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sabato 5 marzo 2011

Lo scoop a tutti i costi di Nino Grilli


A leggere alcuni commenti riportati da qualche quotidiano locale, tra cui alcuni che riguardano anche lo scrivente, appare evidente l’esistenza di giornalisti fin troppo innamorati dello scoop, più che della corretta informazione. Un tipo di informazione che si ciba di tante cose che non vengono nemmeno dette. Schierata magari in una informazione unidirezionale. Senza alcun criterio di equilibrio. Un copia e incolla penoso, insomma. Senza alcuna remora riguardo a diritti che vengono calpestati e danneggiati. Privilegiando arroganti opinioni di potere. Minimizzando eventuali ragioni di chi potrebbe essere vittima di questa arroganza. Danneggiando, emarginando e umiliando una delle parti in causa, per beceri motivi di “vendita” delle copie del quotidiano. Il rischio è, in questo momento storico, diventa di privilegiare quello che appare sempre più la “normalità dell’illegalità”. Almeno, si dovrebbe avere il pudore, di attendere un’autorevole giudizio che certo non appartiene ad un semplice quotidiano locale. Situazioni che appaiono privilegiare un sistema sempre più marcio che rischia, con il perseverare in simili giudizi, di non risparmiare più nessuno. Lo “sfruttamento” dello scoop giornalistico rischia di diventare veramente pericoloso. Ed è ben diverso dalla descrizione di fatti corroborati da fonti comprovate, piuttosto che da semplici ipotesi, ivi comprese quelle che parlano addirittura di reati. L’assoluta inerzia di fronte alla prevenzione, solo perché “non fa notizia” è un comportamento, dal punto di vista giornalistico, sfrontato e incosciente che esula dai principi di correttezza nel fare informazione. Forse perché parlare oggi di vicende umane, di vittime innocenti di un’ingiustizia, di uno strapotere, di un delitto non interessa più. Sono situazioni da minimizzare? Tanto così fan tutti? Perché preoccuparsi più di tanto? E’ più conveniente far prevalere la filosofia degli affari, sia economici che politici? Anche se, in tal modo, scompare il buon senso e anche il buon giornalismo? Ma tutto ciò non riduce l’informazione ad essere fagocitata da chi il potere politico ed economico ce l’ha? Non scompare la vera essenza, etica e morale, dell’informazione? Fino a che punto un giornalista dovrebbe privilegiare lo scoop a tutti i costi, rispetto ad una corretta maniera di fare giornalismo d’informazione? Mi rendo conto che non è una risposta facile! Per quel che mi riguarda non mi ha mai interessato fare giornalismo inseguendo lo scoop facile e di basso profilo. Prediligo, invece, i racconti di notizie documentate e riportate su atti ufficiali. Alcuni già noti, ma mai, a volte, inspiegabilmente pubblicati. Sono quei casi che non rientrano nel novero degli scoop, ma dell’informazione. Sono casi insoluti, a volte tragici, delle vicende umane. Soffocate da un certo potere. Occulto ed occultato. A danno della società. Da far emergere nella sua drammaticità. Per un senso di chiarezza nell’informazione. Per ristabilire una parità, una dignità per quelle vicende umane. Per contrastare quel senso che rischia di sovrastarci e trascinarci nella “normalità dell’illegalità”. Per non continuare a dire che ogni cosa è oramai prassi comune. Per evitare che si possa parlare di esaltazione, di vacui trionfalismi. Per cercare anche di comprendere che l’eventuale tragica conferma di fatti, ove dovesse rivelarsi tale, altro non è che una sconfitta di una certa società. Per tentare di isolare certi protagonisti di quel sistema che abbiamo definito marcio, da emarginare e che non possono impunemente confondersi con la larga parte di cittadini che compongono la società materana e lucana.

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