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martedì 28 febbraio 2012

Appello a Regione e Comune di Potenza Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani Appello a Regione e Comune di Potenza Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani Appello a Regione e Comune di Potenza Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani

Ci appelliamo al Presidente della Giunta regionale Vito De Filippo e al Consiglio regionale, al Sindaco di Potenza Vito Santarsiero e al Consiglio comunale del capoluogo lucano, affinché la Regione Basilicata e il Comune di Potenza adottino iniziative concrete a sostegno del martoriato popolo tibetano.

Chiediamo alla Regione e al Comune di Potenza di attivarsi anche esponendo nelle rispettive sedi istituzionali la bandiera del Tibet.

Rivolgiamo un accorato appello alla Regione e al Comune di Potenza ad attivarsi in tutte le sedi affinché vengano condannate tutte le forme di violenza contro il popolo tibetano. Occorre che il governo cinese avvii subito politiche di dialogo nei confronti delle autorità civili e religiose del Tibet che vivono in esilio, in primis il Dalai Lama, affinchè venga garantita la libertà di religione a tutti i cittadini, così come previsto dall’art.18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.

E’ in atto da tempo un genocidio culturale di un popolo inerme e pacifico e occorre invitare le autorità cinesi a porre fine al sostegno di politiche che minacciano la lingua, la cultura, la religione, il patrimonio e l'ambiente del Tibet e a fornire informazioni dettagliate sulle condizioni dei 300 monaci che sono stati portati via dal monastero di Kirti nell'aprile del 2011.



Dalla Basilicata si levi forte la voce delle istituzioni in difesa dei diritti umani negati, in difesa della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.







MOZIONE

Oggetto: Impegno all’adozione di iniziative sulla drammatica situazione del Tibet in occasione del 53° anniversario dell’insurrezione di Lhasa, inclusa l’esposizione della bandiera del Tibet.



IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA BASILICATA



PREMESSO CHE

- Il 10 marzo ricorre il cinquantatreesimo (53°) anniversario dell'insurrezione di Lhasa, capitale tibetana, contro l’invasione cinese;

CONSIDERATO CHE:

- l’occupazione del Tibet, avvenuta nel 1950, costituì un inequivocabile atto di aggressione e violazione della legge internazionale;

- i militari cinesi stroncarono l’insurrezione con estrema brutalità, il Dalai Lama, seguito da circa 100.000 tibetani, fu costretto a fuggire dal Tibet e chiedere asilo politico in India dove si costituì un governo tibetano in esilio fondato su principi democratici;

- attualmente, il numero dei rifugiati è sempre in aumento e l’afflusso dei profughi che lasciano il paese per sfuggire alle persecuzioni cinesi non conosce sosta;

- il genocidio culturale ed etnico perpetrato a danno del popolo tibetano è ancora poco conosciuto e spesso volontariamente ignorato;

- almeno 1.200.000 tibetani sono morti in seguito dell'invasione cinese;

- oggi i tibetani sono ridotti ad essere in minoranza nella loro terra, sei milioni rispetto agli oltre sette milioni di coloni cinesi, a causa della politica di colonizzazione, aborti e sterilizzazione forzata attuata da Pechino;

- secondo i dati forniti dai rappresentanti tibetani in esilio, la repressione compiuta dai militari nel 2008 avrebbe provocato oltre 200 morti, mille feriti, migliaia di arrestati;

- il Dalai Lama, insignito del premio Nobel per la pace nel 1989, ha ribadito in ogni occasione di essere contrario all'indipendenza nazionale e di volere perseguire, con i metodi gandhiani, una soluzione politica a che garantisca un'autentica autonomia culturale, politica e religiosa ai cittadini tibetani;

- nonostante il credito e l'apertura compiuta dalla comunità internazionale nei confronti della Cina, dopo la fine dei giochi olimpici, il Governo di Pechino ha continuato ad attaccare violentemente il Dalai Lama, accusandolo di mentire e di puntare alla secessione del Tibet, come si è visto anche in occasione della recente visita della guida spirituale e politica tibetana negli Stati Uniti;



CONSIDERATO ALTRESI CHE

- il rispetto dei diritti umani, la libertà di religione e la libertà di associazione sono tra i principi irrinunciabili dei paesi membri dell’Unione Europea e rappresentano una priorità per la sua politica estera con anche il supporto delle istituzioni nazionali, regionali e locali;- Recentemente il Governo della Cina ha imposto drastiche misure restrittive ai monasteri buddisti tibetani della contea di Aba/Ngaba (provincia dello Sichuan) e di altre regioni dell'altopiano tibetano, violenti raid delle forze dell'ordine, detenzioni arbitrarie di monaci, potenziamento della sorveglianza e presenza costante della polizia all'interno dei monasteri a fini di controllo delle attività religiose;

- le citate misure di sicurezza sono volte a limitare il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di confessione religiosa all'interno dei monasteri buddisti tibetani;

- nel solo 2011 almeno 13 monaci tibetani si sono dati fuoco a causa delle terribili sofferenze cui è sottoposto il popolo tibetano e che alcuni di loro si trovano in condizioni di salute molto gravi e di alcuni di loro non si hanno più notizie;

- l'inasprimento del controllo sulle pratiche religiose da parte dello Stato, in virtù di una serie di regolamentazioni introdotte dal governo cinese nel 2007, ha contribuito alla disperazione dei tibetani in tutto l'altopiano del Tibet e che le attuali leggi hanno notevolmente esteso il controllo statale sulla vita religiosa, al punto che molte espressioni dell'identità religiosa, ivi incluso il riconoscimento dei "lama reincarnati", sono sottoposte all'approvazione e al controllo dello Stato;

- nel marzo 2011, a seguito del primo episodio di immolazione, il monastero di Kirti è stato circondato da personale armato che ha bloccato l'accesso ai viveri e all'acqua per diversi giorni; considerando che i nuovi agenti di sicurezza inviati al monastero hanno imposto una nuova campagna di "educazione patriottica" obbligatoria e che oltre 300 monaci sono stati portati via a bordo di mezzi militari per essere poi detenuti in località non meglio precisate e sottoposti a diverse settimane di indottrinamento politico;

- il governo cinese ha accusato i monaci del monastero di Kirti di essere coinvolti in "attività finalizzate al sovvertimento dell'ordine sociale" tra cui il vandalismo e l'immolazione;

- negli ultimi mesi le autorità cinesi hanno inasprito le misure di sicurezza in Tibet, in particolare nell'area circostante il monastero di Kirti, e che hanno vietato a giornalisti e stranieri di recarsi nella regione; considerando altresì che il monastero è pattugliato da agenti di polizia in assetto antisommossa, che i media stranieri non sono autorizzati ad accedere alle aree più "calde" del Tibet, che la televisione di Stato cinese ha omesso di trasmettere le notizie riguardanti le proteste e che ai monaci è fatto divieto di parlare delle stesse;



TUTTO CIO’ PREMESSO IL CONSIGLIO REGIONALE DELLA BASILICATA

IMPEGNA IL PRESIDENTE DELLA REGIONE BASILICATA E LA GIUNTA



- ad attivarsi in tutte le sedi affinché vengano condannate tutte le forme di violenza contro il popolo tibetano e ad esortare il governo cinese ad avviare subito politiche di dialogo nei confronti delle autorità civili e religiose del Tibet che vivono in esilio, in primis il Dalai Lama, affinchè venga garantita la libertà di religione a tutti i cittadini, così come previsto dall’art.18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;

- a invitare le autorità cinesi a porre fine al sostegno di politiche che minacciano la lingua, la cultura, la religione, il patrimonio e l'ambiente del Tibet e a fornire informazioni dettagliate sulle condizioni dei 300 monaci che sono stati portati via dal monastero di Kirti nell'aprile del 2011 a esortare il governo della Repubblica popolare cinese a rendere conto delle condizioni dei tibetani che dopo essersi immolati sono stati "ospedalizzati", compreso del loro accesso alle cure mediche;

- ad esporre nelle sede della Giunta della Regione Basilicata la bandiera del Tibet

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