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lunedì 20 febbraio 2012

La Provincia di Matera approva la fotocopia del fallimentare piano dei rifiuti di Potenza


Secondo la Ola (Organizzazione lucana ambientalista), l’associazione Ambiente e Legalità ed il Movimento NoScorie Trisaia, il Piano dei rifiuti di Matera approvato nei giorni scorsi, rispetto alle precedenti versioni, risulta essere peggiorativo non solo dal punto di vista lessicale ma anche nella sostanza. Si fa, infatti, ricorso a trucchetti esplicativi della peggiore cultura dorotea, al fine di nascondere l’indirizzo termico e la sudditanza politica e deliberativa dell’ente territoriale di Matera dalle decisioni prese in Regione, a Potenza. Il Piano Provinciale dei rifiuti – secondo le associazioni – propone ai materani (senza avere il coraggio di affermarlo apertamente) lo stesso fallimentare Piano provinciale dei rifiuti di Potenza del 2008, pensato ed attuato esclusivamente per favorire l’affaristico – e altamente inquinante, come dimostrano le cronache dell’inceneritore Fenice di San Nicola di Melfi – sistema dell’incenerimento dei rifiuti e delle discariche. Non è un caso che prima dell’approvazione di questo piano dei rifiuti la Regione abbia provveduto ad autorizzare l’ampliamento delle discariche del materano e a predisporre nei Bur (n.2 del 2012) un inceneritore in provincia di Matera.

Il Piano mette in discussione la tipologia di raccolta “Porta a Porta” attuata proprio nel Materano con ottimi risultati da diversi Comuni. Se il destino dei rifiuti materani è il CSS (Combustibile Solido Secondario) per inceneritori, cementifici e centrali a biomassa, si rischia col “Porta a Porta” in tutti i Comuni di utilizzare l’impegno dei cittadini (che separano in casa l’umido) per far ridurre le spese ai privati che gestiranno la trasformazione dei rifiuti in CSS, i quali si troveranno l’umido e l’indifferenziato già bello e gratuitamente separato. La raccolta “Porta a Porta” nasce per produrre concime naturale (bio-compost) da utilizzare nei campi al posto dei composti azotati, cancerogeni e già troppo presenti nelle falde idriche del Metapontino, e per produrre energia (2 MW di biogas ogni 20 mila tonnellate di rifiuti trattati) da distribuire alle aree artigianali municipali. Il Piano dei rifiuti della Provincia di Matera favorirà, invece, la produzione di CSS, destinato ad essere bruciato nel circuito della termovalorizzazione (incenerimento per produrre energia privata ed inquinamento pubblico) e danneggerà i cittadini materani che non guadagneranno nulla, né dai ritorni del biogas, né da quelli del bio-compost (il Piano dei rifiuti non li prevede), né da un positivo ritorno di immagine per il territorio che solo i cicli virtuosi danno.
Il Piano Provinciale di Matera costerà ai cittadini una barca di soldi perché alimenterà un incomprensibile “tour della monnezza” che viaggerà da Matera città e dal Metapontino (che producono circa il 90% dei rifiuti del Materano) alla periferia più estrema di Colobraro, passando prima da inutili stazioni di trasferenza e poi da lì nel centro di compostaggio grigio per produzione di CSS di Colobraro. Il quale centro dista circa di 150 chilometri di sola andata dal capoluogo ed è a circa 60 dal Metapontino (il Piano dei rifiuti non cita più l’impianto di Colobraro, ma rimanda comunque ai bandi regionali in atto. E di bandi c’è solo quello di 2,4 milioni di euro di Colobraro).
La “Ola”, “NoScorie” e “Ambiente e Legalità” – nell’auspicare che vengano accelerati i lavori dei movimenti e delle associazioni per una proposta di una nuova legge regionale sui rifiuti – ribadiscono le perplessità al Piano provinciale rispetto agli emendamenti promessi e non attuati:
1) L’eliminazione dei centri di produzione del CSS (Combustibile Solido Secondario) dalle circa 80 mila tonnellate di rifiuti prodotti nel Materano. Il Piano approvato rimanda ad una generica e inaccettabile promessa, non quantificata, di ridurre e non eliminare la percentuale prevista di CSS;
2) La dislocazione dell’impianto di compostaggio di Colobraro resta troppo decentrata rispetto alla produzione di rifiuti con costi aggiuntivi enormi per i cittadini che dovranno pagare un incomprensibile tour dei loro rifiuti. Non è chiara nel piano approvato la tipologia del centro di compostaggio se esso è finalizzato al compost verde oppure all’inquinante compost grigio. Il piano rimanda ai bandi che dovrebbero essere gestiti da disciolte comunità montane;
3) L’impiantistica privilegiata dal piano è quella grigia, cioè per produrre CDR e CSS;
4) Nel Piano non si parla di produzione di bio-compost e di biogas e si cita un generico impianto per il compostaggio verde di là da venire, mentre di fatto già parte l’impianto per Css di Colobraro;
5) Le stazioni di trasferenza vanno annullate perché interrompono la tracciabilità dei rifiuti. Il piano ne promuove ed intensifica la funzione.

Infine, chiediamo di sapere il perché il Piano preveda per le frazioni secche finali le due discariche sotto sequestro, quella comunale di San Mauro Forte e la Venita di Ferrandina, con rinvii a giudizio degli amministratori, e sia sparita, invece, la discarica La Recisa di Pisticci che è già provvista di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale).

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