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martedì 3 aprile 2012

Comunità Lucana-Movimento No Oil verso il partito della Comunità Lucana



Il domani che segue l’oggi

Sul piano di forestazione produttiva occorre prima di tutto far passare una considerazione, quella che nella nostra regione gli operai forestali sono circa 4.000, numero questo che se messo in percentuale alla popolazione e raffrontato all’equivalente cifra della vicina Calabria che pur fa gridare allo scandalo in ambito nazionale (7.000 operai per due milione di abitanti), da noi pare passare nel più assoluto ed ipocrita silenzio. Primo dato quindi 4000 persone (e relative famiglie) in uno stato di bisogno che in questi decenni è stato ed è tuttora tramutato in un vasto bacino di consenso elettorale.

Un bisogno economico oggettivo e che riguarda alcune fasce di popolazione di aree interne altrimenti senza sbocchi reddituali alternativi a quello che nei fatti è un sussidio utile al raggiungimento delle 151 giornate lavorative, che aprono la strada all’assegno sociale di disoccupazione e che, al netto di valide motivazioni di ordine sociale, possiamo considerare come assistenza finanziata dal conto investimenti.

Etica della politica ed economia messe dunque alla corda da quelle trasversali gestioni consociative, “vecchie” e senza sbocchi, di cospicue partite finanziarie che ben altro utilizzo avrebbero potuto avere, stante un clamoroso e ben conclamabile fallimento delle azioni concrete di cura forestale finora messe in cantiere nella nostra regione, ma sul futuro immediato del piano di forestazione produttiva pende un macigno, quello della vecchia messa a riposo ventennale dei terreni che pure andava intesa come la messa a riposo di terreni esausti dall’utilizzo agricolo e che spesso agricoli non lo erano mai stati, ed una incognita, quella delle bio-masse a cui crediamo che buona parte del rimanente investimento sarà devoluta, in un meccanismo perverso in cui crediamo coinvolti proprio i terreni della messa a riposo.

Sul nostro blog avevamo già da tempo messo sull’avviso la magistratura rispetto a ciò che riteniamo, sulla scorta di considerazioni che coinvolgono uffici che gestiscono parti del PSR, ARBEA, Alsia, SEL, nonchè alcune attitudini “energetiche” del governo regionale, poter divenire il grimaldello attraverso cui accedere all’apertura della più pericolosa partita di quelle centrali a bio-masse (il cui potenziale fissato in 50 mw resto vacante nell’apertura delle buste delle offerte ex PIEAR o piano energetico regionale), centrali che a legislazione corrente nulla vieti possano bruciare anche combustibile derivante da rifiuti conosciuto come CDR e simili (decreto Lunardi 2003 che li assimila alla legna ecologica e determine regionali che lo recepiscono).

Ed a questi già inquietanti risvolti potremmo aggiungere i cosiddetti certificati verdi di credito emissivo, basati sul potenziale di accumulo di carbonio nelle piantumazioni forestali (protocolli PEFC), in grado di essere allocati sul mercato delle compensazioni da emissioni o essere direttamente utilizzati in loco proprio dalle centrali a bio-massa rispetto all’incenerimento di rifiuti. Un vero e proprio affare per chi ne gestirà le fasi, dunque il nostro piano di forestazione produttiva.

E l’esempio di ciò che potremmo trovarci a breve di fronte è già nel piccolo impianto pilota autorizzato nel parco regionale di Gallipoli Cognato, un impianto che proprio nella sua produzione di energia dalla combustione di bio-masse forestali ci fornisce le chiavi di lettura della conversione della intera regione, peraltro già impegnata dal petrolio, dal fotovoltaico selvaggio e dall’eolico al sistema energetico.

Altro che piano di forestazione dunque, se intendiamo dare al termine il senso della messa a dimora di patrimonio arboreo atto a ricostituire il manto forestale di cui la storia degli uomini ci ha privati, e la cui utilità sarebbe fondamentale non solo in termini produttivi stretti (industrie boschive locali ed indotti del settore tradizionale del legno ed innovativi della bio-edilizia) e turistici (l’ovvietà dell’attrattività forestale nel settore è evidente), ma soprattutto in ordine alla palese necessità di porre un freno ai dissesto di natura idrogeologica che coinvolgono pressoché tutta la regione ed i cui costi si sono fatti insostenibili.

Ci chiediamo ancora una volta, esattamente come sul petrolio, se in Consiglio Regionale si valutino gli aspetti generali dei provvedimenti che coinvolgono la programmazione territoriale o soltanto gli aspetti di natura economica che, importanti come sono, necessitano di essere inquadrati in visioni del futuro, ben oltre quindi il domani che segue l’oggi, e che crediamo latitino, quando non siano del tutto assenti.



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