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LETTERA APERTA
La vicenda emblematica del pagamento dell’Imu sui terreni agricoli, o meglio, la discutibile regola per la sua esenzione, fondata sulla quota altimetrica della sede comunale, ripropone, a mio giudizio, l’attualità di un impegno comune per costituire un fronte unico e compatto delle organizzazioni professionali agricole a tutela e difesa del mondo agricolo regionale. È bene considerare che non tutte le aree agricole del Paese hanno le stesse potenzialità e vivono le stesse realtà economico-strutturali; come non considerare le condizioni di estremo disagio sopportate dalle aree erroneamente identificate come “forti”, ad esempio l’intero metapontito, lontano anni luci dalle grandi realtà delle altre fertili e molto ben strutturate areee agricole , come le aree di pianura del centro e del nord del Paese, penso alla pianura padana, la pianura pontina, vicine ai grandi mercati nazionali ed internazionali, con una rete di servizi fra le prime in tutta Europa. Non mi sfugge la necessità, in questo momento, per lo Stato italiano, quindi per tutti noi che questo Stato componiamo, di drenare risorse finanziarie per far fronte alle numerose spese che quotidianamente deve fronteggiare. Ma ho altrettanta consapevolezza, non fosse altro per diretta esperienza, della complessa situazione finanziaria che sta vivendo il settore agricolo nel nostro Paese e, nella nostra regione, in particolare. Per cui, l’onere derivante da questa ulteriore imposta, che si somma alle altre che gravano su chi opera in agricoltura, rende sempre meno conveniente/utile impegnarsi nel settore primario. Peraltro ci sono sufficienti dati statistici che evidenziano l’abbandono, inarrestabile, dell’agricoltura. E la cosa è ancora più grave se tanto si censisce in realtà territoriali, come la nostra, ove il settore primario costituisce ancora un caposaldo dell'economia regionale. E’ vero che dell’Unioncamere con riferimento al secondo trimestre dello scorso anno, evidenziava come a fronte di un Pil lucano “dell’1,9%, in netto peggioramento rispetto alle precedenti stime di luglio, che ipotizzavano una flessione dell’1,2%” solo l’agricoltura ha registrato un aumento del 3,1 per cento del valore medio aggiunto (3,5 per cento in provincia di Potenza e 2,7 per cento in quella di Matera), è pur vero che la stessa Unioncamere dinanzi ad una Basilicata che rischia di permanere in recessione anche nel 2015, evidenziando una flessione prossima al mezzo punto percentuale, auspica almeno la tenuta del mondo agricolo produttivo. Per assenza di certezze in proposito.
Ma, perché il settore primario possa tenere nel contesto produttivo regionale, occorrerà superare ostacoli economici di complessa problematicità. Se si fa astrazione dagli andamenti climatici oramai sempre più sfavorevoli quanto difficilmente condizionabili, su altri fronti ci sono indiscutibili margini per un forte impegno comune. Si consideri, per esempio, il tema del “credit crunch”. Il report di aggiornamento congiunturale, della Banca d’Italia, evidenzia che, nel giugno scorso, il credito complessivamente erogato da banche e società finanziarie al settore produttivo lucano ha fatto registrare un calo del 2,9 per cento e tale riduzione ha riguardato tutte le principali branche di attività economica e tutte le forme tecniche di prestito. In questo preoccupante conteso l’agricoltura è, oggi, tra le attività economiche la meno finanziata, proprio per l’alto livello di sofferenza che fa registrare anche per cause imputabili alla burocrazia elefantiaca ed alle ripetute crisi di mercato. Come si affrontano questa problematiche per tentare di addivenire a soluzioni ottimali da rendere il settore primario in grado di trainare l’economia lucana? Evidentemente con una azione partecipata e coerente. Fermo restando che appare del tutto naturale e comprensibile l’impegno delle singole organizzazioni nella ricerca di nuove basi della propria rappresentanza, occorrerà comunque cercare di dare luogo ad un sistema di alleanze e di contaminazioni con altri pezzi della società organizzata. Anche perché l’interlocuzione con le Istituzioni muta nel tempo, anche in termini significativi.
Si considerino i rapporti con l’attuale giunta regionale e quelli con l’assessore all’agricoltura Ottati. A me sembra, siano stati del tutto azzerati i “tavoli verdi”, luogo di confronto e di programmazione tra mondo agricolo ed istituzione regionale. Forse, nelle ultime stagioni, vi era stata una deriva per cui invece di limitarsi a definire macroscenari si era giunti a valutazioni di dettaglio che di fatto hanno reso corresponsabili le stesse organizzazioni in talune scelte, compiute in materia di politica agricola regionale, che poi si sono rivelate errate. Penso alle ingenti risorse destinate ei progetti di filiera, che avrebbero potuto e dovuto rappresentare un fattore di crescita attraverso l’aggregazione dei partecipanti alle diverse fasi del processo produttivo filiera. Ma, i risultati conseguiti non appaiono in linea con le aspettative. Oppure agli investimenti strutturali che hanno finito con elevare l’indebitamento dell’imprenditore quando questo è riuscito ad accedere al credito. Se, le ingenti risorse finanziarie della precedente programmazione dello sviluppo rurale non hanno determinato alcun efficace ritorno sul mondo agricolo c’è da interrogarsi sul perché e su chi grava la responsabilità delle scelte compiute. Appare del tutto evidente che, alla vigilia della nuova programmazione occorrerà confrontarsi per esaminare le ragioni che ne hanno impedito l’auspicato decollo e per trovare soluzioni utili all’avvenire. Ora, in fase di avvio della nuova programmazione non si può andare, a mio avviso, in ordine sparso se non si vuole infliggere un ulteriore colpo alle aspettative degli agricoltori lucani. Qualche linea guida, qualche strategia per il futuro dovremmo provare a maturarla tutti insieme. L’assessore Ottati lancia, da tempo, la sua provocazione. Egli punta tutte le sue carte sulle organizzazioni di produttori. In sostanza, vuole promuovere organizzazioni per ogni segmento di attività. Nel complesso e dal mio punto di vista è una utile provocazione in una regione dove aggregare non è proprio facile. Ma è questa la panacea per tutti i mali? é con le OP che si combatte, per esempio, la sharka nel metapontino? che si aggirano i limiti derivanti dal “credit crunch”? che si aiuta a risolvere il problema delle ripetute calamità naturali, quando per eseguire i rimborsi la regione impiega 10 anni, o giù di lì?
Forse, facendo ammenda degli errori compiuti nel recente passato, superando, da parte delle singole rappresentanze, ambizioni “egemoniche”, le organizzazioni professionali, Confagricoltura, CIA, Coldiretti, Copagri e tutte le altre, nessuna esclusa, devono liberare energie, intelligenze, forze per indirizzare l’agricoltura lucana al 2020.
imprenditore agricolo lucano
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