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lunedì 14 giugno 2010


40 ANNI REGIONE BASILICATA: L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DE FILIPPO

“C’è una Basilicata millenaria. Una profondità di popolo che anche una toponomastica scarna e sintetica di storie maggiori non ha potuto fare a meno di incontrare nei fondali dei secoli che hanno preceduto i nostri tempi. Gesta ricche e luminose storie di uomini e di donne, amor di patria, figli caduti sui fronti della pace e sopraffini scienze che hanno fatto grandi i lucani e attraverso di loro l’Italia”. Lo ha detto il presidente della Regione, Vito De Filippo, concludendo i lavori del Consiglio regionale straordinario solenne convocato per avviare le celebrazioni dei 40 anni della Regione Basilicata.
E ha aggiunto: “Non ci dobbiamo atterrire se l’Italia ha deciso centocinquanta anni fa di essere una e indivisibile e ancora oggi ne discute. Sono i tempi di una maturazione ai quali il sud e la Basilicata devono saper partecipare con un nuovo spirito pubblico che nel segno della nostra civiltà appare possibile ed applicabile. Le Regioni furono una scelta repubblicana e costituzionale. Una scelta di campo per una Italia offesa dalla guerra civile, immolata sui fasci dove si tentò di bruciare la democrazia, tramortita da pianti, dolori ed ultimi appelli. Si sagomò un nuovo paese. Ricco di storie comunali e forte di vicende regionali. Si legge anche questo anelito nelle prime carte regionali, nel lavoro accurato di Vincenzo Verrastro che comprese a fondo il suo privilegio dell’inizio e lo utilizzò per impostare l’articolazione amministrativa, il luogo dove collocare questa terra, i comportamenti che si dovevano tenere per rispettarla. Siamo ad oggi. L’Italia è cambiata. Non tutta in meglio. C’è però una grande voglia di unità. I colori di questi gonfaloni sono il segno del nostro amore e della nostra identità. L’Italia è cambiata perché vuole essere federale. Una nuova sfida che sarà possibile affrontare con parole chiare, scelte nette e conti alla luce del sole. Dovremo scavare nelle nostre risorse e rispolverare ancora una volta le nostre virtù. La prima. Quella di continuare ad essere una terra impeccabile per coesione sociale, etica pubblica, organizzazione civica. La Basilicata è salva, se è civile, se non è malavitosa se è diafana nelle sue amministrazioni se chi la conosce la vive non come la solita tundra meridionale. E’ dato a tutti questo compito. A tutti quelli che amano questa terra e che fuori dallo stantio dibattito di isola più o meno felice devono saper riconoscere lo straordinario patrimonio di civiltà che ci è toccato ereditare e tramandarlo. Una Basilicata bella dove il cittadino deve sentire la libertà delle sue convinzioni come forza sociale e ricchezza della comunità. Per questa ragione abbiamo vissuto come sfregio a volte in questi anni certe ricostruzioni. Volevano colpire nel profondo l’anima stessa di questa terra, quasi immolandola ad una ragione meridiana dove non può che esserci delinquenza e cattività.
L’altra risorsa sono i giovani. Lo dico, credetemi con il senso dell’impotenza che certe volte accompagna questo dramma. Dobbiamo salvare il futuro. Dobbiamo salvare questa terra millenaria. E sono loro la nostra riva fatata. La sponda alla quale legare i nostri progetti.
Poi, infine fra le tante, l’altra grande risorsa che è la nostra impresa. In tutti i campi. Quella più duttile che si saprà adeguare ai nuovi ritmi del mondo. Quella che si è disincagliata dalle timidezze e vuole innovare, crescere, arricchirsi in professionalità. Una Basilicata bella e pulita che parli ai giovani e alle imprese, sapendo che così facendo ha bisogno della scuola, dell’Università della formazione, del sindacato, dell’associazionismo, del volontariato e della Chiesa.
Io vedo fulmini e tempeste nei nostri giorni. Certe volte si riduce troppo la fiducia. Alle Regioni sono dati compiti grandi. Il federalismo ha riposizionato le responsabilità. Ma oggi, fino all’ultima manovra, si mastica ancora amaro. Stiamo moltiplicando troppi meno che a differenza dell’aritmetica non fanno, nella vita pubblica, più. Ma bisogna comunque e dovunque esprimere fino in fondo e generosamente le proprie responsabilità. Sempre e a tutti i costi. Noi ci dobbiamo provare perché se guardiamo indietro abbiamo una stupefacente tradizione, se ci guardiamo intorno vediamo i nostri comuni, il nostro territorio la nostra gente che a volte con sguardo sgomento ci appella e ci chiama a nuovi impegni. Queste due prospettive dell’antico e del contemporaneo non possono avere un senso senza il cammino in avanti. Si in avanti. Sempre e coraggiosi. In avanti dove i sogni trovano i primi adempimenti e i bisogni i primi ristori. Ai lucani e ai suoi amministratori – ha concluso De Filippo - l’ardua, ma non impossibile impresa di provarci”.

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