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martedì 15 luglio 2014

PETROLIO E COMITATI: LA DERIVA INQUINANTE DI MATTEO RENZI

“Quattro comitatini” a chi? Si è passati dalla banalizzazione dell’invasività delle perforazioni petrolifere dell’ex ministro berlusconiano, Paolo Romani (“in Basilicata stiamo facendo quattro buchi per terra), all’aggressione e delegittimazione di Matteo Renzi ai numerosi comitati di cittadini, insultati dal premier che li ha letteralmente e pubblicamente ridicolizzati. In questa escalation verbale della disinformazione di regime, ci sta forse la svolta dura di repressione che questo governo intende imprimere, non solo nelle (contro) riforme costituzionali in atto al Senato, ma anche in ogni forma democratica di richiesta di trasparenza contro speculazioni e diritti negati. Aggressione violenta e gratuita proprio perché il primo ministro ha forse capito che la banalizzazione del problema non è più sufficiente a “sopire e troncare” la voglia di conoscenza e di partecipazione che, finalmente, viene dai territori. È una consapevolezza cresciuta grazie proprio al lavoro e alla competenza tecnica che i comitati di attivisti ambientalisti in Basilicata e in Sicilia, ma anche in Abruzzo, in Romagna, Emilia e Lombardia, in ogni parte d’Italia, hanno sviluppato in tema di sfruttamento intensivo del sottosuolo, di inquinamento da impianti di desolforizzazione e di rischi di alterazioni gravi alla catena alimentare umana. Ottenendo seguito e credibilità in una società dove non solo la politica è succube del grande giro di affari che c’è dietro una perforazione petrolifera, ma anche i giornali e i media si fanno volentieri “distrarre” dall’ingente fiume di denaro che le società minerarie versano sotto forma di pubblicità. Non ci spieghiamo diversamente l’intervento diretto e duro del primo ministro italiano contro decine e decine di gruppi volontari che oggi rappresentano l’unica barriera reale e concreta allo strapotere di Eni & Soci, visto il fallimento di enti e istituzioni, asserviti dalla politica a tutelare gli interessi dell’industria e non del bene comune, proprio sul controllo delle invasività industriali messe in atto nei territori. Ne sanno qualcosa a Gela, a Taranto, in Val d’Agri, in Valbasento, a Rivara, a Ravenna, nel Sulcis e nelle tante realtà italiane da bonificare. Come ogni aggressione gratuita e improvvisa, anche questa di Renzi nasconde probabilmente la sua paura che la consapevolezza dei cittadini faccia saltare gli interessi di cui lui e il suo sistema sono portatori in barba alla certezza che la Basilicata, ad esempio, regione citata espressamente dal premier insieme alla Sicilia, prima ancora di essere una “risorsa” petrolifera per la nazione, è sicuramente uno dei più importanti bacini idrici di superficie e di profondità in Europa e nel Mediterraneo. Oggi minacciato dalla licenza di perforazione selvaggia che i petrolieri hanno avuto dalla politica. Trivellano lungo la costa marina, davanti agli ospedali, negli alvei dei fiumi, nelle periferie dei centri abitati, nelle aree a coltivazione pregiata, nei pressi delle zone protette, lungo le faglie sismogenetiche e, quel che è peggio, lungo i bacini imbriferi di ricarica delle sorgenti dei fiumi. Mettendo a rischio di inquinamento irreversibile proprio il bene più prezioso che abbiamo: l’acqua!

Vito Petrocelli, Capogruppo M5S al Senato della Repubblica

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