La storia delle ferrovie in Italia risale alla prima metà dell’Ottocento: un sistema di trasporto che è nato come esempio di avanguardia tecnologica nel panorama europeo, che ha contribuito ad unificare il Paese, a sviluppare industria e commercio e a consentire una formidabile mobilità alle persone. Oggi, le Ferrovie italiane sono sinonimo di disservizio, inefficienza, arretratezza, incapacità gestionale e arroganza. Cosa è successo nel frattempo? Un insieme di fattori esterni, situazioni storiche e politiche, mutamenti sociali e contingenze economiche, certo: ma, soprattutto, la solita storia, tutta italiana, fatta di amministrazione sconsiderata delle strutture pubbliche. Stavolta però è arrivato il momento di vederci chiaro.Centinaia di migliaia di pendolari, che si spostano ogni giorno per lavoro, sono costretti a viaggiare su treni affollati, sporchi, non del tutto sicuri, spesso in ritardo e pagando pure salato. Puntualmente ogni anno, con l’arrivo del maltempo, la rete ferroviaria subisce incredibili paralisi che causano disagi insostenibili agli utenti. Bastano pochi centimetri di neve, o piogge consistenti, o temperature rigide, per bloccare la circolazione dei treni: e spesso anche solo piccoli intoppi, come accaduto ieri alla stazione di Roma Termini, causano ritardi interminabili e soppressione di corse. Ma il nostro sistema di trasporto su rotaie soffre di carenze diffuse soprattutto al Meridione e nei piccoli centri, come linee ferroviarie ad un solo binario anche per parecchie decine di chilometri, carrozze vecchie di decenni, condizioni igieniche indegne, collegamenti sporadici e scomodi, tempi di percorrenza inaccettabili, biglietterie poco diffuse, standard di sicurezza pressoché inesistenti. In particolare, alcune Regioni sono servite da qualche treno regionale e un paio di ‘intercity’: questa è l’offerta a disposizione per i cittadini, per lo sviluppo dell’economia locale e in generale per collegare con il resto dell’Italia centri territoriali che restano, di fatto, isolati. Senza dimenticare gli incidenti che nel corso degli anni hanno causato centinaia di vittime, mentre si aspetta ancora che sia fatta luce sulle reali responsabilità degli amministratori della società, come nel recente caso della strage di Viareggio.
Eppure, il bilancio del Gruppo Ferrovie dello Stato è nettamente positivo. E peraltro la società opera in un sostanziale regime di monopolio, essendo da un lato l’unico operatore di servizio, e dall’altro anche l’azienda che gestisce in regime di concessione pubblica la rete ferroviaria. Se il Gruppo ha ricevuto lo scorso hanno 3,3 miliardi di euro di soldi pubblici dallo Stato e dalle Regioni e se ci sono milioni di utenti che ogni hanno pagano per usufruire del trasporto ferroviario, ma persiste ancora un generale disservizio di tali proporzioni, vuol dire che la misura è colma e bisogna intervenire senza indugi attraverso gli strumenti di indagine della nostra democrazia. Il management non va, è troppo pagato, si sottrae ad ogni forma di controllo e continua a prendere per il naso (eufemismo) gli utenti.
Per questo, ho presentato insieme ai miei colleghi dell’IdV una proposta di legge per istituire, come previsto dall’art. 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul servizio ferroviario nazionale, di fronte alla quale i vertici di Ferrovie dello Stato dovranno rispondere del loro operato: è ora di mettere fine ad una amministrazione irresponsabile di una risorsa strategica ed essenziale come il trasporto ferroviario, per restituire ai cittadini un servizio efficiente, moderno e all’altezza del nostro Paese.
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