Il mecenatismo dell’Eni e della Total è davvero commovente. Da un lato occupano e devastano un lembo d’Italia, compromettendo l’utilizzo futuro di acque superficiali e sotterranee, dall’altra si propongono al pubblico come difensori dei diritti umani, magari trascurando il diritto di chi preferirebbe non essere avvelenato e di coloro che rivendicano trasparenza su 20 anni di attività estrattive nella Lucania fenix.
Non ci stupisce la decisione della Procura della Repubblica di Potenza di archiviare, a ridosso delle elezioni, l’inchiesta sulla moria dei pesci verificatasi nel lago del Pertusillo. Inchiesta che avevamo invocato, e si potrebbe dire estorto, a suon di analisi che hanno puntualmente contraddetto il tuttappostismo di chi pure avrebbe avuto il compito di tutelare la nostra salute e l’ambiente che ci circonda. A stupire, però, è il fatto che gli ottimi inquirenti parlino degli effetti dell’inquinamento – la ripetuta moria dei pesci – ma non delle cause.
Eppure il Ministro Balduzzi solo pochi mesi affermava: “Campioni prelevati dall’Arpa nel luglio del 2011 in punti diversi del lago del Pertusillo hanno mostrato alte quantità di idrocarburi totali”. Poco importa, gli idrocarburi vanno e vengono, ma le royalties e le munifiche donazioni e sponsorizzazione fatte dall’Eni, dalla Total e dalla Shell restano.
Si finanziano film, tornei di calcetto, sagre, concerti, tornei di briscola e di scopone e campagne a tutela dei diritti umani. Questo per non dire dei milioni di euro in pubblicità riversati su tv e giornali, e dei giornalisti a libro paga sempre pronti a fare l’apologia del padrone.
Tutti felici tranne quei pochi idioti che avendo provato a raccontare gli effetti collaterali delle attività estrattive sono finiti sotto processo. Gli inquinatori? Beh, di quelli nessuna traccia. Ma il loro volto pulito lo ritroviamo tra gli sponsor di convegni vari e incontri.
Ma non poteva andare che così, considerando che a dicembre 2012 a patrocinare la petrolizzazione della Basilicata è stato lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e che abbiamo con sorpresa scoperto che esiste una piuttosto singolare figura di geologo: “il geologo mediatore”. Cosa debba mediare, possiamo intuirlo. Noi altri, però, continuiamo a preferire un geologo che testardamente continua ad operare in scienza e coscienza e quindi ad indossare i panni della sgradita Cassandra.
Parlo del dottor Ortolani, che ha di recente ribadito, riferendosi alle attività estrattive in Val d’Agri, “che i guai il petrolio li lascerà alla popolazione autoctona di oggi e di domani”. I guai di cui parla Ortolani sono gli stessi che da tempo proviamo a denunciare: “Inquinamento di acque superficiali e sotterranee di importanza strategica per l’assetto socio-economico di oggi e di domani”.
Cose che evidentemente contano poco di fronte alla munificenza e generosità di chi da un lato devasta il delta del Niger e dall’altra si rifà una verginità finanziando campagne a tutela dei diritti umani. Qualcuno potrebbe chiamarli ipocriti, ma forse sono solo affari.
Audizione di Marco Pannella da Parte della Commissione d’Inchiesta sul Terrorismo in Italia e sulla mancata individuazione dei responsabili delle stragi(28 gennaio 1998) “Senonchè venimmo fuori con due o tre numeri della nostra agenzia, che era «Agenzia radicale», nella quale demmo le cifre della pubblicità redazionale dell’Agip (si ricorderà bene anche questo Libero Gualtieri), con grave scandalo. Non ci fu un solo partito, tranne un parlamentare italiano (era, lo ricorderò, l’onorevole Vittorio Zincone), che fece un’interrogazione; ebbene, vi erano in quel momento delle somme di pubblicità redazionale che venivano dall’Agip, dall’Eni, da Cefis, da Girotti ed erano, per esempio, mi pare, 360 milioni in quell’anno determinato, a «Lo Specchio», sicuramente giornale di destra (Nelson Page, eccetera); 180 milioni l’anno a «La Voce Repubblicana» e 250 milioni a «Paese Sera»; 15 milioni a «Il Mondo», di cui noi facevamo parte. Diligentemente rendemmo pubblico tutto questo. Fui chiamato dal senatore Lami che mi disse: «Guarda, sbagli a far questo, perchè anche Cefis, non solo Mattei, è stato importante nella Resistenza; siamo compagni dalla Resistenza e il denaro che ti ho dato ho potuto dartelo perché faceva parte di somme di denaro che ci venivano e ci vengono anche da Cefis, quindi se continui non posso più dartelo». È una vicenda autobiografica, ma siccome abbiamo il problema del partito «americano », in qualche misura, abbiamo l’ente di Stato che sicuramente è stato costretto ad essere antiamericano, diciamo, dagli americani secondo gli schemi usuali (le Sette Sorelle, forse Mattei assassinato da ..., eccetera), con un rapporto innegabile con i Servizi. Un piano del palazzone dell’ENI, il settimo mi pare, era occupato praticamente da strutture parallele ai Servizi; qui operava già quello che sarebbe diventato il generale Allavena, all’epoca colonnello e con un fratello
che aveva rapporti con la Fiat. Quel mondo era quello del colonnello Rocca. E in quegli anni – credo che il figlio potrà testimoniare in questo senso – Cefis affida a Tom Ponzi la somma, se ricordo bene, di mezzo miliardo di ora per trovare prova di qualcosa contro di noi, perchè quella nostra campagna era pericolosissima.”
“Ma noi già nell’agosto, se non sbaglio, presentiamo un’interrogazione per sapere come mai il Presidente del Consiglio abbia ricevuto a Palazzo Chigi (non ricordo se avevamo detto «a più riprese») tal Licio Gelli, capo di una loggia pseudomassonica («golpista» e non so quante altre amabilità dicemmo subito). È il 1976, siamo quattro, conosciamo poco i servizi, i poteri, eccetera. Nel 1979 finisce quella legislatura, otteniamo con grande fatica una prima risposta, ma il Partito comunista (parlo quindi del grande interlocutore) non presenta, almeno fino al 1978 (non so se nell’ultimo anno lo abbia fatto), una sola interrogazione su Licio Gelli. È un’atmosfera. Noi su questo abbiamo molto gridato, molto discusso. E matura molto presto in noi la convinzione che parlare dei servizi significa parlare dell’«unità nazionale», di quella che abbiamo trovato a suo tempo con Cefis, che poi viene protetto con tutto il gruppo ENI, nello stesso tempo, da «l’Unità» e dal Partito Comunista (dirò in che modo) e da un intervento diretto di Paolo VI. Intendo dire che, da una parte, vi sono persino i lavoratori del Silp (mi pare che si chiamasse così il sindacato dei lavoratori petroliferi, cioè quelli dell’AGIP, eccetera)
che arrivano a fare uno sciopero e vengono fino alle Botteghe Oscure manifestando – eccetera – e dall’altra parte vi è «l’Unità» che rifiuta di scrivere anche un solo rigo, pur se questi poveri lavoratori erano arrivati allo sciopero perchè si trovavano probabilmente in condizioni difficili.
Noi non abbiamo mai ottenuto, in tutti quegli anni, che sulle nostre denunce, sui rapporti che svolgevamo puntualmente (e che si riferivano a Allavena, a Ponzi, all’ENI, eccetera) venisse da sinistra un qualsiasi ascolto, anzi, la nostra era un’azione di «provocazione», perchè ci si diceva sempre – nemmeno tanto in privato – che quelli erano la componente partigiana, antifascista, antiamericana, ma nel senso che poteva anche essere filoamericano, ma contro il capitalismo e non contro il liberalismo americano. Sono anni di solitudine atroce”.
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