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giovedì 13 dicembre 2012

Produttività, svolta epocale per dare un futuro al paese di Nino Falotico


L'accordo sulla produttività siglato recentemente dalla quasi totalità delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, con l'eccezione della Cgil, rappresenta un passo decisivo verso la costruzione di un nuovo modello di relazioni industriali che sappia cogliere le sfide del XXI secolo. L'accordo, che si iscrive nel percorso avviato già da alcuni anni con la stipula di altre importanti intese interconfederali, pone le basi di un sistema di contrattazione più flessibile e meglio articolato in grado di accompagnare la crescita dimensionale e competitiva del sistema produttivo e di far lievitare i salari attraverso una più equa distribuzione degli incrementi di produttività. Non viene messo in discussione il contratto nazionale di lavoro, che resta la cornice di riferimento e l'architrave delle relazioni industriali, ma si decentrano nelle aziende e nei territori quelle voci che maggiormente incidono sulla produttività delle imprese e quindi sulle buste paga dei lavoratori.
Si tratta di un modello che è nel dna culturale e nella traiettoria storica della Cisl, fin dalla sua costituzione fermamente convinta della necessità di avvicinare la contrattazione lì dove si crea e si distribuisce la ricchezza. Appaiono dunque pretestuose le critiche di chi si ostina a voler affrontare problemi nuovi con metodi vecchi. Se, come evidenziano le più autorevoli ricerche sul tema, la produttività è il problema dei problemi e rappresenta il più importante fattore di debolezza del sistema paese, una forza sociale responsabile e lungimirante ha il dovere di contrattare le soluzioni più adeguate ai problemi del presente uscendo dagli schemi propri di un'epoca che non c'è più.
Con questa intesa le parti firmatarie realizzano un primo, importante risultato: vale a dire la detassazione del salario di produttività per la quale il governo ha messo a disposizione risorse finanziarie importanti, pari a 2,1 miliardi, per il triennio 2013-2015. Questo vuol dire che su ogni mille euro di salario ci sono 170 euro di vantaggio concreto per il lavoratore, risorse che potranno dare un contributo decisivo alla ripresa dei consumi e al riequilibrio delle disuguaglianze nella distribuzione dei redditi. In questo senso l'accordo sulla produttività è da considerarsi la più incisiva delle misure anti-cicliche per far uscire l'Italia dalle secche di una recessione che sta distruggendo capacità produttiva e capitale umano come mai prima d'ora.
Ma l'accordo sulla produttività è molto più di un'intesa tripartita sulla detassazione del salario: è piuttosto un passo decisivo verso un modello di relazioni industriali più partecipativo che non mette in discussione le conquiste degli anni '70 ma le arricchisce e le ricalibra in funzione di uno scenario che è radicalmente mutato e in cui la contrapposizione classista lascia lo spazio a forme sempre più originali di cooperazione tra impresa e lavoro.
Il decentramento contrattuale, sempre e comunque dentro la cornice della contrattazione nazionale, è un incentivo al cambiamento anche per il sindacato che sarà chiamato nel prossimo futuro a ripensarsi in maniera profonda. Si può scegliere, certo, di voltare le spalle al futuro e abbandonarsi a nostalgiche rievocazioni, ma non è così che daremo un contributo ai tanti lavoratori che dentro le aziende costruiscono con passione e fatica l'Italia del domani, il paese che consegneremo ai nostri figli.

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