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mercoledì 25 novembre 2009

Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne

Oggi 25 novembre ricorre la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne, giornata che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite istituì nel 1999, con la risoluzione 54/134, al fine di sensibilizzare governi, organizzazioni governative e non governative, società civile e mezzi di informazione su tale fenomeno.La data ricorda il massacro delle sorelle Mirabal durante il regime domenicano di Trujillo che accadde proprio il 25 novembre del 1960.Dopo la conferenza femminista dell’America Latina e dei Caraibi del 1981 e l’assunzione in sede Onu, la data del 25 novembre viene vissuta in tutto il mondo come occasione di lotta contro la violenza sulle donne, atto di violazione dei diritti umani, civili, sociali, fonte di separazione e segregazione.Quest’anno in particolare, nel nostro Paese, in ragione della pervasività di una cultura familista e separatista promossa dalle politiche del centro destra e da comportamenti retrivi di settori della società, la visione della donna e del suo ruolo, della partecipazione femminile alla società, dei differenziali sociali e delle politiche di parità, ha subito un uso strumentale e politicamente scorretto, ledendo troppo spesso la dignità delle donne.Per queste ragioni le donne della CGIL di Matera aderiscono alla Manifestazione Nazionale contro la violenza sulle donne organizzata per il 28 Novembre p.v. a Roma, in quanto ritengono fondamentale e necessario organizzare una forte risposta nei confronti di una cultura retrograda e mercificatoria della donna e del suo corpo, visione che ne viola i Diritti e le Libertà, determinando di riflesso politiche di esclusione sul fronte della partecipazione femminile alla vita sociale, al sistema produttivo, alle responsabilità genitoriali e familiari.Quello della violenza, è un problema drammatico che non può essere trattato come una questione di ordine pubblico, ma va affrontato nella sua dimensione culturale. In tal senso, la dilagante mercificazione del corpo della donna, la riproposizione di un modello di donna intesa come oggetto da utilizzare, da esibire, da ricompensare - naturalmente se bella e disponibile - alimenta proprio quegli stereotipi e quella condizione di svantaggio e discriminazione in cui la violenza, tutte le forme di violenza, affondano le loro radici. Anche la crisi può contribuire a determinare un arretramento culturale, sociale ed economico.Alle donne è stato rimproverato il silenzio, in realtà le parole delle donne sono troppo spesso ignorate dai grandi mezzi di comunicazione di massa. Più che uscire dal silenzio, le donne devono trovare il modo per farsi ascoltare su tutto quello che riguarda la condizione della donna: sui tassi di occupazione ( i più bassi in Europa), sulla precarietà che spesso è donna, sul tetto di cristallo che ancora rende difficile accedere alle posizioni di massima responsabilità, sul deficit di rappresentanza in Parlamento e nelle Istituzioni, sulla inadeguatezza del welfare che chiama le donne a un ruolo di supplenza. La violenza non è un destino per nessuna, non è un fatto privato, ma un problema grave che esige parola pubblica e parola di donne e uomini. Sensibilizzare, prevenire, tutelare, progettare sono i verbi che le donne devono scegliere per dire come l’azione pubblica debba rispondere a esigenze che riguardano la sfera dell’educazione, della formazione, della socialità, del diritto in modo da avere, insieme, l’ambizione di un nuovo disegno di convivenza.Costruire un nuovo modello di convivenza significa condividere i principi costituzionali e l’idea della libertà femminile che ha principio nell’inviolabilità dei nostri corpi: è il cammino che le donne italiane devono intraprendere insieme alle donne straniere, perché queste ultime possano esercitare a pieno i propri diritti di cittadinanza. Questa giornata deve servire ad affermare una cultura che tenga al centro la libertà femminile e la costruzione di un nuovo patto di convivenza tra i sessi.Non si può più tollerare il meccanismo perverso di questo Governo che vuole attentare all’autodeterminazione delle donne, attraverso ripetuti attacchi alla legge 194: anche questa è violenza poiché diffondere politiche antiabortiste, ostacolare l’utilizzo della pillola RU486, equivale a limitare la libertà di scelta delle donne, equivale a volere imporre una linea comportamentale che non tiene conto della coscienza femminile e della sua libertà a determinarsi sul tema delicato della maternità.Infine le politiche dei tagli nei servizi all’infanzia e alla non autosufficienza, nella scuola, nella ricerca, nelle università, nella sanità hanno colpito in primo luogo posti di lavoro femminili e distrutto aspettative di lavoro e di condizioni di vita per tutte e tutti.Anche questa è violenza sulle donne poiché si vuole limitare il ruolo della donna nella società civile imponendo un clichè antico secondo cui la donna è solo mamma e moglie, e non può avere altre aspettative di realizzazione della sua persona.Le donne devono difendere il loro diritto all’autonomia, alla realizzazione della loro persona, a non essere oggetto di violenza. Bisogna ribellarsi a soprusi e angherie, senza averne paura. E’ vero, la donna ha più confidenza col dolore e sa sopportarlo, esso è un compagno di vita tanto familiare che può diventare amico ma non bisogna cadere in questo perverso tranello che diventa un alibi con cui nascondere la violenza e impararci a convivere, quasi fosse normalità. Resistere al dolore, conviverci è una folle tentazione che può costare la vita. E NOI DOBBIAMO INVECE LOTTARE PER IL DIRITTO ALLA NOSTRA VITA ALLA PARI CON GLI UOMINI!!

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