Di fronte ad una crisi di portata eccezionale, l’assenza di misure straordinarie per fronteggiarla non poteva che portare alla realtà disperata che oggi ogni settore lavorativo vive.
Matera subisce, in maniera esponenziale, gli effetti di questa crisi. E lo testimoniano i “bollettini roventi” di questi ultimi giorni.
La scuola è in protesta perché la dabbenaggine di un ministro fantoccio ha determinato, nella provincia materano, un vulnus profondo a danno dei precari che lottano per conservare almeno quel lavoro a tempo sul quale contavano per garantirsi un minimo di sussistenza; questo Governo addirittura nega la precarietà qualificandosi, da solo, come soggetto sprezzante del lavoro e dei lavoratori. Questi lavoratori, come tanti altri nelle loro stesse precarie condizioni (perdenti posto o cassintegrati o inoccupati), intendono battersi per un posto di lavoro e non vogliono rassegnarsi ad essere considerati numeri a cui si nega dignità e riconoscimento professionale.
La solidarietà tra loro è inevitabile perché nasce dalla consapevolezza che non si vuole soggiacere alle politiche “sballate” di un Governo che, ad oggi, non ha dato alcun segnale alla fascia debole del nostro Paese: i lavoratori e i pensionati. Li ha solo mortificati!
Nell’azione del governo centrale, si respira un’assenza palese del senso dello STATO e questo è pericoloso. IL Sud è stato cancellato dall’agenda politica del Governo centrale il quale compare solo per richiedere sacrifici ma è assente nel dare segnali che contribuiscano alla ripresa del lavoro e quindi della nostra economia. E’una triste constatazione che ci riporta ai tempi di “Cristo si è fermato ad Eboli”, tempi in cui i braccianti erano abbandonati alla loro consapevole e amara miseria e in cui lo STATO curava la forma ma non la sostanza. Oggi la storia si ripete, sebbene non imperversi più l’ignoranza e l’arretratezza culturale e sociale di una volta(anche grazie a quella scuola pubblica che oggi viene messa in discussione e piegata a logiche di privatizzazione), si sta instaurando, da parte del Governo, un insensibile clima di abbandono verso le esigenze, verso le istanze, verso i disperati drammi sociali delle fasce deboli della società.
Ed ecco le grida di allarme dei lavoratori che vengono sostenuti dal sindacato unitario che respinge al mittente i tagli nella scuola; che non accetta il lassismo che sta contraddistinguendo il processo di reindustrializzazione e rilancio dei siti ind.li, ora in stato di abbandono, con cui ridare lavoro alle migliaia di giovani cassintegrati del mobile imbottito verso i quali sono stati assunti impegni precisi dal Governo centrale e dalle Istituzioni locali ma verso cui regna sovrano un imbarazzante silenzio; che non tollera quell’indifferenza riservata ai lavoratori di Ferrosud verso cui l’azienda mantiene, coerentemente, un atteggiamento di massima irresponsabilità che significa, per questi lavoratori, non lavorare, ammortizzatore sociale non ancora percepito (l’azienda si rifiuta di anticipare la CIG), assenza di un minimo salario per sostentarsi almeno nelle necessità primarie; che è stanco di gestire l’ennesima chiusura in Val Basento come se, per quelle fabbriche e per quei lavoratori, non ci possa essere destino diverso dalla chiusura o dalla crisi.
Tutto questo è assurdo, paradossale. Non ci si può rassegnare ad uno scenario così drammatico e così ingiusto. Non lo può permettere il sindacato, non devono permetterlo i lavoratori, non devono consentirlo le Istituzioni locali e regionali.
E’ tempo di rispolverare quella coscienza e solidarietà di classe che è stata alla base di tante battaglie che hanno consentito la conquista di importanti diritti che noi oggi abbiamo il dovere di difendere.
Non si può abbassare la guardia, anzi in questa fase, è necessario farsi ascoltare e condurre battaglie a difesa del posto di lavoro o per riappropriarsi di quel lavoro di cui tanti lavoratori sono stati privati senza averne responsabilità.
E’emblematica, in questi giorni, la protesta dei lavoratori dell’ipermercato Carrefour. Si tratta di 144 lavoratori che sono nati in quell’ipermercato, hanno dato il meglio di sé per fare crescere quella struttura e, ora, rischiano che i loro sacrifici vengano cancellati con un colpo di spugna da parte di un compratore che, per fare quadrare i conti, non si crea lo scrupolo di azzerare professionalità o mandare a casa circa la metà del personale oggi in forza.
Ecco: la crisi autorizza a causare scempi a danno dei lavoratori, diventa quasi l’alibi per intaccare i diritti. E’ quanto sta accadendo ai lavoratori addetti alle pulizie presso l’Enea di Rotondella; essi sono vittima di questo scenario: c’è crisi, la committenza (ENEA, un ente che si presuppone solido e rispettoso dei diritti), in itinere, nello svolgimento di un appalto che ha per oggetto il servizio di pulizia, decide di diminuire il costo del servizio assegnato in appalto, senza neanche porsi il problema che questa operazione possa determinare ai lavoratori interessati (già con un part time esiguo) una diminuzione delle ore di lavoro e quindi del salario, già molto basso. I lavoratori saranno in sciopero nella giornata del 7 settembre p.v. con l’intento di non permettere che la qualità del servizio, che essi devono rendere, e la qualità del lavoro, a cui hanno diritto, vengano compromessi con tagli spregiudicati e che non tengono conto della loro già drammatica realtà lavorativa.
Matera e la sua provincia, non hanno bisogno di gabbie salariali o di partecipare agli utili di aziende che chiudono, Matera con la sua provincia reclama la presenza di uno Stato che garantisca il diritto al lavoro, il diritto allo studio, il diritto ad esprimere liberamente il proprio pensiero, il diritto a difendere il lavoro.
IL sindacato non si esime e non esimerà dallo svolgere, accanto ai lavoratori, la funzione che gli è propria : tutelare i lavoratori e il lavoro. E si auspica che le Istituzioni locali e tutte le parti sociali facciano lo stesso. Le imprese e il lavoro non si salvano tagliando i salari ma investendo in innovazione e specializzazione: cosa fa il Governo centrale per promuovere ciò?Cosa stiamo facendo nel nostro territorio per stimolare chi ne ha la competenza ad attuare ciò?
Basta con le solidarietà formali. Occorrono fatti concreti, occorre mettersi al lavoro tutti insieme per aiutare il nostro territorio e tutelare i nostri lavoratori. Bisogna fare presto perché è già troppo tardi. Qui c’è bisogno solo di “pane e lavoro”.
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