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martedì 13 settembre 2011

11 Settembre 2011. Dieci anni dopo le Torri Gemelle


Sembra ieri quando nel caldo di un martedì pomeriggio la tv comincia a surriscaldarsi. Decine di notizie impazzano qua e là su tutti i telegiornali, senza che nessuno dia una spiegazione logica a quelle immagini, a quel fumo, a quegli aerei. Sono già passati dieci anni dall'attacco terroristico contro le torri gemelle di New York; una decade che vale un secolo per quanti avvenimenti si sono susseguiti. Strano ma vero, l'11 Settembre del 2001 ha portato al crollo di due enormi punti esclamativi: l'assoluta invulnerabilità degli Stati Uniti e la conseguente sicurezza di tutti i Paesi cosiddetti Occidentali. Al Qaeda e il suo "fu" finanziatore Osama Bin Laden ha messo sotto scacco l'intera umanità per un decennio: dalla paura provata nel prendere ogni singolo volo aereo, al terrore nell'obliterare un biglietto della metro o di un treno (vedi attentati di Londra e Madrid).
Da quella data tutto il mondo, tutti i popoli, ogni singolo individuo ha preso seria consapevolezza di cosa fosse la paura; dell'inferno che polvere, ferro e cemento possono rappresentare; della gente che in preda al panico affacciata al 72esimo piano di una delle due torri è in preda ad un antico dilemma, lasciarsi cadere nel vuoto per non darla vinta a quegli assassini o cercare di resistere magari invano fino al crollo dell'edificio; dai 343 vigili del fuoco sorpresi dal crollo della torre sud per tentare di portare in salvo più persone possibili; dai passeggeri del volo United 93 che hanno dato filo da torcere a quelle bestie di terroristi, si perchè di bestie si tratta, sventando il divino piano; dall'orda delle madri e dei padri e dei parenti recatisi a Ground Zero per avere notizie sui loro cari e cercando di estraniarsi dal dolore, colmi di speranza, continuavano ad appiccicare le foto segnaletiche sul grande muro lì nei pressi del grande cratere. Si, posso dire tranquillamente che da quella data nasce la paura globale, la paura di uscire di casa e di non sapere ciò che la giornata riserverà per ognuno di noi.
Un bambino nato dal 2000 in poi non riesce a comprendere la differenza tra il vecchio status ed il nuovo; per lui varcare più volte il metaldetector negli aeroporti è del tutto normale, farsi perquisire persino nelle mutande è lecito, il divieto di usare coltelli per mangiare in aereo lo è altrettanto. Un bambino di oggi con la passione per gli aerei può solo sognare di chiedere al comandante di poter vedere la strumentazione di bordo con la cloche dei comandi, quando il sottoscritto a 10 anni lo ha fatto.
Ed è proprio per questa serie di esperienze e di abitudini che un individuo non si capacita di tutto questo, di tutte queste restrizioni. Ciò che hanno subito gli Stati Uniti nel 2001 è stato un autentico attacco alla nostra libertà più intima. Quella libertà che nasce con il primo respiro che facciamo quando veniamo al mondo e ci accompagna per tutta la vita. Quella libertà che ci fa sentire fieri di essere Occidentali. Quella libertà che dall'inizio del 2011 i popoli del Maghreb, dagli egiziani ai tunisini, dai libici ai siriani, stanno assaporando per la prima volta dopo decenni di tirannie. Quella libertà che rende uomo ogni uomo.
Nell'attesa del completamento del New World Trade Center e sulla scorta di queste argomentazioni, propongo una riflessione oggettiva dei fatti accaduti e che ormai sono accantonati nella nostra memoria. Di fronte a ciò la memoria ha più importanza dell'evento stesso, perchè il ricordo conta come l'esperienza vissuta che ci fa sentire vicini, almeno per un istante, ai familiari delle vittime dell'11 Settembre.
Gianpiero Andrulli

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