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giovedì 20 marzo 2014

Sembra strano che…

Le urla scomposte di Marsico Nuovo verso il presidente Pittella e la sua giunta, verso i vertici ENI e verso Arpab, verso lo stesso sindaco “quaglista” del centro valligiano, pur nella palese evidenza di una sovra-determinazione che da tempo viene esercitata su “petrolio & dintorni” da un certo movimentismo grillino saldatosi a frange di utilitarismo ambientalista, mette in chiara evidenza, come da anni avverto, più che malumore o delusione del tutto giustificabile, quel profondo risentimento verso la politica tutta che ha gestito i processi legati alle estrazioni che non ascolta più ragioni – anzi proprio non vuole più ascoltare chiacchiere. Un risentimento che cova da tempo e che oggi rischia di essere da un verso il ventre ammollito preda di populismi in cerca di consensi facili di una Regione che proprio ancora non riesce a fare i conti con una corretta, stringente e previdente programmazione del territorio, preferendo contar gli spiccioli per mantenere l’asfittica macchina clientelare/burocratica che la opprime e girare invece il capo rispetto ai problemi reali, dall’altro l’autostrada sulla quale correrà la trasformazione del rapporto tra compagnie e regione in merito all’argomento energia in esclusiva e pericolosa triangolazione tra Stato, compagnie e comuni, dove appare del tutto evidente la sproporzione di poteri, come sembra prevedere la strategia di modifica sul titolo V della costituzione. E così se sembra davvero strano che il presidente Pittella non percepisca, dall’alto del suo “rapporto diretto” con l’elettorato che oggi pare diventato cartina di Tornasole della politica che si misura in spot, la tromba di allarme che a Marsico è suonata e rischia di suonare ancora ed altrove e su ben altre partite, preferendo glissare quasi offeso e rivolgere la sua attenzione altrove, ancor più strana appare la sua valutazione su quel processo di riforma dello stesso titolo V che quasi par certo di riuscire a ritagliare a misura degli interessi della regione in base al suo personale “charme”, più che sulla base di una valutazione condivisa tra forze politiche e cittadini lucani in merito all’atteggiamento da doversi tenere se – ma appare in tutta evidenza inutile il dubitativo – la riforma dovesse passare e la regione essere privata delle sue residue potestà in materia di estrazioni. Per essere ancor più chiari, il timore che la giunta si arrotoli in un tentativo di trattativa con il Governo sulla base di una strategia inconosciuta, nel mentre perde del tutto il controllo della situazione interna di una regione dove è la rabbia a prendere ormai il posto del ragionamento, che pure non è avulso alla “società civile”, e dove i processi di gestione della crisi necessitano di risposte immediate e non più di tavoli inconcludenti con supposte forze sociali dove si tenta magari di recuperare qualche verginità politica persa nell’inseguimento del potere, ma nulla di concreto si mette in campo ad ormai tre mesi dall’insediamento della giunta. Non suoni critica fine a se stessa, quanto stimolo al fare e fare bene, ritrovando – inutile il reiterativo – il valore di un progetto per la regione che molti cominciano a sospettare non fosse contenuto in alcuna rivoluzione promessa, essendo piuttosto mera suggestione, progetto che se allora non esiste, deve in tutta velocità ritornare ad essere oggetto di discussione, prima che i fatti stessi la rendano inutile. Ciò vale a dire nello specifico che se non esiste strategia verso aspetti di questa riforma che rischiano di collassare la regione in una damigiana petrolifera, questa strategia deve essere discussa subito sia in rapporto agli obiettivi, sia in rapporto alle alternative con le quali dovrà confrontarsi ogni opposizione a questi progetti biecamente neo-centralistici, e cioè se l’obiettivo sia solo limitare i danni, contrattando benefit senza potere contrattuale a riforma approvata, o impostare sin da subito la conflittualità che a Marsico è sembrata evidente e chiara nella sua manifestazione e di cui sarebbe folle non tener conto. Provi a cambiare verso alla protesta e farla diventare essa stessa la base per una nuova proposta.

Miko Somma

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