La lunga, già rinviata per mancanza di numero legale, discussione di mercoledì in Consiglio Regionale ha partorito stavolta non il consueto topolino, ma un grosso ratto portatore di un’infezione, il voto quasi unanime ad una mozione che, seppur nella apparente innocuità regolamentare, indirizza e impegna il futuro di una regione verso l’impegno totalizzante al servaggio energetico.
Sia la lunga relazione del presidente, consegnata poco prima dei lavori e comunque tardi per esami approfonditi da parte dell’aula (cosa che ci fa presupporre che se non fosse stato per la mancanza del numero legale alla precedente sessione, si sarebbe discusso forse su un intervento “a braccio” dello stesso), che la gran mole di interventi ridondanti che a questa sono seguiti, e non ultimo il voto su una mozione diversa dalle quattro in ingresso ed accorpata frettolosamente dai capigruppo, suona persino a orecchie “profane” come un “te deum” prima del requiem.
Impegnare la Giunta a ricercare con il Governo prassi di individuazione dei criteri per l’attribuzione del rateo di maggior gettito fiscale derivante dalla estrazioni in presenza di una chiara attribuzione ex lege nel dettato dell’articolo 16 del decreto liberalizzazioni come del tutto riservata, per atto regolamentare, al Ministro dello Sviluppo Economico, pare forse ingenuo e frutto di un pasticcio, ma in realtà trattasi di una vera e propria delega in bianco al presidente della Giunta, che si conferma così uomo scaltro, alla definizione con il ministro di ben altro dal tema trattato.
Se infatti amministrativamente maggior gettito significa nuovo gettito rispetto all’attuale, i benefici di un ritorno alla nostra regione della fiscalità nazionale sul petrolio estratto in Basilicata sarebbero limitati ai 20-25.000 barili/giorno che il memorandum consente in aumento sia sui 104.000 della Val d’Agri che sui 52.000 di Tempa Rossa, sinceramente troppo poco perché si sia dato corpo a un articolo specifico sulle ricerche petrolifere in un decreto vantato come salvifico per il paese intero.
C’è dell’altro quindi e tutto si palesa molto chiaramente nel dettato dello stesso articolo 16 che recita di maggiori gettiti in ordine allo stimolo di nuove ricerche di idrocarburi, tanto da lasciar presupporre che ogni beneficio economico sostanziale derivante proprio dalla fiscalità statale imposta alle compagnie, sarà legato a lasciapassare alle trivelle sul resto della regione, in una potestà che, si finge di ignorare, altri decreti in giacenza al parlamento sposteranno in sede ministeriale nella mancanza di intese con le regioni (decreto competitività artt. 57-61), se non si opporranno subito atti concreti di diniego ai tanti e troppi permessi ed istanze di ricerca e sfruttamento degli idrocarburi insistenti sul territorio regionale.
Nello specifico se non si accenna nella mozione neppure a vincoli generici che la Regione Basilicata pone in presenza di evidenze ambientali, economico-vocazionale e persino di tutela sanitaria, tranne il generico e risibile richiamo-mantra di carattere ecologico e precauzionale – chi mai si dichiara contro ambiente o salute? – rivendicando così potestà amministrativa, di programmazione e superiore tutela dei propri cittadini, ma sembra si supplichi piuttosto clemenza al padrone che ha libertà di disporre, si è in presenza di un elaborato che accetta supinamente la volontà del Governo, qualunque essa sia, in cambio di prebende che si accetteranno qualunque essa siano, infrastrutture, fiscalità di vantaggio, comparti produttivi, persino una non meglio precisata “specialità” della nostra regione che non è dato comprendere quale possa esserci riconosciuta dalla U.E. o dallo stesso Stato, per un’idea di sviluppo regionale tanto decotta nelle formule della globalizzazione, a tratti affacciatasi in aula a ridicola litania condita di anglicismi imbarazzanti, quanto improponibile nei fatti o non commensurabile alle possibili e per molti versi già visibili conseguenze di implosione di una società e un territorio fragili e meravigliosi.
E’ infatti il tema economico che preme a tutti, non certo la definizione di un danno di cui a tratti in aula si affaccia il fumus per scomparire subito dopo nell’ipocrisia di definirlo indefinibile, tra velate accuse di allarmismo a chi denuncia gli effetti di una gestione sconsiderata degli organismi di controllo che sino a questo momento nulla di ufficiale hanno dato modo di accertare tranne il “tutt’apposto” consueto, e le promesse di ancor più generici interventi che “si faranno”, leggi riforma ARPAB. In altri termini se è il “punto zero” che non esiste, ricominciamo quindi da zero come se nulla fosse mai accaduto, purché ci diano qualche chilometro d’asfalto e promesse di lavoro per il mercatino locale dei consensi.
Signori, occorreva fermarsi e riflettere insieme ad una società intera di cui e da cui si è delegati e non padroni, non accelerare per un senso di responsabilità che suona male invocato a senso unico. Non lo Stato-casa comune degli italiani ha interesse ad estrarre petrolio in Basilicata, ma interessi trasversali ad alcuni salottini buoni in cui si incrociano politici ciechi, finanzieri avidi e professori freddi, e spiace pensare che alla nostra classe dirigente sia rimasta così poca capacità di pensare ad altri futuri per questa terra, a cominciare non da ciò che abbiamo sottoterra e fa gola al profitto dei pochi, ma sulla nostra terra ed è speranza concreta per l’unica vera risorsa di questa regione, i tanti.
Per quanto ci riguarda noi continueremo ad affermare che un’altra Lucania è possibile, perché un’altra Lucania è necessaria e questa voce la faremo crescere fino a diventare voce delle sedi decisionali.
Miko Somma