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sabato 17 gennaio 2015

CIA: DANNI INGENTI DA FITOFAPIE AGGRESSIVE

Mentre la giunta regionale lucana con un disegno di legge si occupa di disciplinare l'olivicoltura e tutelare gli ulivi secolari attraverso un costante monitoraggio fito-sanitario, la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori fa il punto sulle fitopatie aggressive, alcune anche nuove, che hanno falcidiato coltivazioni simbolo delle nostre produzioni di qualità. Le stime per difetto già parlano, in tutto il Paese, di circa 500 milioni di euro persi per la mancata produzione. 
Le castagne, come hanno segnalato i castanicoltori di Melfi e del Vulture, pagano il conto più salato, con una produzione ridotta al 20-30% di quella precedente, ma grossi contraccolpi si sono registrati anche per l’extravergine d’oliva, che da noi subisce perdite di produzione del 40%, il miele e gli agrumi. Probabilmente l’effetto dei mutamenti climatici e il tourbillon di materia vegetale che entra nel nostro Paese, potrebbero essere all’origine di un preoccupante prolificare di fitopatie molto aggressive che stanno interessando da tempo, ma più intensamente negli ultimi anni, le nostre più importanti produzioni agricole vegetali. Virus, funghi e insetti stanno attaccando pesantemente le nostre eccellenze della terra. Nel caso dell’olivo, quindi per l’olio, i problemi sono causati da una vecchia “cattiva conoscenza” degli olivicoltori: la famigerata mosca olearia che ha imperversato ovunque. Ma, in aggiunta a questa, ad esempio nell’area salentina, quest’anno si è dovuto fare i conti con la Xylella fastidiosa che non ha risparmiato circa il 50 per cento delle piante in produzione, con milioni di euro andati in fumo. Invece, per le castagne il cinipide è stato come “Attila” ed ha quasi azzerato le produzioni delle aree più vocate, generando un danno di oltre 200 milioni. Gli agrumi sono stati attaccati dalla Tristeza, che ha già “indebolito” oltre il 30 per cento delle piante per un danno stimato in circa 80 milioni di euro, con all’orizzonte l’incubo del possibile arrivo del Black spot. Molte api hanno perso la loro battaglia contro il terribile coleottero Aetina tumida e la flessione dei volumi del miele prodotto è stata una diretta conseguenza. Neanche i filari di vite italiani sono passati indenni da questo stillicidio e diversi viticoltori hanno battagliato con la Peronospera. Uno scenario allarmante. Per questo motivo secondo la Cia c'è bisogno di maggiore tempestività e di misure più importanti sul nostro territorio, perché parassiti e fitopatologie nuove, non trovando fattori naturali di contrasto, si sviluppano rapidamente con enormi danni economici agli agricoltori e pesanti ripercussioni su habitat e paesaggio agrario di vaste aree. Non solo. Le difficoltà di movimentazione delle produzioni stanno creando gravi danni anche alle produzioni florovivaistiche (la malattia colpisce anche alcune essenze da vivaio). In tale contesto, la Cia ritiene che sia giunto il momento per un'azione straordinaria sul fronte delle emergenze fitosanitarie, da affrontare in maniera organica a livello Ue e nazionale. Si tratta di agire su diversi piani, dal potenziamento della ricerca alla diffusione di tecniche di difesa adeguate, dal maggior controllo internazionale sugli scambi al miglioramento della capacità di intervento nelle fasi di emergenza, fino al potenziamento degli strumenti di risarcimento. La Cia, pertanto, chiede azioni più incisive tanto per la prevenzione quanto per i risarcimenti alle perdite di reddito subite dagli agricoltori. In tal senso, occorre mobilitare tutte le opportunità presenti nei Psr ancora in corso di spesa. Per questo impegno straordinario, inoltre, la Cia propone di rafforzare e rendere più tempestivi sia gli interventi in caso di crisi sia gli strumenti di gestione del rischio, come ad esempio quelli assicurativi e mutualistici prefigurati con la recente proposta di piano operativo nazionale. Per il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, le misure d’indennizzo previste per i danni prodotti siano fortemente inadeguate, così come gli strumenti di prevenzione. Le attuali soluzioni tecniche e agronomiche non sono in grado, al momento, di dare i risultati sperati. Ecco la ragione per cui la ricerca, in questo campo, andrebbe maggiormente incentivata visto che il problema va tutt’altro che sottovalutato.

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