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Intervento
del Consigliere Gianni Rosa in merito al decreto “Sblocca Italia”. (Consiglio
regionale del 23 settembre 2014)
Presidente,
Colleghi,
“Sull'argomento
petrolio voglio essere chiaro: io dico No allo strapotere delle multinazionali,
dico No a nuove estrazioni, dico No a dover scegliere tra salute e sviluppo. E
dico No all'utilizzo delle royalties per distribuire povertà."
Sono
parole sagge che io sottoscrivo in toto.
Ma
non sono parole mie, Presidente Pittella. Sono sue. Le ha pronunciate poco più
di un anno fa, era il 12 settembre 2013 e Lei si apprestava a ingaggiare la
battaglia delle primarie contro il suo stesso partito.
Certo,
oggi, vista la sua “accondiscendenza” nei confronti di chi vuole fare della
nostra Terra un colabrodo, quelle parole le possiamo ascrivere al capitolo delle
“frasi d’occorrenza”. Tuttavia mi sembra giusto partire proprio dalle Sue parole
per dimostrare come l’1 a 0 sbandierato qualche settimana fa sia un bluff, una
foglia di fico dietro cui nascondere un enorme insuccesso.
E il
Suo discorso di oggi lo dimostra in pieno. Si rende conto che avremmo dovuto
parlare dello “Sblocca Italia”, ma che Lei ha talmente tanto annacquato il
discorso che è sembrato facesse una relazione storica sugli accordi petroliferi
in Basilicata? Ha allontanato talmente tanto il Suo discorso dalla realtà delle
cose che quasi, e sottolineo quasi, sembra che la Basilicata abbia conseguito
chissà quanti successi in questi anni culminati con decreto “Sblocca Italia”
che, invece, uccide l’autonomia della nostra Regione.
Comunque,
Le dimostrerò, nel prosieguo del discorso, come le cose sono molto diverse da
come Lei le ha dipinte qualche minuto fa.
Iniziamo
con il “no allo strapotere delle multinazionali e no a nuove estrazioni”. Bene,
Presidente, il decreto “Sblocca-Italia” varato dal Suo Segretario di partito
nonchè Premier, Renzi, dà corso all’uso indiscriminato del nostro territorio da
parte delle compagnie petrolifere con il prelievo illimitato del petrolio
lucano.
Infatti
l’art 36 del decreto 133 del 12 settembre 2014 sancisce il concetto “solo con
più petrolio le royalties sono fuori dal patto” mentre l’articolo 38, sulla cui
incostituzionalità mi concentrerò nel prosieguo, avoca al Governo la competenza
in materia di rilascio della valutazione di impatto ambientale e quella
concernente le concessioni per la ricerca e i permessi di coltivazione degli
idrocarburi.
In
sostanza, per usare un “tecnicismo lessicale” dal combinato disposto delle due
norme si evince la chiara volontà di Renzi: “voglio il vostro petrolio e
subito”. In questo senso, ha ragione, Presidente: lo “Sblocca Italia” ha creato
un “tempo nuovo”. I dati sulla quantità di barili estratti ed estraibili dalla
nostra Terra non sono più attuali, i Patti, il Memorandum e le Intese che Lei
cita non sono più fonte certa. La palla passa in mano allo Stato ed è inutile
che Lei faccia finta di non saperlo. La Regione non avrà più la sua centralità
in questa materia se lo “Sblocca Italia” rimarrà così com’è.
In
parole povere, la Regione non conterà più nulla in materia petrolifera. Il
Governo potrà perforare dove e come vorrà e noi non potremo farci nulla. A tal
proposito, poiché come termine ultimo per la conclusione dei procedimenti in
corso è previsto il 31 dicembre 2014, chiedo che la Regione s’impegni a
definirli entro tale data, magari dando parere negativo. Un ultimo sprazzo di
autodeterminazione.
Ha
detto “No a dover scegliere tra salute e sviluppo”. Bene, Presidente, a noi
sembra proprio che non abbia scelto né l’una né l’altro. Il petrolio estratto
sin ora ha inquinato, provocato danni alla salute e non ha prodotto ricchezza. È
inutile, a tal proposito, snocciolare dati che sono notori a tutti. È inutile
ricordare che un Registro tumori aggiornato al 2009 non rappresenta una base
scientifica ma è solo una vergogna regionale.
Quando
afferma che non si può dire che in Basilicata non vi sono stati controlli
ambientali, mente sapendo di mentire. Le vorrei ricordare una cosa: solo a
seguito di una mia conferenza stampa, nel 2011, in cui, dopo essermi recato
personalmente sul posto per verificare direttamente, denunciai che
l’Osservatorio ambientale della Val d’Agri era, con un solo dipendente addetto
alla segreteria, una scatola vuota. Solo dopo le mie segnalazioni, l’allora
Assessore Mazzocco stipulò una convenzione con alcuni tecnici del CNR. 13 anni
di valutazione ambientale persi. Che fine abbiano fatto in quegli anni i
contributi dell’ENI per la costituzione dell’Osservatorio lo sanno tutti:
forestazione. E non dico altro.
Per
quale motivo, poi, le nuove estrazioni dovrebbero incidere diversamente sulla
salute e sullo sviluppo? In fondo, nel decreto e nelle parole di Renzi non vi è
traccia di aumentare i controlli, di implementare i sistemi di prevenzione dei
danni alla salute, di creare sviluppo. Non mi pare esistano, nel decreto,
vincoli all’assunzione di Lucani da parte delle compagnie petrolifere.
Quanto
al “No all'utilizzo delle royalties per distribuire povertà”, Presidente, qui si
tratta di un vero e proprio autogoal. Anche solo guardando, senza andare troppo
indietro nel tempo, alle voci che intende finanziare con i 50 milioni di euro
esclusi dal patto di stabilità per il 2014, cioè pagamento mutui, fondazione
città della pace, copes, forestazione, Consorzi di bonifica e Associazione
regionale allevatori, si può sostenere che Lei continua a fare solo
assistenzialismo. Niente sviluppo, nessuna crescita. Solo soldi dispensati qua e
là.
Sarebbe
forse ora di vincolare per legge le risorse delle royalties a destinazioni d’uso
ben precise che guardino al reale sviluppo regionale, come contenuto nella
nostra proposta.
Poi
anche la carta carburanti, così come da voi immaginata, sarà uno strumento per
elargire un po’ di denaro in forme di assistenzialismo che in questa Regione
sono estremamente collaudate.
Tra
l’altro, vorrei portare alla Sua attenzione che vincolare l’erogazione del bonus
al reddito individuale non costituisce tutela dell’equità sociale, espressione
che ama tanto. Mio figlio che è studente e, quindi, non ha reddito, percepirà la
stessa cifra di un padre disoccupato.
Questo
non vuol dire, Presidente, che noi siamo contrari a tutelare le fasce più deboli
della società, ma, in questi casi, preferiremmo l’applicazione del detto cinese
“Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo
nutrirai per tutta la vita.”.
Questo
dovrebbe fare la politica: fornire tutte le condizioni affinché tutti possano
trovare lavoro e non aspettare il contentino del politico di turno. Ma del
resto, questo è anche un modo per mantenere legati a sé gli elettori.
E, a
proposito di contentino, cos’è se non uno zuccherino, elargito alla povera
nostra Terra, il gruzzoletto di 50 milioni di euro che lo Stato ci consente di
poter utilizzare al di fuori del patto di stabilità?
E
questa piccola regalia la paghiamo a caro prezzo. Il decreto “Sblocca Italia”
esautora la nostra competenza concorrente in materia di energia, violando
l’articolo 117 della Costituzione, estromette gli enti locali da qualsiasi
decisione, contrastando con l’articolo 118 della Costituzione, prevede un titolo
concessorio unico sia per i permessi di ricerca che per le concessioni di
coltivazione, contravvenendo al principio dell’articolo 42 della
Costituzione.
In
pratica, con le nuove norme, ed in particolare con l’articolo 37 del decreto, i
procedimenti di autorizzazione di gasdotti i piani per la loro costruzione
potranno costituire varianti ai piani regolatori, ai piani di bacino e di tutela
delle acque, derogando alle norme comunali e regionali ed estromettendo del
tutto gli Enti locali da ogni e qualsiasi decisione in merito, violando i
principi di leale collaborazione e di sussidiarietà.
Ma
v’è di più. Il titolo concessorio unico riunisce in un solo atto fasi che sono
ontologicamente e giuridicamente differenti, riconosciute tali non solo da un
regio decreto del 1927 ma persino dalla normativa europea: il permesso di ricerca, in cui non è
ancora ravvisabile un interesse generale che permetta l’esproprio, poiché
l’esistenza del giacimento non è ancora certa, e la concessione alla coltivazione che è
successiva alla scoperta e che, proprio per questo motivo, giustifica la
dichiarazione di pubblica utilità, il vincolo preordinato all’esproprio e la
compressione del diritto di proprietà, costituzionalmente garantito
dall’articolo 42.
In
altre parole, con il titolo concessorio unico si ha un’anticipazione della
dichiarazione di pubblica utilità e, quindi, del vincolo all’esproprio, in una
fase anteriore al ritrovamento del giacimento petrolifero, che è il momento in
cui la proprietà del sottosuolo passa dal privato allo Stato.
Vi è
poi, come altro motivo d’incostituzionalità del decreto “sblocca Italia” le
modalità con le quali è prevista la partecipazione delle Regioni al rilascio del
titolo unico. Il procedimento per il suo rilascio sembra considerare l’intesa
della Regione come un atto interno al procedimento amministrativo, poiché
sembrerebbe richiedere che l’intesa venga rilasciata in conferenza di servizi.
In
questo modo la Regione verrebbe considerata come una qualsiasi amministrazione
che, nell’ambito di una conferenza di servizi, rilascia un’autorizzazione.
L’intesa diventerebbe così un atto della conferenza di servizi e non più un atto
autonomo regionale; sarebbe considerata un atto amministrativo e non più un atto
politico.
Illuminanti
a tal proposito sono le sentenze n. 383 del 2005 e n. 39 del 2013 della Corte
Costituzionale. In particolare, in quest’ultima, si afferma che la Regione ha
diritto di partecipare alle decisioni assunte in sede statale con l’intesa e che
“il rilievo nazionale degli interessi …. non possa di per sé rendere
legittimo il superamento dei limiti alla potestà legislativa dello Stato e delle
Regioni fissati dal riparto costituzionale delle competenze.”. Competenze
che questo decreto legge viola palesemente.
Così
come viola l’articolo 120 della Costituzione, in quanto comprometterebbe
“l’esercizio delle attribuzioni regionali nei casi di competenza non esclusiva,
assegnando valore decisivo alla volontà di una sola parte con il
conferimento di poteri sostitutivi, senza favorire la reiterazione delle
trattative al fine di giungere all’intesa.”.
Come
emerge chiaramente, Presidente, non abbiamo conseguito un successo, anzi,
abbiamo subito una sconfitta su tutti i fronti. E questo, a nostro parere, è
accaduto perché Lei è stato unicamente concentrato sullo sblocco delle royalties
dalla gabbia del patto di stabilità e ha dimenticato che il problema del
petrolio è più ampio e che, per vincere questa guerra, è necessario affrontare
tutti gli aspetti della questione. Sono passati più di 15 anni dai protocolli
d’intesa del 1998, oggi è il tempo di riaprire una nuova pagina del “petrolio
lucano” riscrivendo completamente le varie intese sviluppatesi negli anni alla
luce dell’esperienza acquisita.
Con
lo Stato italiano e con le compagnie petrolifere bisogna avere il coraggio, nel
caso di loro reticenza, di aprire un “contenzioso” politico, legale e popolare
in difesa dei nostri territori, dei nostri cittadini, dei nostri interessi.
Ambiente,
salute, lavoro, territorio. Non si può pensare di condurre battaglie sul
petrolio senza tenere presente tutte queste cose.
Ci
fa piacere che anche alcune sparute voci del Pd lo abbiano capito, finalmente.
Non basta chiedere più royalties, senza programmare dei seri interventi di
sviluppo. Non si possono concedere altre estrazioni senza pretendere maggiori
controlli.
Le
proposte di legge che abbiano presentato a giugno, e che ancora non sono state
calendarizzate, non si sa per quale motivo, possono rappresentare una base per
un progetto condiviso. È questa per noi l’opposizione costruttiva.
Abbiamo
invitato tutti, più volte, a discuterne seriamente ma nessuno ha raccolto
l’invito. Quindi, cogliamo l’occasione di questo Consiglio per
rinnovarlo.
Leggetele,
Colleghi. Leggetele e parliamone.
Del
resto, negli ultimi giorni, si è capito che il Popolo lucano non vuole altre
trivelle. E ciò a ragion veduta, Collega Cifarelli. Ha chiesto di sapere dove e
quanto intendono trivellare? Ecco, giusto due dati: i nuovi permessi riguardano,
tra l’altro, il Comune di Anzi, Muro Lucano, Palazzo San Gervasio, Pignola, San
Fele; la Basilicata ha una superficie di 9.992 km2. I titoli minerari vigenti in
Basilicata, tra permessi di ricerca, concessioni di coltivazione e di
stoccaggio, sono 32 e coprono una superficie totale di 3.496,98, pari all’34,99%
dell’intero territorio regionale. Le istanze, tra concessioni di coltivazione di
giacimenti marginali e permessi di ricerca, già presentate e in corso di
definizione, sono, al 31 maggio 2014, 19 e coprono una superficie di circa
4167,96 Km2 pari a poco più del 41% della Basilicata tutta . Senza parlare Per
non parlare di cosa succederà quando verrà dato il via libera alle trivellazioni
in mare.
I
calcoli sono abbastanza semplici, se dovessero essere accettate tutte le nuove
richieste, il 76% del territorio della Basilicata sarebbe coperto da pozzi
petroliferi ed installazioni ad essi connessi. La Regione, già con il suo 35%
attuale, detiene, rispetto al dato nazionale, il primato, in termini
percentuale, per superficie interessata da concessioni di
coltivazioni.
In
quest’ottica il blocco delle estrazioni è più che giustificato. Ora, se è vero
che non si può sperare che lo Stato, il quale, ricordiamo, è proprietario dei
giacimenti sin dal loro ritrovamento, rinunci all’approvvigionamento energetico
derivante dal petrolio lucano, è anche vero che non è detto che debba
pretenderlo in tempi brevissimi e senza condizioni.
Da
qui una moratoria sulle estrazioni, non a tempo indeterminato (come voleva fare
De Filippo, incorrendo poi nella declaratoria di incostituzionalità) né prevista
da una legge regionale (incostituzionale anche questa), ma per dieci anni e
contenuta in una legge statale.
In
questo modo si avrebbe anche il tempo di studiare l’ambiente e il territorio
marcando i cosiddetti punti bianchi, ovvero quei dati iniziali che costituiscono
il parametro di base per determinare i livelli di inquinamento.
Inoltre,
considerare un successo lo sblocco di 50 milioni di euro dal vincolo del patto
di stabilità è veramente riduttivo: sia chiaro a tutti i 50 milioni non sono
risorse aggiuntive, ma rappresentano solo un ulteriore budget di denaro già in
cassa per i pagamenti da effettuare.
Un
successo sarebbe stato ottenere l’aumento della percentuale delle royalties,
cosa che è prevista nel progetto di legge da noi presentato.
E
ancora, non sarebbe il caso, anche in considerazione dei dati allarmanti
sull’aumento dei tumori in Basilicata, di prevedere maggiori controlli?
Forse
la tutela del Popolo lucano non viene prima di qualsiasi interesse delle
multinazionali petrolifere?
Noi
crediamo di sì. E crediamo anche che, in questa battaglia si debba essere uniti,
senza protagonismi e senza egoismi di partito.
Pertanto
Presidente e Colleghi vi invito ad approvare oggi un atto con il quale l’intero
Consiglio regionale chieda al Parlamento Italiano:
- la
cancellazione degli articoli 36, 37 e 38 del decreto n. 133 del 12 settembre
2014;
- la
riscrittura delle regole dell’utilizzo delle royalties che maturano sulle
attuali estrazioni fuori dal patto di stabilità senza condizioni, tranne per la
loro destinazione;
- la
nostra contrarietà all’incremento delle estrazioni.
Oltre
evidentemente, nel caso di “ottusità” da parte del Governo italiano, la delega a
Lei Presidente, ad iniziare l’azione legale per l’impugnativa del decreto n. 133
del 12 settembre 2014 per palese incostituzionalità.
Certo
necessitano, oggi più che mai, chiarezza e coraggio.
Certo
solo il nostro volere non è bastevole rispetto ai diktat del Parlamento ma sullo
“sblocca Italia” è necessario che ognuno, per la propria parte, faccia, se così
si può dire, “pressioni” sulle proprie rappresentanze politiche affinché venga
riconosciuto il nostro diritto di tutelare e salvaguardare il nostro territorio,
sicuramente nell’ambito dell’interesse nazionale, il quale, però, non può essere
esercitato con “dispotismo” e a discapito della nostra Comunità.
Potenza,
23 settembre 2014
Gianni
Rosa, Capogruppo Regione Basilicata Fratelli d’Italia – Alleanza
Nazionale
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