex aree industriali. Lungo l'Agri se ne sono contate 5 di discariche abusive. E diverse quelle lungo il Basento, anche con smaltimenti di rifiuti tossici, come per l'area di Tito, o Pisticci. Impressiona che quel 65% di differenziata a cui si dovrà arrivare entro il 2012 rappresenta oggi la constatazione della violenza sul territorio, dell'ignoranza per gli effetti collaterali sulla salute pubblica, e forse del “dolo” nel protrarre tale situazione. Ma siamo nell'era della blu economy, dove il business, anche quello dei rifiuti, dovrebbe cercare sistemi di gestione che imparino dalla natura.
da il Resto.TV

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