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lunedì 19 maggio 2014

Di petrolio e di raddoppi…

Le recenti esternazioni di Romano Prodi sulla “necessità” di un maggiore prelievo di idrocarburi liquidi e gassosi sul territorio nazionale e nei nostri mari, più segnatamente nella nostra regione dove si è già sicuri di trovarne grandi quantità sia dei primi che dei secondi, non stupisce affatto, come non avrebbe stupito pronunciate da qualsiasi altro “personaggio nazionale”, qualunque fosse il suo colore politico.
La lobby degli idrocarburi non abbisogna di particolari vessilli, né disdegna alcun rapporto politico, di fatto finanziando tutti, sia governi che opposizioni, e così non fa alcuna specie che a pronunciare oggi le fatidiche parolette sul paese che rinascerebbe grazie alle trivelle nostrane, sia il professor Prodi, il cui intervento è semmai fuori luogo politicamente nei tempi e nei modi, vista l’incombenza delle urne e il rischio concreto che le sue parole creino difficoltà alla sua parte politica. Il professore è di fatto il grande cerimoniere degli sciagurati accordi del 1998, essendo presidente del consiglio di uno Stato poco ottemperante agli obblighi pure assunti nell’intesa istituzionale del 2001, con D’alema presidente del consiglio, e nel più recente memorandum che chiosava con una illogica e di fatto reiterata mancata promessa a cui si è accompagnato la supina, beota acquiescenza dell’allora consiglio regionale, un decennio di tentativi della destra dell’ex cavaliere di mettere le mani sull’affare idrocarburi in Basilicata.
Non è quindi il punto disquisire di quanto Prodi sia legato a nomisma-energia, la sigla lobbystica dietro cui si nasconde neppure troppo velatamente un intreccio di legami ed interessi sodalistici il cui scopo è la creazione di profitto ad ogni costo per le compagnie (viste anche le loro ben conclamate capacità di etero-finanziamento politico di queste) ed i maggiori introiti fiscali per lo Stato (che incamera circa il 60% degli introiti derivanti), ed i cui mezzi sono il più o meno marcato peso culturale che, grazie anche alla stampa amica (quote di partecipazione alla proprietà dei media delle compagnie e partecipate), diviene materia di influenza politica in grado di spostare le decisioni di un governo, ed una notevole ed a tratti persino svelata capacità di distorcere a proprio vantaggio a volte persino i pareri di più o meno illustri luminari (scorrere gli elenchi di chi finanzia direttamente od indirettamente la ricerca in Italia).
E non è neppure il punto la disquisizione dell’ignoranza abissale che circola tra i politici “decisori” sulla materia che di fatto stabilisce l’unico e reale punto di misurazione di quegli equilibri tra produzione di energia e valori ambientali, sanitari, programmatori e paesaggistici (ciascuno con un suo valore etico, ma anche economico) di cui occorre tenere conto per valutare tra i vantaggi e gli svantaggi di scelte di peso e valenza altamente strutturale su un paese come il nostro, cioè in un’analisi attinente al caso de quo, se il raddoppio delle estrazioni vagheggiato in una pesante linea rossa che attraversa la Strategia Energetica Nazionale, compensi non solo i danni che ne deriverebbero in campo ambientale-sanitario con costi non solo materiali, ma soprattutto etici, ma persino alla percezione turistica del paese (ed a questo riguardo come non sottolineare l’intervento di Amato nella convegnistica di settore riguardo un settore sciagurato come il gas di scisto?). E dato che non è neppure il punto la riproposizione pedissequa di quanto da anni vado affermando a riguardo di momento che va proprio oggi concretizzandosi minacciosamente, il vero punto si riassume in una domanda diretta al presidente Pittella in occasione dell’incontro di mercoledì con il ministro allo sviluppo economico Guidi, già autrice di dichiarazioni molto stringenti sull’argomento estrazioni, e cioè se il presidente intenda mettere un secco no ad ogni ipotesi del genere in una legislazione che ancora mantiene il pallino in sede regionale, o se all’incontro ci vada per “pesare” politicamente un no offerto con una ulteriore quota di estrazioni concesse, ancorché non richieste ancora (20.000 barili-giorno, come dalle dichiarazioni ufficiali della strategia), un si molto renziano, quindi del fare, quindi trivellare, od il più probabile ni che contratta e che nulla risolverebbe viste le differenze di “peso” tra una regione, la Basilicata, che fa parte di un paese, l’Italia, una regione abitata da italiani che sono anche lucani ed in quanto tali vanno rispettati, ed il concerto di “voci grosse” che con sconquasso e clangore di media declinano il sacrificio estremo d’una terra lasciata finora sola, prima sedotta di royalties e benefici, poi abbandonata alla perdurante “palude” del non riuscire mai a far di conto tra danni prodotti e vantaggi non pervenuti.

Miko Somma

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