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martedì 24 aprile 2012

DIGILIO: VICENDA CLONAZIONE SALOTTI MATERANI, CHI DIFENDE E TUTELA IL MADE IN ITALY?


La Guardia di Finanza di Matera ha fatto un ottimo lavoro nell’operazione dei divani contraffatti prodotti in Cina e commercializzati con il marchio “CaliaItalia”. Ma a parte la Guardia di Finanza ed altri corpi dello Stato le istituzioni, in primo luogo Governo e Regione, che fanno per la tutela del “made in Italy” e difendere gli interessi dei produttori?” E’ l’interrogativo del sen. Egidio Digilio, segretario regionale di Fli, che ha annunciato un intervento nei confronti del Ministro per lo Sviluppo Economico (che si occupa anche di commercio estero) Corrado Passera perché “la vicenda dell’azienda materana di salotti ha dell’incredibile. Infatti siamo passati dai tanti casi di contraffazione di marchi italiani che si verificano quotidianamente soprattutto nell’abbigliamento, nella pelletteria e nell’alimentare ad una vera e propria clonazione dell'azienda in questo caso la Calia Salotti di Matera e quindi non solo attraverso l'imitazione di modelli di divano. Le produzioni italiane di qualità non godono di alcuna tutela: il salame napoletano di Bucarest, la pomarola ed il parmesao del Brasile, il Chianti della California, il pesto ligure della Pennsylvania, sono solo alcuni esempi di prodotti tipicamente italiani prodotti all’estero per un giro d’affari di 60 miliardi di euro. La contraffazione dei marchi italiani è un fenomeno noto, meno noto è che sia lo stesso stato italiano con la Simest, Società italiana per le miste all’estero – aggiunge Digilio - ad investire in Lactitalia, società che produce latte e formaggi in Romania con marchi come Dolce Vita e Pecorino che imitano quelli italiani. Secondo le organizzazioni agricole Cia e Coldiretti sfiorano i 165 milioni di euro al giorno i danni provocati dalla contraffazione del made in Italy solo per l’intera filiera agroalimentare (dai campi all’industria di trasformazione). Un fenomeno, quello dell’agropirateria internazionale, pagato da imprese e consumatori e che genera un business illegale, una cifra 2,6 volte superiore rispetto al valore complessivo delle esportazioni di prodotti alimentari italiani nel mondo, pari a 23 miliardi di euro circa all’anno. Nei settori dell’arredamento e della moda specie griffati – dice Digilio – siamo di fronte ad un business illegale incalcolabile: 3,5/7 mld di euro è il giro d’affari stimato dei produttori di falsi in Italia, al 2010. Di questi, il 60% si riferisce a prodotti d’abbigliamento e di moda (tessile, pelletteria, calzature), il resto a orologeria, beni di consumo, componentistica, audiovisivo, software, importati completi (anche da altri paesi UE dove sono arrivati dall’Estremo Oriente) o perfezionati in Italia.
Ma non spetta solo al Governo mettere in atto azioni concrete vigilando all’estero e attivando Ambasciate e Consolati con funzionari ben preparati a “scovare” le contraffazioni, anche le Regioni non devono chiudere un occhio. E quanto alla Regione Basilicata – conclude Digilio – i conti con i cinesi sono ancora sospesi con la vicenda azienda cinese Sinoro, già centro orafo, Cripo, Orop che doveva lavorare nell’area di Tito quattro tonnellate di oro all'anno, non ha mai prodotto nulla se non una ottantina di disoccupati e con i pomodori in vendita in tanti supermercati lucani con etichette italiane e made in Cina”.

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