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giovedì 7 giugno 2012

Capitale corrotta, nazione infetta. Pertusillo inquinato, Regione infetta

Dichiarazione di Maurizio Bolognetti, Segretario Radicali Lucani e Diurezione radicali Italiani
Per la Procura della Repubblica di Potenza, almeno in sede di udienza preliminare, l’aver diffuso dati dell’Arpab sul lago del Pertusillo - dati che dovevano essere pubblici, ma che in realtà non erano mai stati divulgati e pubblicati - è un reato. Il Pm dice che ci fu rivelazione di segreto e il Gup ne accoglie la tesi. A poco è servito citare - come ha fatto il mio avvocato - l’art. 5 comma c della Convenzione di Aarhus dove si afferma che “in caso di minaccia imminente per la salute umana o per l’ambiente, imputabile ad attività umane o dovuta cause naturali siano diffuse immediatamente e senza indugio tutte le informazioni in possesso delle autorità pubbliche che consentano a chiunque possa esserne colpito di adottare le misure atte a prevenire o limitare i danni derivanti da tale minaccia”. Ma in questa vicenda che vive di paradossi, iniziata con inconsistenti e gratuite accuse di allarmismo e procurato allarme, le situazioni che potremmo definire singolari non si contano. Nel decreto di perquisizione e sequestro, con il quale la Procura della Repubblica di Potenza ordinò a marzo 2010 la perquisizione della mia abitazione, il dottor Colella fa riferimento solo alla diga del Pertusillo. Davvero strano se consideriamo che fino ad allora, con puntualità, avevo posto la questione del decadimento della qualità delle acque parlando non di uno ma di tre invasi: Montecotugno, Camastra e Pertusillo. Non basta: il Pm confonde la diffusione dei dati Arpab con le analisi commissionate dai Radicali. Eppure basterebbe leggere le ricevute della Biosan di Vasto, dove è con chiarezza indicato nome e cognome del committente. E se parliamo di paradossi non è paradossale, per non dire paranormale, che chi indaga venga sospeso e trasferito, mentre ad oggi non si ha notizia di un solo provvedimento a carico di chi non ha garantito un adeguato funzionamento della rete di depurazione? Non è paradossale che proprio mentre i “boatos” provenienti dalle stanze dell’Istituto Superiore di Sanità parlano di un invaso “indubitabilmente eutrofizzato”, chi si è fatto carico di denunciare l’inquinamento sia stato rinviato a giudizio? Si potrà ricordare, oggi più di ieri, che ad aprile del 2004 la Regione Basilicata affermava che era necessario indagare sulle ragioni che avevano determinato il passaggio di tutte le acque di invaso dalla categoria A2 alla categoria A3? Lo scrivono in un documento intitolato “Definizione dello stato conoscitivo dei corpi idrici per la redazione del piano regionale di tutela delle acque”. A guidare il gruppo di lavoro che redige il documento è l’ex direttore dell’Arpab Vincenzo Sigillito, all’epoca in forze al Dipartimento ambiente. Si potrà ricordare ad aprile 2012 il Cipe ha annunciato lo stanziamento di 32 milioni di euro per potenziare una rete di depurazione che con un eufemismo potremmo definire critica? Si potrà ricordare che il 4 agosto del 2011 emergeva un inquinamento delle acque di falda in prossimità del Centro Oli dell’Eni, con presenza di benzene, toluene, nickel, solfati e manganese? Pochi mesi fa abbiamo sollevato la questione dell’assenza dell’anagrafe dei siti da bonificare prevista dal decreto Ronchi nel 1997, in una regione dove nel 2000 venivano censiti 890 siti inquinati di cui la metà collegata alle attività di ricerca e estrazione idrocarburi. Cosa abbiamo fatto in questi anni? Quale è stata la nostra politica, se non quella tesa ad affermare ed onorare l’einaudiano diritto a poter conoscere per deliberare? E’ normale, mi chiedo, che chi ha mentito, chi non ha operato nell’interesse della collettività sieda ancora nei banchi di Via Anzio? E’ normale che coloro che hanno accusato vuoti di memoria sulla vicenda Fenice, continuino ad essere premiati con incarichi che prevedono stipendi a 5 zeri? Il metro di valutazione qual è? L’appartenenza alla cosca vincente di turno? La capacità di tacere? L’essere parenti o amici di qualche ex governatore campano protagonista di inchieste sull’emergenza rifiuti? Queste domande, sia chiaro, le rivolgo anche ad una opposizione troppo spesso consociativa e assente. Ho provato a raccontare i veleni industriali e politici della Lucania fenix avendo sempre in mente una frase di Marco Pannella: “La strage di legalità ha sempre per corollario, nella storia, la strage di popoli”. Come sempre sono passato dalle parole ai fatti, dalla teoria all’azione, mettendo in rete e divulgando documenti custoditi in polverosi cassetti. L’ho fatto perché sono convinto che la conoscenza non può essere uno strumento di controllo o peggio di ricatto, ma va diffusa e condivisa. Per me questa non è la storia di un’ora o di un giorno, ma di una vita. Prendo atto che dopo due anni e mezzo, non risulti una sola richiesta di rinvio a giudizio sui depuratori e su tutto il resto.

Cosa sta facendo la Procura della Repubblica di Lagonegro, che ha aperto un procedimento sull'inquinamento del Pertusillo? Che fine ha fatto l'indagine sull'inquinamento da percolato della diga di Senise? Potrei continuare, ma mi fermo per carità di patria e per il rispetto che ancora porto a questa Repubblica delle Banane, che qualcuno dice essere democratica.
Un’ ultima domanda vorrei rivolgerla alla Procura della Repubblica di Melfi.
Signor procuratore della Repubblica di Melfi, per caso si è accorto delle pubbliche dichiarazioni rilasciate dal sindaco di Lavello sul non funzionamento dell'impianto di biostabilizzazione di Venosa? Non vorrei, signor procuratore, eccellentissimo dottor Arminio, che le bellezze della terra che fu di Orazio vi abbiano distratto dai compiti istituzionali. Nelle parole del sindaco di Lavello Annale, io ho colto qualche notizia di reato. Certo nessuno si aspetta che ordiniate perquisizioni, ma almeno una convocazione per approfondire il tema sarebbe opportuna.

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