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martedì 17 febbraio 2015

LA TEORIA DI DARWIN NON SI APPLICA AL PD LUCANO

«La Borsa c’è», si potrebbe dire parafrasando il fanatismo religioso, dato che la quotazione a New York del barile di petrolio, ancora oscillante tra 53 e 61 dollari, mette a nudo l’equazione defilippiana fatta propria da Marcello Pittella: “raddoppio i barili, raddoppio le royalties e mi sistemo un po’ di frizioni interne al Pd lucano”. E invece, tra le mani di Pittella arriverà, per ora, solo il dimezzamento del solito piatto di lenticchie. Quello che in genere le compagnie petrolifere riservano, anche abbastanza scondito, alle classi dirigenti troppo compiacenti e ai popoli che se le votano.
Ma anche lo «Svimez c’è», col suo ultimo rapporto che a sua volta mette a nudo l’inutilità delle scelte economiche fatte negli ultimi 20 anni in Basilicata, da una classe politica arronzante e incapace di una evoluzione darwiniana della specie politica. «La Basilicata – si legge nel rapporto dell’ente di sviluppo industriale per il Mezzogiorno – resta inaccessibile in quanto mancano strade, ferrovie e banda larga», cioè mancano le infrastrutture che creano opportunità di mercato a chi vuole fare impresa locale e che creano notevole interesse in investitori di altre regioni o nazioni. Dunque, per 20 anni, in Basilicata, sono stati sbagliati i presupposti che creano economia, investendo di fatto nella disoccupazione, nell’emigrazione e nei sistemi che favoriscono non la libera impresa, ma quella grande industria che ha la possibilità di by-passare l’inadeguatezza delle infrastrutture mancanti e che quando ha finito di depredare, notoriamente se ne va in altri lidi, come la Fiat, la ferriera, l’Edf Fenice, la Liquichimica, che poi è Eni, e il petrolio, che poi è sempre Eni (e infatti, il cane a sei zampe ha già annunciato che seguirà la Total e ridurrà del 10% gli investimenti in Basilicata). Pittella, invece, che pure conosce il valore del treno, dato che ha firmato per l’alta velocità sull’Adriatico, lui che di mari ne ha due, il Tirreno e lo Jonio, e che ha le tradotte da 80 km/h al posto dei vagoni, a dimostrazione del legame indissolubile che il Pd ha con le scelte sbagliate, continua a parlarci di royalties ed estrazioni.
Per il 2014, col barile a 100 dollari, dal petrolio sono arrivati circa 100 milioni di euro, grazie anche alla rinuncia della quota spettante allo Stato (30 milioni di euro). Questi 100 milioni di euro rappresentano circa il 3,5% (cioè niente) del bilancio di previsione di competenze della Regione, che è di 3,3 miliardi di euro, e addirittura sono il 2% (meno di niente) del bilancio di previsione di cassa del 2015, che raggiunge i 4,377 miliardi di euro. Per il 2015, se il mercato borsistico internazionale resta così, con buona pace dei sostenitori e consiglieri mediatici ed economici del governatore lucano, dalle royalties, anziché gli agognati 200 milioni di euro (il 4% del bilancio di previsione di cassa), entreranno in tutto appena 45 milioni di euro (30 che spettano di diritto alla Regione e 15 di storno dallo Stato): il che significa un misero 1,5% (meno di meno di niente) del bilancio di competenza e appena l’1% (meno di meno di meno di niente) del bilancio che include i residui di cassa. Se fossimo una regione normale, ci sarebbe da chiedere a Pittella il perché punta anch’egli su un bene inconsistente e per giunta variabile come le entità delle royalties. La risposta per noi del M5S è facile, mentre è evidente che non lo è per molti giornalisti, blogger e intellettuali di sistema e di regime: perché siamo alla frutta, o meglio, perché siamo alla canna del gas e perché la Basilicata sarà la prima regione d’Italia a saltare il solco che ci separa dal fallimento, perché non reggerà il peso dell’insolvenza clientelare dei debiti di enti, consorzi e consulenze.

Vito Petrocelli
Portavoce M5S al Senato della Repubblica, segretario Decima Commissione, Industria, Commercio e Turismo

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