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mercoledì 6 marzo 2013

BENEDETTO (CD): PIU’ CHE AD ORGANIGRAMMA DI GIUNTA PENSIAMO AD UN PROGRAMMA PER RILANCIARE ECONOMIA ED OCCUPAZIONE

Dichiarazione Nicola Benedetto (Cd), vice presidente Consiglio Regionale Due famiglie su tre sono in difficoltà e ritengono insufficiente il proprio reddito; i cittadini lucani beneficiari del COPES (Reddito di Cittadinanza Solidale) incalzano per la proroga dell’aiuto; gli anziani della nostra regione che hanno diritto alla card sociale di appena 40 euro al mese lamentano i disservizi postali: sono le spie più evidenti (ma ce ne sono sicuramente tante altre) che il modello di sviluppo e sociale non funziona più e che più di qualcosa si è inceppato nel meccanismo che per anni ha sostenuto la crescita del Paese e di conseguenza della Basilicata.
Di fronte a questa situazione e a quella sempre più preoccupante di non riuscire a dare un governo nazionale stabile e nella pienezza dei suoi poteri, a livello regionale, per le responsabilità che ci competono, più che ipotizzare nuovi organigrammi di giunta, credo sia utile pensare a cosa è possibile fare nei prossimi due anni di legislatura, che si concluderà ad aprile 2015, per affrontare le emergenze sociali, economiche, civili, occupazionali, generazionali e di genere.
Due anni non sono pochi per provare a ridurre gli effetti della crisi e soprattutto le sofferenze delle nostre comunità a due condizioni pregiudiziali: mettere fine a interessi di partito come a personalismi-individualismi per far prevalere gli interessi generali e quindi attraverso l’affermazione di un impegno di servizio alle nostre comunità; attuare un’autentica svolta nella gestione delle risorse finanziarie, sicuramente poche ed inadeguate, sino a “raschiare il barile”. 
Alcune idee-proposte sulle quali ritengo si debba impiegare meglio il nostro tempo piuttosto che arrovellarsi il cervello sull’identikit dei nuovi assessori regionali, forse solo per rispondere formalmente e non “con atti di sostanza” al vento di protesta e di cambiamento che è spirato il 24-25 febbraio.
Una cosa è certa: la crisi del comparto produttivo lucano e quindi di tutti i settori ha toccato il punto più allarmante con la vicenda Italcementi di Matera perché quando un cementificio è costretto a sospendere la produzione perché i magazzini sono pieni vuol dire che non ci sono più cantieri edili in attività. 
Analogo ragionamento vale per il manufatturiero, con l’automotive che per la caduta di vendite di auto fa tremare i polsi, il polo del salotto, l’agro-alimentare. La questione, a mio parere, è di prendere atto che troppi bandi del Dipartimento Attività Produttive, pur avendo buone intenzioni, non hanno dato risultati per la salvezza di imprese e di posti di lavoro. Si tratta dunque di indirizzare meglio le azioni di interventi di politica industriale. Sull’agroalimentare, credo, che la mia idea sia ben nota e quindi mi limito a sintetizzarla partendo da una considerazione generale: quella della valorizzazione dell’agricoltura di qualità e del mangiare lucano è una prospettiva di sviluppo su cui puntare soprattutto per incrementare il reddito degli agricoltori-produttori, completare la filiera agro-alimentare con la trasformazione dei prodotti in loco, accrescere l’occupazione diretta ed indotta. Sono questi, del resto, i motivi principali della mia proposta progettuale di realizzare la Filiera Territoriale Logistica della Fascia Ionico-Metapontina nella quale le produzioni agricole di alta qualità sono la punta di diamante. E tra le emergenze c’è sicuramente quella della difesa del territorio e della costa: solo qualche giorno fa abbiamo “celebrato” il secondo anniversario dell’alluvione del Metapontino di marzo 2011 che è un monito con ferite ancora aperte persino per il mancato ristoro dei danni subiti dagli agricoltori. Il riconoscimento del ruolo di agricoltori-manutentori del territorio, e quindi non solo della propria azienda, rappresenta un salto di qualità che va tradotto in provvedimenti in sinergia con le organizzazioni professionali agricole. E’ prioritaria la riforma della governance agricola che deve portare ad una riorganizzazione dei Consorzi affinchè costituiscano le strutture fondamentali per attuare un programma territoriale di sviluppo rurale, in stretta sintonia con i titolari delle aziende agricole ai quali affidare compiti specifici di manutenzione. Come diventa prioritario accelerare i lavori lungo la costa metapontina se vogliamo salvare la nuova stagione turistica.
In sintesi, il modello di sviluppo sostenibile cui dobbiamo tendere attraverso il programma di fine legislatura si incardina necessariamente su un principio etico e politico, che implica che le dinamiche economiche e sociali siano compatibili con il miglioramento delle condizioni di vita, di tutela della salute (con l’eliminazione totale dei ticket sulla specialista ambulatoriale, come ha proposto Bersani, andando oltre quindi la rimodulazione degli stessi) e di difesa dello stato sociale, con la capacità delle risorse naturali di riprodursi in maniera da garantire i bisogni delle future generazioni; un modello di sviluppo la cui concreta possibilità di attuazione dipenderà anche dalla nostra capacità di governance di componenti diverse e tuttavia concorrenti ed interconesse di ogni dinamica di sviluppo: economia, società, ambiente. In questo disegno programmatico fare almeno qualche passo avanti per ottenere royalties petrolifere decisamente più consistenti (io ho proposto la costituzione di una specifica società che ho chiamato “Petrolucana”), sbloccare i primi progetti infrastrutturali da finanziarie con il Memorandum sono essenziali per assicurarci maggiori risorse finanziarie a patto di non ripetere l’attuale errore di disperderle in mille rivoli.
Abbiamo bisogno di un progetto che affronti nella sua interezza il tema dell’ambiente (dallo smaltimento dei rifiuti all’inquinamento elettromagnetico, sino all’informazione territoriale), sfuggendo alla tentazione di considerare la protezione ambientale come una politica settoriale, integrando viceversa la dimensione ambientale in ogni processo di formazione delle decisioni, puntando decisamente sulla tutela del territorio, delle attività produttive e della salute, valorizzando il “cuore verde” della Basilicata”. Cambiare, scegliendo la green-economy e la strada della sostenibilità, giungendo ad un nuovo modello economico. 
E’ dunque una “sfida” fortemente ideale e non facile quella che ci attende tutti, una “sfida” per lasciare alle giovani generazioni che verranno una Basilicata - che a cavallo tra gli anni sessanta e settanta qualcuno aveva battezzato con un Progetto specifico Basilicata Verde - e che oggi è a forte rischio. 

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