100° Posizione Numero votazioni 1.769 Chiesetta di Santa Caterina d'Alessandria d'Egitto, Pisticci (MT)
126° Posizione Numero votazioni 1.060 Cenobio di San Pietro in Cellaria, Calvello (PZ)
137° Posizione Numero votazioni 785 Chiesa della Madonna di Costantinopoli, Calvello (PZ)
152° Posizione Numero votazioni 582 Sito Archeologico di epoca romana Casa del Diavolo, Lavello (PZ)
- Chiesetta di Santa Caterina d'Alessandria d'Egitto, Pisticci (MT). Al 99° posto con 1.769 segnalazioni la chiesa di Santa Caterina di Alessandria di Egitto a Pisticci fu realizzata immediatamente dopo gli eventi franosi del 1688. Di recente sono stati effettuati importanti lavori sia di risanamento che di consolidamento e ristrutturazione della struttura e delle mura che dell'altare.
- Cenobio di San Pietro in Cellaria, Calvello (PZ). Al 126° posto con 1.060 segnalazioni il Cenobio di San Pietro a Calvello. Il cenobio l'unico insediamento in Basilicata della Congregazione Pulsanese, fondata da S. Giovanni da Matera intorno al 1128-29. Il complesso monastico, costituito da una chiesa e da due corpi di fabbrica dove erano locati gli ambienti adibiti ad uso collettivo. L'edificio è stato a lungo abbandonato e solo di recente l'amministrazione comunale si è mobilitata per intervenire recuperando e restaurando il bene.
- Chiesa della Madonna di Costantinopoli, Calvello (PZ). Al 137° posto con 785 segnalazioni, la Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista a Calvello. La chiesa fu edificata agli albori del '400, quando l'intero complesso abitativo calvellese era nel pieno sviluppo socio-economico e artistico culturale. La chiesa è in stile romanico lucano: una croce latina, articolata in tre navate, sorrette da robuste e grosse colonne in muratura. Tra le opere conservate la tela della Madonna di Costantinopoli, risalente al '500, e una tela raffigurante San Giovanni Battista di scuola napoletana risalente al '600.
- Sito Archeologico di epoca romana Casa del Diavolo, Lavello (PZ ). Al 152° posto con 582 segnalazioni, l'area archeologica di Lavello. Il sito si estende tra i corsi d'acqua Olivento e Ofanto e il Monte Vulture e fu teatro di un susseguirsi di attestazioni dall'età del Bronzo medio (XVI secolo a.C.) all'età imperiale romana. La denominazione "Casa del Diavolo", da ricondurre all'epoca medievale e alla suggestione popolare, è dovuta probabilmente al rosso dei laterizi di una struttura e agli effetti dati dai raggi solari al tramonto che attraversando le fessure presenti nell'edificio creavano l'illusione delle fiamme. Le evidenze archeologiche occupano un'area di circa 40 per 50 m, ma si può supporre un'estensione totale maggiore. Gli edifici visibili presentano varie fasi architettoniche e diverse tecniche edilizie, con muri in pietra e laterizi. La parte principale è costituita da resti di un impianto termale di cui s'individuano i vari ambienti.
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