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giovedì 19 maggio 2016

PRESENZA LUCANA – QUADERNO MEDICO Si può morire di crepacuore? La sindrome del cuore spezzato.

Dopo la serata dedicata a “Tesi di Laurea Over” sul tema “L’ambiente e le sue evoluzioni nel tempo”in cui sono state presentate tre tesi di laurea rispettivamente del 1976-77, 1982-83, 2009-2010, ritorna, Venerdì 20 Maggio alle ore 18.00, presso la sede di Via Veneto 106/A, la cartella “Quaderno Medico” con la presentazione di una relazione dal titolo: “Si può morire di crepacuore? La sindrome del cuore spezzato” del Dirigente Cardiologo Vincenzo Morrone ( Ospedale SS. Annunziata Taranto). Nicola Baldi, cardiologo già Primario al reparto di Cardiologia Ospedale ss. Annunziata) fungerà da moderatore. E’ nell’uso di un linguaggio comune quello di citare il sostantivo crepacuore per spiegare una grave afflizione e una sofferenza morale angosciosa. Una citazione, a tal riguardo, si può prendere da Ugo Foscolo: “Mentre partivano, io li guardavo stretto da un crepacuore mortale”. Si dice morire di crepacuore quando si vive un’intensa emozione, in genere un avvenimento doloroso come, per esempio, un lutto, una grande paura o spavento, ma anche un avvenimento lieto come situazioni di grande gioia immediata. Il denominatore comune è la possibilità che il cuore subisca uno shock intenso con conseguenze di gravità variabile. Il concetto è che in alcune circostanze lo stress sul sistema nervoso è così forte da interessare il cuore. Questo coinvolgimento può realizzare 
la cardiomiopatia acuta da stress o cardiomiopatia Tako-Tsubo o sindrome del cuore spezzato. Si tratta di una condizione cardiaca nella quale si realizza una paralisi, uno stordimento di parte del miocardio con la realizzazione di un’anomalia della forma del cuore, che simula la forma dell’ “octopus trap” dei pescatori giapponesi, un oggetto trappola per la pesca dei polpi. Alla base di tale sindrome c’è un elemento scatenante che può essere uno stress psichico o fisico. Eventi scatenanti possibili di una sintomatologia del cuore spezzato sono: un lutto familiare, un evento familiare, una paura, uno spavento, un’emozione di gioia, un esercizio fisico inusuale, una malattia, un intervento. Quante volte inoltre raccontando qualcosa di drammatico abbiamo concluso: “Sono morto di paura”. Che cosa c’e’ di vero in questa affermazione? Si puo’ davvero morire di paura?
Di fronte alla paura la persona si trova dinanzi ad un bivio, combattere o scappare,“fight o flight “ degli autori anglosassoni. Quale che sia la scelta, il cervello è determinante per la liberazione nel sangue di un ormone detto adrenalina che stimola il cuore a battere più forte e più veloce. E’ insomma una sorta di preparazione alla battaglia che si sta profilando. La paura in sostanza mette in atto dei meccanismi che ci permettono di difenderci dal nemico.
Può capitare però che la paura sia troppo grande e il muscolo cardiaco possa non riuscire a far fronte alla richiesta di ossigeno finendo per paralizzarsi parzialmente o addirittura per smettere di battere. Tutto questo può succedere a chiunque. Il sesso femminile nel post-menopausa, tra i 58 e 75 anni, fumatrici, obesità, con ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia è il più colpito.

La caratteristica è però :
1)l’assenza di una malattia ostruttiva coronarica
2)La presenza di anomalie tipiche del movimento del ventricolo sinistro
3)La presenza di alterazioni elettrocardiografiche che simulano quelle di un infarto
4)Il recupero in genere entro un mese
Anche la sintomatologia simula quella di un attacco cardiaco / infarto del miocardio: dolore toracico e dispnea(cioè sensazione penosa del proprio respiro volgarmente detta mancanza d’aria o affanno) sono i sintomi più comuni.
In genere il quadro clinico della cardiomiopatia acuta da stress migliora nel giro di qualche giorno e il cuore recupera la sua funzione totalmente nel giro di un mese mentre all’esame contrastografico delle coronarie, non si evidenziano lesioni coronariche ostruttive riscontrabili invece nel paziente con un infarto in corso. Ricordiamo che l’infarto del miocardio è la necrosi di parte di tessuto miocardico per opera di un’occlusione con trombo di una coronaria (vaso che irrora il muscolo cardiaco). In questo caso la tempestività del ricorso del paziente al 118 fa si che si possa. Arrivare precocemente alla disostruzione della coronaria interessata con una Angioplastica coronarica; tale procedura è effettuabile in emodinamica, una sezione del reparto di cardiologia dotata di operatori con competenza specifica.
Il tempo è muscolo ed è importante arrivare in ospedale entro un’ora (The golden hour degli autori anglosassoni) dall’esordio del dolore toracico perche’ entro questo intervallo si ha la maggiore probabilità di recuperare tessuto miocardico vitale. Quali sono i fattori di rischio invece per un infarto del miocardio?
I principali sono: Ipertensione arteriosa, diabete mellito, obesità, ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo, assunzione di anticoncezionali, sesso maschile, età avanzata, predisposizione genetica.
Obiettivo primario cui il sistema sanitario nazionale e la collettività devono tendere è quindi la prevenzione dell’infarto attraverso la rimozione o il trattamento dei fattori di rischio removibili.

Michele Santoro
Da Sintesi Relazione
Dott. Vincenzo Morrone

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