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giovedì 4 giugno 2015

UN IMPRENDITORE ED UN EX SINDACALISTA COMMENTANO I DATI ISTAT SU OCCUPAZIONE IN BASILICATA

Nicola Benedetto

Giannino Romaniello


Troppa enfasi sui dati diffusi oggi dall’ISTAT: la disoccupazione in Basilicata nel raffronto primo trimestre 2014- primo trimestre 2015 scende dal 16,8 % al 14,9 %, con 7 mila occupati in più in un anno. Da una lettura della nota dell’istituto di statistica, quello che viene fuori è prima di tutto, come elemento fondamentale, che il dato non è destagionalizzato, unito al fatto che si parla d’incremento riferito ai rapporti di lavoro, il che significa il consolidamento di una tendenza di trasformazione dei rapporti co.co.co, co.co.pro, partite iva camuffate in rapporti di lavoro prevalentemente a tempo determinato. A tal proposito, significativo è il dato dell’industria in senso stretto che fa registrare una riduzione dello 0,9% su base annua, come pure quello del settore edile, indicatori che nel Mezzogiorno sono in controtendenza e quindi da leggere più in profondità e da comparare con i dati sul lavoro nero e sommerso di cui purtroppo non vi sono studi precisi. E per restare alla pura statistica non deve sfuggire il dato relativo al tasso di attività, in verità uno degli indicatori più significativi, in Basilicata al 55,7%, molto distante da quello di altre regioni del centro-nord, tra il 68 e il 72%. L’Istat, inoltre, non precisa di quali contratti di assunzione si tratta, vale a dire se sono a tempo determinato, part-time, o tempo indeterminato e attraverso quale strumento sono stati attivati, con il ricorso all’interinale, apprendistato, tirocinio, o al Job Act che il Governo Renzi considera la soluzione miracolistica di ogni problema occupazionale. Con questi numeri c’è davvero poco da esprimere soddisfazione ed ottimismo come sta facendo in queste ore il Premier. La domanda di lavoro stabile e qualificato in Basilicata è decisamente più consistente e non si può ridurre ai 32mila iscritti ai Centri per l’Impiego in cerca di prima occupazione per la diffusa sfiducia dei giovani e dei disoccupati in generale nei confronti delle strutture pubbliche di collocamento e quindi ad iscriversi. Senza sottovalutare inoltre la crescente platea di lavoratori under 35anni espulsi dalle fabbriche e che non hanno possibilità di tornare al lavoro. In attesa di dati più specifici e dettagliati e di fronte al fallimento che si registra rispetto alle aspettative e alle attese innescate dal Programma Garanzia Giovani anche nella nostra regione la sollecitazione a Governo e Regione è per misure molto più efficaci dell’ “aspirina” somministrata da Renzi rispetto allo stato febbricitante della malattia-disoccupazione. Se un imprenditore ed un ex dirigente sindacale, al di là delle differenti collocazioni politiche in Consiglio, su questo la pensano allo stesso modo avrà pure un significato sul quale chiamare tutti i consiglieri e la Giunta a riflettere senza lasciarsi “abbagliare” dai dati con il segno più diffusi, solo statisticamente, dall’Istat con il linguaggio freddo della matematica che non arriva al cuore della gente.

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