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sabato 25 gennaio 2014

SCHEDE BRUNDIBÁR

La prima stesura dell’opera fu redatta da Hans Krása su versi di Adolf Hoffmeister nel 1938 in occasione dell’apertura dell’Orfanotrofio ebraico di Praga. Nel 1939 Krása presentò l’operina a un concorso bandito dal Ministero dell’Educazione e della Cultura della Cecoslovacchia ma l’occupazione tedesca ne rese impossibile lo svolgimento. Dopo la deportazione a Theresienstadt Krása, che della prima stesura aveva conservato la parte del coro e la partitura pianistica, la orchestrò nuovamente. La prima esecuzione ebbe luogo il 23 settembre 1943 a Theresienstadt e replicata ben 55 volte in pochi mesi, talora con il semplice accompagnamento di un harmonium. Tuttavia l’operina fu egualmente eseguita nel dicembre 1941 presso l’orfanotrofio ebraico di Praga, con l’accompagnamento musicale di soli 3 musicisti. Brundibár ebbe un ruolo rilevante sia nel corso di un’ispezione compiuta a Theresienstadt il 23 giugno 1944 dalla Croce Rossa Internazionale che durante le riprese del cortometraggio Il Führer dona una città agli Ebrei, voluto dal Ministro della Propaganda del Reich Joseph Goebbels.
Decimati da inedia, malattie infettive, trasferiti nelle camere a gas di Auschwitz-Birkenau insieme alle loro madri, dei 15.000 bambini deportati a Theresienstadt se ne salvarono poche centinaia.Brundibár è un’operina per ragazzi e orchestra di 18 strumentisti, divisa in 2 atti e 16 scene. Essa narra di Pepicek e Aninka, due ragazzi orfani di padre che hanno bisogno di denaro per comprare del latte alla loro mamma gravemente malata. Pertanto decidono di esibirsi in canti e danze come un burbero strimpellatore d’organetto chiamato Brundibár il quale, irritato per l’indebita intrusione, scaccia i due fratellini dalla piazza, frustrando il loro generoso e ingenuo tentativo. Ma in loro aiuto arrivano tre amici animali: un passerotto, un gatto e un cane che insieme ai ragazzi mettono a punto un piano per sconfiggere Brundibár e guadagnare i soldi necessari a curare la mamma. La mattina seguente gli animali svegliano i due fratellini e chiedono man forte agli scolari del paese. Tutti insieme riusciranno a scacciare Brundibár dalla piazza e intonare una dolce canzoncina, così da convogliare nel cappellino di Pepicek le offerte dei passanti. Ma il cattivo Brundibár, non rassegnato, strappa il denaro dalle mani dei ragazzi e si dà alla fuga ma viene raggiunto e sconfitto dai fratellini e dai loro amici, i quali suggellano la vittoria sulla malvagità con un canto.

 La versione di Theresienstadt, oltre a presentare numerose differenze strumentali e di tonalità con la versione di Praga nonchè con la partitura pianistica, registra la mancanza di 2 episodi, la Canzoncina del capitano Novak (inserita nella scena 8 del primo atto) e l’episodio strumentale dell’inseguimento a Brundibàr (inserita tra la scena 6 e 8 del secondo atto), l’ultimo dei quali assolutamente necessario all’intelleggibilità dell’intreccio dell’opera. Brundibár non è soltanto una bella favola per ragazzi; essa contiene un drammatico messaggio e un’intensa simbologia nella quale l’iniziale senso di impotenza si tramuta nel riscatto finale. Nonostante le inevitabili interpretazioni letterarie che portano nel corso dell’opera a identificare il cattivo Brundibár con il Reich e i ragazzi dell’operina con il popolo ebraico, l’opera va pienamente inserita nel contesto minimalista borghese dell’Europa centrale laddove è ben nota la figura del suonatore d’organetto tronfio e arrogante (generalmente accompagnato dal giovanotto che gli suona la fisarmonica) che tende a esercitare il controllo sul suo “territorio” (la piazzetta centrale del paese con la scuola, i venditori ambulanti, i passanti, ecc.). Allo stesso tempo, il confronto-scontro dialettico tra Brundibár e i due fratellini non è immune da un clichè anche cinematografico dell’epoca interamente consumato nel contesto ebraico di cultura askenazita, che vedevano sovente musicisti di strada sfidarsi letteralmente a duelli musicali, il più delle volte con riappacificamento finale in nome della musica e della comune identità ebraica.
Theresienstadt
Theresienstadt (oggi Terezìn) era in origine un complesso militare fortificato a forma di stella, distante circa km 60 a nord di Praga; essa fu costruita da ingegneri militari italiani dal 1780 al 1790 per volontà dell’Imperatore Giuseppe II in memoria di sua madre, l’imperatrice Maria Teresa d'Austria, e a difesa del territorio asburgico. Verso il 1880 fu abbandonata dalla guarnigione militare e abitata da civili. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu scelta da Reinard Heydrich e Adolf Eichmann (capo della Sezione IV della Gestapo) quale Campo di transito per la deportazione di Ebrei cecoslovacchi e in seguito di Ebrei provenienti da Germania, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Ungheria e Slovacchia. Isolata da filo spinato e circondata da un fossato nel quale confluivano le acque dei fiumi Làbe e Ohre, Theresienstadt era organizzata in costruzioni di mattone e celle sotterranee. A breve distanza da Theresienstadt sorgeva la Piccola Fortezza, costruzione fortificata che nel giugno 1940 servì come alloggio per ufficiali SS e prigione della Gestapo di Praga per detenuti politici. Comandata da Heinrich Joeckel, la Piccola Fortezza fu inizialmente adibita alla detenzione per soli uomini (nel 1942 la detenzione venne estesa alle donne); tra il 1940 e il 1945 vi furono imprigionati 27.000 uomini e 5.000 donne. Il 24.11.1941 iniziarono le deportazioni verso Theresienstadt; costruita per 7.000 persone, giunse ad ospitarne anche 60.000. Dei circa 140.000 Ebrei ivi detenuti (15.000 bambini, 1.600 sopravvissuti dei quali 150 in condizioni fisiche normali), 87.000 furono trasferiti verso i Campi di sterminio, 33.000 perirono per malattia o inedia; circa 20.000 sopravvissero. A Theresienstadt furono altresì deportati Ebrei veterani e invalidi di guerra che avevano combattuto nell’esercito prussiano durante la 1a Guerra Mondiale, oltre che rinomati intellettuali e artisti ebrei provenienti soprattutto da Praga, Brno e Vienna; molti di loro musicisti. I deportati, alloggiati in baracche e pavillons, inizialmente convissero con la popolazione civile (circa 3.700 persone); quest’ultima fu costretta, nel luglio 1942, a stabilirsi altrove. Theresienstadt assunse per il regime nazionalsocialista tedesco la triplice funzione di Campo di transito, sterminio e propaganda, presentandola al consesso internazionale come Ghetto-modello nel quale gli Ebrei non venissero considerati prigionieri, bensì ospiti di una piccola città autogestita da uno Judenrat nella quale si potesse vivere in condizioni dignitose, con un’attività lavorativa e una propria moneta.
Le autorità tedesche del Campo stimolarono i deportati ad organizzare attività ricreative e di aggregazione sociale costituendo la Freizeitgestaltung (Amministrazione per le Attività nel Tempo Libero). A tal proposito, fu autorizzata una visita della Croce Rossa Internazionale che, allarmata da voci di uccisioni di massa perpetrate in Europa orientale, chiese e ottenne di poter visitare un Campo per verificarne le condizioni igienico-umanitarie. Il 23 giugno 1944 gli ispettori della Croce Rossa visitarono una parte di Theresienstadt, accuratamente rimessa a nuovo nei mesi precedenti la visita (prigionieri, infermi e invalidi furono accuratamente nascosti e obbligati a non farsi vedere). In tale occasione, fu realizzato un cortometraggio di propaganda intitolato Der Führer schenkt den Juden eine Stadt (Il Führer dona una città agli Ebrei); la regia del film fu affidata a Kurt Gerron, anch’egli internato a Theresienstadt. Sovraffollamento degli alloggi, malnutrizione e mancanza d’igiene favorirono il diffondersi di scabbia, dissenteria e tifo. Inoltre, quasi ogni settimana numerosi deportati, scelti dallo Judenrat in base a precise disposizioni del comandante SS Karl Rahm, venivano trasferiti su convogli ferroviari per i Campi di sterminio. A Theresienstadt si svolsero numerose attività: insegnamento scolastico fondamentale integrato da attività poetica e pittorica, una prolifica artigianeria (gioielleria, sartoria, ceramica, ecc.), attività bibliotecaria, studi talmudici e un Cafè con musica d’intrattenimento, teatro, cabaret, concerti di musica sinfonica e da camera (grazie anche a un discreto numero di strumenti musicali, giunti clandestinamente attraverso i convogli di deportati e un pianoforte presente nel pavillon del Magdeburgo), concerti jazz, uno Studio für Neue Musik che tenne prime esecuzioni di numerose opere contemporanee composte prima della Guerra (la maggior parte delle quali appartenenti alla cosiddetta Entartete Musik), numerosi allestimenti di opere (G.B. Pergolesi, W.A. Mozart, B. Smetana, ecc.), oratorii, tra i quali va ricordato il Requiem di G. Verdi diretto da Rafael Schächter e la creazione di una vasta letteratura musicale ad opera dei tanti musicisti deportati. La maggior parte dei musicisti di Theresienstadt fu trasferita ad Auschwitz il 16 ottobre 1944; quasi nessuno sopravvisse. L’ultimo convoglio da Theresienstadt per Auschwitz partì nel novembre 1944; le autorità tedesche del Campo progettarono l’estinzione dei rimanenti detenuti nei forni crematori in via di costruzione alla periferia della città, mai ultimati poiché l’8 maggio 1945 la città fu liberata dalle truppe sovietiche. A Theresienstadt ci fu una autentica esplosione di creatività musicale capace di toccare vertici artistici irragiungibili; essa può a ragione essere considerata, nel contesto dei tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale, l’ultimo baluardo della cultura mitteleuropea. Come ebbe a scrivere Viktor Ullmann, a Theresienstadt la creatività artistica venne a rappresentare una sorta di strenua resistenza spirituale. Una generazione di musicisti, strumentisti (i pianisti Juliette Aranyi e Bernard Kaff, il violinista Egon Ledec, il direttore d’orchestra Rafael Schächter) e compositori (Gideon Klein, Pavel Haas, Hans Krása, Zigmund Schul, James Simon, Viktor Ullmann, ecc.) sulla via della celebrità internazionale e pienamente inseriti nel tessuto culturale artistico dell’Europa a cavallo delle due Guerre Mondiali, fu drasticamente e tragicamente eliminata.
Alcuni tra i musicisti sopravvissuti (i direttori d’orchestra Karel Ancerl, Robert Brock, Rudolf Freudenfeld e Leo Pappenheim, i cantanti Karel Berman e David Grünfeld, i compositori Peter Deutsch e Karel Reiner, il violinista Karel Fröhlich, le pianiste Edith Steiner-Kraus e Alice Herz-Sommer, il violista Pavel Kling, la clavicembalista Zuzana Ruzickova, ecc.) continuarono a risiedere in Cecoslovacchia, altri si trasferirono negli USA o in Israele intraprendendo una brillante carriera internazionale. I musicisti del 17 ottobre
Theresienstadt era una ex città militare, una Cecchignola asburgica abbandonata nel 1918; Gavrilov Princip, che sparò all’arciduca d’Austria, marcì nelle sue galere.
Nell’aprile 1944, il cantante Karel Berman chiese al compositore ceco Pavel Haas (entrambi deportati a Theresienstadt) di scrivere qualcosa per lui che fosse originale ed eseguibile con un pianoforte. Naturalmente in lingua ceca; da 2 anni le autorità tedesche d’occupazione a Theresienstadt avevano interdetto ai musicisti cechi di comporre in lingua madre; troppi messaggi cifrati e citazioni di inni nazionalistici, in lingua tedesca si controllava meglio.
Ma in pieno 1944 molte disposizioni decaddero sotto gli occhi indulgenti delle SS; la Guerra andava male (per il Terzo Reich), c’era ben altro da preoccuparsi. Haas si mise all’opera e nella piccola biblioteca di Theresienstadt trovò un libretto di poesie cinesi tradotte in ceco da Bohumil Mathesius; nacquero i 4 Lieder su testi di poemi cinesi. Berman se li studiò in poche settimane e li eseguì il 22 giugno 1944 (al pianoforte, Rafael Schächter) nel Municipio di Theresienstadt dinanzi a un pubblico plaudente.
Già, il pubblico dei concerti di Theresienstadt. In quella stessa sala, pochi mesi prima, il violinista Karel Fröhlich suonava in concerto finchè a pochi minuti dalla fine arrivò la soffiata: il suo pubblico era sulla lista di coloro che sarebbero partiti la mattina dopo per l’Est, eufemismo in luogo del quasi impronunciabile Auschwitz (Primo Levi era convinto di esser arrivato ad Austerlitz…). Fröhlich, la notte stessa, scriverà: “ho suonato per un pubblico di morti. Per coloro che sopravviveranno, forse tutto ciò avrà un senso”.
Pavel Haas fu fatto salire il 16 ottobre 1944 su un treno assieme a tutti i musicisti di Theresienstadt. 

Il convoglio partiva dal binario tronco del Campo, cambiava stradaggio a Litomerice e arrivava allo smisto ferroviario di Auschwitz; chi proveniva da Theresienstadt era quasi certamente destinato al Trattamento Speciale, altro eufemismo in luogo della morte per gasazione. Viktor Ullmann compose a Theresienstadt Der Kaiser von Atlantis, amara e radicale allegoria sulla natura del nazifascismo. In procinto di essere allestita presso la Sokolhaus di Theresienstadt, l’autorità tedesca interruppe l’allestimento dato che trovava il personaggio principale dell’opera (lo sgradevole e maniacale Kaiser Überall) fortemente simile a Hitler. Ullmann voleva portare con sé la partitura del suo Kaiser; dovettero con la forza farlo desistere e convincerlo a nasconderla. Saggia idea; ad Auschwitz gliela avrebbero immediatamente strappata dalle mani, prima della dignità e della vita. Berman si salvò per miracolo; arrivato ad Auschwitz dirà al dottor Mengele d’essere operaio. Il cantante Luc Weissenstein, sceso prima di lui, disse la verità e finì al Trattamento Speciale. 17 ottobre 1944: in quello stesso giorno Pavel Haas, Viktor Ullmann (entrambi avanguardia storica delle scuole di Hàba e Schoenberg), Bernard Kaff, Hans Kràsa, Viktor Kohn, Egon Ledec, Rafael Schächter, James Simon, Carlo Sigmund Taube morivano nelle camere a gas di Auschwitz. È una data tristemente epocale per la cultura, la civiltà e l’arte mitteleuropea. In poche ore scomparve una intera generazione di musicisti, compositori, celebri virtuosi della tastiera, quinta colonna di tutta l’intelligentsia ebraica dell’Europa centro-orientale e che contava tra le proprie file rinomati intellettuali come Jakob Edelstein, filosofi come Hans Günther Adler, rabbini come Leo Baeck, artisti del teatro e dello spettacolo come Kurt Gerron, Frantisek Zelenka e Gustav Schorsch. Chi scampò a quel famigerato convoglio trovò ugualmente la morte per dissenteria (l’anziano Rudolf Karel, già allievo di Antonin Dvorak), tifo (il giovane e promettente musicista tedesco Zikmund Schul) o addirittura scomparve divorato dalle miniere slesiane della Fürstengrube (il pianista e compositore Gideon Klein).
Uno spaventoso buco generazionale del quale solo oggi l’intellettualità sta prendendo coscienza. Pagine come le Sonate per pianoforte di Ullmann e Gideon Klein sono ai vertici del linguaggio musicale. Non si può prescindere da questi 2 compositori nell’analisi tecnica ed estetica della Sonata e della scrittura pianistica contemporanea che troverà i più alti vertici nella Sonata n.2 di Pierre Boulez, la Concord Sonata di Charles Ives, la Sonata di Henry Dutilleux e gli Studi di Giorgy Ligeti. Il Trio di Gideon Klein e i suoi brevi pezzi per quarto e sesto di tono sono pagine di confronto nella sperimentazione pura degli strumenti ad arco aperta da Hàba e la Passacaglia e Fuga per quartetto d’archi di Hans Kràsa offrono un esempio di modernità di strumentazione. I Madrigali di G. Klein sono pagine difficili, introspettive, che esigono una emissione particolare della voce. Lo Studio per orchestra d’archi di Pavel Haas è oggi considerato una delle pagine più difficili del repertorio orchestrale, autentico cavallo di battaglia delle più rinomate orchestre sinfoniche. Qualcuno tornerà a farsi le solite domande: cosa sarebbe stata la Storia della Musica se questi musicisti fossero sopravvissuti?
Stessa domanda del tipo che cosa sarebbe stata l’Umanità se la biblioteca di Alessandria non fosse stata bruciata; con la tragica variante di grandi cervelli umani al posto di libri e papiri. Hans Krása Hans Johann Karl Krása nacque il 30 novembre 1899 a Praga in una famiglia di Ebrei germanofoni, largamente assimilati. A Praga studiò con Alexandr Zemlinsky e Gerhard von Keussler. Zemlinsky stesso diresse nel 1921 la prima esecuzione dei suoi 4 Orchester-Lieder op.1 su versi di Christian Morgenstern (Galgen-Lieder). Divenne direttore d’orchestra assistente al Nuovo Teatro Tedesco nel 1919. Nel 1926 la sua Sinfonia per piccola orchestra (testo di A. Rimbaud tradotto da M. Brod per contralto nell’ultimo movimento) fu scelta per rappresentare la Cecoslovacchia al Festival della Internationale Gesellschaft für neue Musik di Zurigo. A novembre del medesimo anno Sergei Koussevitsky eseguì la sua Sinfonia con la Boston Symphony Orchestra. Nel 1932 Krása compose la Cantata Die Erde ist des Herrn nonchè terminò l’opera Verlobung in Traum (su testi di Dostojevski) la quale ricevette il premio di Stato nel 1933 e fu rappresentata al Teatro Tedesco di Praga sotto la direzione di George Szell. Divenne amico di Emil Frantisek Burian, esponente principale del Teatro d’avanguardia. Nel circolo di Burian conobbe il pianista e direttore d’orchestra Rafael Schächter, il compositore Karel Reiner e lo scrittore e caricaturista Adolf Hoffmeister per il quale scrisse le musiche per un suo testo, Mladi ve hre (della quale rimane famosa la cosiddetta Canzone di Anna). Dopo un breve periodo di attività all’Opera di Berlino, Hans Krása si recò a Parigi a perfezionarsi con Albert Roussel. Tornò a Praga nel 1928 dedicandosi alla direzione d’orchestra e alla composizione. Il suo linguaggio musicale, inizialmente caratterizzato da ironia e senso grottesco dell’invenzione strumentale sulla scorta della avanguardia musicale francese del Gruppo dei Sei, fu fortemente influenzato dall’estetica mahleriana mantenendosi sostanzialmente nelle strutture formali neoclassiche. Nel 1932 fu direttore d’orchestra al Mozart Festival di Parigi. A seguito dell’occupazione tedesca della Cecoslovacchia, la vita artistica di Krása venne gradualmente circoscritta alle performance musicali presso l’orfanotrofio ebraico di Praga, laddove operava la maggior parte degli artisti antifascisti della città. Arrestato nel 1941 dalle autorità tedesche d’occupazione, il 10 agosto 1942 fu deportato a Theresienstadt, dove continuò a comporre; la sua operina Brundibár, ricostruita a Theresienstadt per un diverso organico, fu eseguita sino a 55 volte. Tra le altre opere composte a Theresienstadt, 3 Lieder per baritono, clarinetto, viola e violoncello su versi di Rimbaud tradotti da V. Nezval (interpretati tra il 1943 e il 1944 da Walter Windholz), Tanz e Passacaglia und Fuge per trio d’archi (eseguiti da Karel Fröhlich, Romuald Süssmann e Fred Mark) e una Ouverture per piccola orchestra con pianoforte. Inoltre Ricostruì il suo Thema mit Variationen. Condotto ad Auschwitz il 16 ottobre 1944, presumibilmente il giorno dopo morì nella camera a gas.

Taranto, 19 gennaio 2014
Ufficio Stampa Orchestra ICO della Magna grecia
Marco Amatimaggio 

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