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lunedì 26 ottobre 2015

CIA: TUTELARE FILIERA CARNI BOVINE CON MARCHIO LUCANO

Prima che la lista Oms (Organizzazione Mondiale della Salute) delle carni cancerogene provochi nuovo allarmismo tra i consumatori, è necessario ricordare l’impegno dei nostri allevatori zootecnici che hanno sempre lavorato per la qualità e la tracciabilità e rilanciare il progetto di marchio lucano delle carni rosse. Lo afferma la Cia in una nota a firma di Luciano Sileo dell’Ufficio Zootecnico. Non si può dimenticare il conto “salatissimo” che il Paese ha già pagato per colpa degli allarmi alimentari veri o presunti degli ultimi dieci anni: tra “mucca pazza”, aviaria e “batterio killer” il bilancio dei danni della “paura a tavola” supera la cifra record di 5 miliardi di euro. Per questo in tema di marchio delle carni lucane bisogna fare più in fretta perché è la strada di maggiore garanzia per consumatori e contestualmente per gli allevatori. E se da tempo carne podolica e Agnello delle dolomiti lucane rappresentano le eccellenze capaci di fare da volano all’intero comparto zootecnico lucano l’unica soluzione strutturale in grado di assicurare la trasparenza negli scambi commerciali e la tutela di consumatori e produttori dal rischio frodi è l’estensione dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza di tutti gli alimenti, a partire dalla materia prima utilizzata. Alcuni dati a conferma della rilevanza della filiera carne in Basilicata: gli stabilimenti di macellazione di carne bovina autorizzati ammontano ad oltre 50, di cui una decina con riconoscimento CE e circa 40 a capacità limitata, sebbene, negli ultimi anni si sia assistito, da una parte, a una lieve contrazione del numero di macelli bovini e, dall’altra, all’incremento progressivo del numero di macelli con riconoscimento CE. I capi macellati sono circa 15mila l’anno. Il dato per provincia sulla densità delle imprese di macellazione per abitante attesta, nel potentino, uno stabilimento ogni 10.164 abitanti contro i 15.677 della provincia di Matera. Nel triennio 2007-2010 (ISTAT) si evidenzia una contrazione del 20% nel numero dei capi bovini macellati rappresentati, più di frequente, dalla categoria del vitellone di età compresa tra i 14 ed i 24 mesi con un peso vivo medio di 4,27 quintali ed una resa media alla macellazione del 55,5%. La vendita della carne segue prevalentemente il canale delle macellerie (oltre l’80%) e dei commercianti del settore (19%) che, ad un prezzo sostanzialmente basso, acquistano per rivendere alle principali aziende di trasformazione dopo lo svolgimento delle operazioni di lavorazione. Per quanto riguarda il valore aggiunto della produzione a prezzi correnti, i dati forniti dall’annuario ISTAT per il 2010 indicano, complessivamente, un valore della produzione di carne bovina pari a 37,646 milioni di euro. Inoltre, le aziende che allevano bovini Podolici in purezza rappresentano all’incirca il 21,36% degli allevamenti da carne lucani - 423 allevamenti, di cui 331 nella provincia di Potenza (ANABIC 2012) che si aggiungono ai 60 allevamenti specializzati in altre razze da carne (Limousine, Charollaise, Chianina, Marchigiana, Romagnola). Per il dirigente della Cia, Luciano Sileo, “tracciabilità, benessere animale, etichettatura chiara, rispetto dell’ambiente e sicurezza alimentare, principi ispiratori del marchio, sono essenziali. Dunque insistere sulla qualità, i controlli sull’intera filiera allevamenti-mattatoi-macellerie-aziende di trasformazione-supermercati rappresenta una garanzia in più per i consumatori e un vantaggio in più per gli allevatori che spuntano ancora prezzi bassi rispetto ai costi sempre crescenti in stalla. La Cia ribadisce infine l’attualità di un Piano regionale per il comparto zootecnico e di un programma di consolidamento e rilancio del sistema agroalimentare e industriale legato alle produzioni locali tipiche e di qualità. Gli allevatori lucani vivono un momento di grande difficoltà. I prezzi del bestiame alla stalla sono sempre in discesa –conclude Sileo- mentre i costi onerosi creano ostacoli e problemi alla gestione delle imprese e il consumo di carne fresca è in calo. Dunque una situazione complessa che richiede interventi e azioni efficaci nel nuovo Psr 2014-2020”.

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