Si vuole che la Commissione europea per l’ambiente valuti il rischio che le perforazioni realizzate sui monti dell’Appennino lucano possano inquinare irreversibilmente le circa 650 sorgenti sotterranee che alimentano l’Agri, un fiume le cui acque attraversano un parco nazionale, alimentano la diga del Pertusillo e forniscono il circuito dell’acqua potabile e di irrigazione di due regioni, la Basilicata e la Puglia. L’invaso del Pertusillo - che è circondato dai pozzi già attivi in Alta Val d’Agri ed è a pochi km in linea d’aria dal Centro oli di Viggiano, un impianto di desolforizzazione di 18 ettari - è da alcuni anni interessato da una periodica moria di pesci causata, secondo la perizia del Ctu nominato dalla magistratura di Potenza, da una tossina prodotta dall’alga cornuta, presente per eutrofizzazione del lago a sua volta dovuta a fosforo, nitrati, idrogeno solforato, formaldeide, diossido di zolfo, metalli pesanti e idrocarburi presenti all’interno e nei fondali del lago artificiale. La denuncia del portavoce Petrocelli cerca di interessare la Commissione europea sulle condizioni dell’acqua in Basilicata e sui rischi sulla relativa catena alimentare umana, dovuta, secondo il senatore M5S, alla libertà di perforazione che lo Stato italiano, con la complicità della Regione Basilicata e l’indifferenza della Regione Puglia (è la principale utilizzatrice dell’acqua della Basilicata), concede alle compagnie minerarie. Alle quali è consentito perforare nei pressi di dighe, ospedali, centri abitati, aree agricole pregiate, alvei di fiumi e, soprattutto, all’interno dei bacini idrici di superficie e di profondità. Nell’esposto dell’attuale capogruppo M5S al Senato, viene dimostrata la presenza di trivelle e pozzi all’interno dei bacini idrici, la cui funzione è quella di rimpinguare le sorgenti dei fiumi essendo aree rocciose permeabili all’acqua piovana. Un delicato ecosistema che viene ulteriormente minacciato dal rifiuto delle società di fornire sia i piani ingegneristici dei pozzi realizzati nel sottosuolo che gli studi sulla qualità ed effetti delle sostanze chimiche utilizzate. La stessa Corte dei Conti della Basilicata, nella sua delibera numero 71/2014, nel far proprie le denuncia della ricercatrice italo americana dell’Università di Northridge della California, Maria Rita D’Orsogna, afferma che: «l’attento e costante monitoraggio dei fanghi esausti rappresenta un punto di fondamentale importanza per la tutela ambientale e la tutela della salute pubblica». Il lavoro di raccordo di Vito Petrocelli ha usufruito dei contributi scientifici di Maria Rita d’Orsogna, del professor Franco Ortolani dell’Università di Napoli, dell’Aspo Italia (Associazione per lo studio del picco del petrolio), dell’Istituto nazionale di geodesia e vulcanologia, dei ricercatori americani Diana Papouilias e Tom Mackenzie, dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, della Regione Basilicata, dell’Istituto Mario Negri sud e di una pubblicazione scientifica dell’Eni di autori italiani, su una rivista di settore, la One Petro (già resa pubblica in precedenza dalla D’Orsogna sul suo blog), con la quale si dimostra che già nel 1999, in Val d’Agri, era noto che si sperimentavano perforazioni orizzontali non autorizzate, tipo il fracking, ricorrendo all’uso di acido cloridrico, fluoridrico e addensanti chimici vari. Sulla pelle della gente, in barba alle direttive comunitarie di tutela e nel silenzio degli organi di controllo della Regione Basilicata e del governo italiano.
A Bruxelles, la denuncia verrà seguita dal parlamentare europeo M5S Piernicola Pedicini, il quale curerà la presentazione della stessa in una prossima seduta della Commissione UE Ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare.
Ufficio stampa del capogruppo al Senato M5S Vito Petrocelli
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