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mercoledì 16 novembre 2011

CAMBIANDO L’ORDINE DEGLI ADDENDI LA SOMMA NON CAMBIA.


Consiglio Regionale di Basilicata
Gruppo Il Popolo della Libertà
Il Consigliere Mario Venezia


Egregio Direttore,
il primo governo De Filippo, dell’attuale legislatura regionale, è giunto alla conclusione della sua infelice esperienza e a breve alla Basilicata sarà presentato un nuovo esecutivo: uomini diversi ma, certamente, stessa sostanza. Già nella precedente legislatura abbiamo assistito a numerosi rimaneggiamenti della giunta con i risultati che tutti conosciamo, mai un sussulto, uno scatto in avanti ma al contrario un progressivo e costante arretramento della condizione complessiva della regione.
Il problema, egregio Direttore, non sono gli uomini, come vuol far intendere o addirittura crede De Filippo e tutto il centro sinistra, ma più semplicemente la mentalità e lo spirito, di tutta la classe politica regionale di governo, legati a vecchi schemi ed antiche abitudini .
Considerato lo status e la condizione della Basilicata, è del tutto evidente che il centro sinistra lucano non è più nelle condizioni di governare adeguatamente e, come i tempi richiedono, la nostra regione così come non lo è per gestire i necessari e non più rinviabili processi di modernizzazione di un apparato burocratico pachidermico, figlio di questo potere e, di conseguenza, geneticamente affetto dalle medesime patologie del sistema politico, profondamente ed irrimediabilmente ammalato.
De Filippo ed il centro-sinistra devono rendersi conto che Folino al posto di Restaino, o Viti al posto della Mazzocco o Speranza al posto di Martorano non apporteranno alcun miglioramento alla condizione lucana, anzi, saranno i naturali continuatori di una corsa verso il basso dell’intera regione perché, sebbene dotati di dati anagrafici differenti, ognuno di loro ha la stessa mentalità e cultura politica di chi li ha preceduti.
Allora a cosa serve un rimpasto di governo? Sicuramente non alla Basilicata, ai suoi disoccupati, alle sue migliaia di poveri, ai tanti disperati, ma solo ed esclusivamente alla autarchica logica del tirare a campare in attesa delle prossime elezioni quando il neo assessore, posto nelle condizioni di incrementare la sua clientela, sarà lanciato ad occupare uno scranno in Parlamento per la propria personale posizione e quella degli amici del partito.
A mio avviso, nessun rimpasto di governo richiede la condizione della Basilicata ma un minimo senso di responsabilità, laddove esista ancora nella politica nostrana, dovrebbe imporre al Presidente De Filippo di prendere atto del suo personale fallimento e di quello del centro sinistra ed adottare i provvedimenti consequenziali, restituendo al popolo il mandato e trarre, dalla democrazia, l’insegnamento necessario.
Sono consapevole che la proposta non sarà accolta da chi è ancorato alla poltrona, ai privilegi, dalla casta, ma è necessario che, proprio dal PDL, partano forti messaggi per un cambiamento urgente, prima del default della regione.
Berlusconi, al di la dei numeri in parlamento, ha avuto il coraggio, accerchiato dai poteri forti, dalla finanza e posto davanti ad un piatto già pronto, preparato da tempo, di cedere il passo per il bene supremo della Nazione. Un insegnamento a tutta la classe politica nazionale. Ma in Basilicata, dove il bene supremo è il partito, non il popolo, tutto questo non accadrà perché gli interessi del partito sono prioritari e decisamente al di sopra di quelli della comunità.
Egregio Direttore, spesso al gruppo regionale del PDL, soprattutto negli ultimi tempi, viene riconosciuta una buona attività di opposizione, di denuncia, di puntuale e competente attività ispettiva, tuttavia gli viene attribuita una ridotta capacità di proposta alternativa. Posso rispondere che, al cospetto del nulla, diventa davvero difficile avanzare proposte alternative, anche perché, come già detto in passato, la massima assise regionale viene convocata quindicinalmente da Folino per discutere, lungamente, del nulla.
Ma, tutto il PDL è disponibile ad aprire un dibattito per offrire le sue proposte per la ripresa sociale ed economica della Basilicata tanto in consiglio che nelle pubbliche piazze.
Il punto centrale di ogni ragionamento propositivo deve partire dalla presa d’atto dell’enorme spesa pubblica. Milioni di euro per consulenze esterne, addirittura 32 secondo il Sole 24 Ore. Con somme di questa entità si potrebbero assumere, subito, oltre duemila giovani ma, in Basilicata, i soldi, nella pubblica amministrazione, si spendono, nonostante gli eserciti di dipendenti della regione e di tutti gli enti, per arricchire le persone, le solite. Non basta, si spendono miliardi per una sanità che non funziona e che, spesso, diventa un autentico postificio per la sistemazione dei tesserati; milioni per corsi di formazione che, certamente, non formano i discenti ma ricolmano le tasche dei docenti, milioni di euro per i tanti consigli di amministrazione delle tante società collegate alla regione, ingenti somme pagate ai legali per le cause perse per atti amministrativi sbagliati . A cosa servono la SEL, gli ATO, l’ARBEA, l’ARPAB, i GAL, i consorzi di Bonifica se in Basilicata non funziona nulla? A cosa è servito il primo accordo sul petrolio? Addirittura, chiederei a cosa serve la Regione Basilicata se i nostri giovani scappano, i nostri paesi si spopolano, le industrie chiudono, l’agricoltura è morta. Non sembri un’esagerazione la mia perché, se vogliamo essere sinceri con noi stessi, non è altro che la stringata fotografia della realtà lucana.
Ebbene, egregio Direttore, la nuova Basilicata può nascere anche da queste semplici considerazioni, da un taglio netto alla enorme, improduttiva, spesa pubblica e dalla sua razionalizzazione. Le tante risorse liberate andrebbero utilizzate per investire nella produzione, agricoltura in primis, e nel sostenere le residue e sane industrie. Continuare a spendere, prevalentemente, nel terziario, nei servizi, è un grave e colpevole errore.
Bisogna sostenere la produzione, guardando all’ambiente ed al turismo ed avere una concezione diversa del Mezzogiorno d’Italia da intendere non più come estrema periferia d’Europa bensì come punta avanzata del continente nel Mar Mediterraneo, sulle cui coste si affacciano Paesi liberati da governi dittatoriali e, di conseguenza, pronti ad assaporare il gusto della democrazia. Abbiamo mai sentito parlare di compensazioni industriali? Apriamo ponti verso i nuovi mercati ed apriamo la nostra mente alle esigenze di popoli che, ogni giorno, dal Web guardano anche il mezzogiorno d’Italia e, forse, la Basilicata.
Ma tutto questo, per avvenire, non può prescindere da concetti irrinunciabili: democrazia e meritocrazia. E questi possono essere rispettati solo senza De Filippo e i suoi vecchi arnesi, per dirla alla Guareschi.

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