Al netto delle analisi che ognuno di noi può fare sui risultati elettorali ed al netto del giudizio tutt’altro che positivo sul metodo utilizzato dal governatore De Filippo per la formazione del nuovo esecutivo regionale, il centro sinistra pisticcese ha, ora, il tempo necessario e l’obbligo morale e politico di rivalutare sé stesso, lasciandosi dietro le spalle le vecchie logiche auto – legittimanti, riaprendo un dialogo serrato, innovativo e costruttivo con la società civile pisticcese.
La crisi economica correlata ad una crisi della politica e della partecipazione democratica, obbliga i partiti del centro sinistra ad alcune riflessioni approfondite ed adeguate, sia nel merito del futuro programma di governo sia per ciò che concerne la messa in campo di una nuova classe dirigente che rappresenti discontinuità ed innovazione rispetto al passato.
Si può discutere e discordare sull’analisi del voto dell’appena trascorsa tornata elettorale; ma, obiettivamente, non si può e non si deve sottovalutare il dato, ormai forte, del pesante astensionismo che anche a Pisticci ha toccato picchi inimmaginabili.
Quel “rumoroso disappunto” manifestato silenziosamente dai cittadini che hanno scelto di non votare è il sintomo pericoloso di una disaffezione alla politica che deve impensierire soprattutto la classe dirigente del centro sinistra. Ci corre l’obbligo, dunque, di indagare a fondo sul perché una buona fetta dell’elettorato pisticcese diserta le urna per manifestare, di sicuro, una propria protesta, ma anche per lanciare un segnale preciso alla classe dirigente, ritenendola inadeguata, troppo arroccata nelle stanze di partito o di palazzo, troppo distante dalle problematiche quotidiane del cittadino.
Non basta (e tantomeno non serve) sostenere che il dato “astensionistico” sia legato al mal governo cittadino. Non basta giustificarlo come un episodio transitorio. Sarebbe come nascondere la testa sotto la sabbia! Il centro sinistra pisticcese, se vuole davvero proporsi quale alternativa credibile alla destra politica e culturale che ci mal governa, deve necessariamente partire da un mea culpa approfondito, ricercare in sé stesso le cause e trovare i rimedi da offrire al cittadino, per rendersi credibile e per potersi proporre nuovamente quale guida del futuro qui a Pisticci.
Occorre, d’ora innanzi, che tutti i partiti e tutte le sensibilità del centro sinistra assumano in pieno le proprie responsabilità, attraverso una mentalità politica e culturale nuova e moderna.
Sarà ancora una volta stucchevole rimpallare responsabilità; sarà improduttivo avanzare solo pretese sterili o accampare “imprimatur” dettati solo dai numeri. Un nuovo modello di alleanza per il governo si costruisce sulla base della pari dignità, dell’autonomia decisionale della classe dirigente locale, sulla condivisione di uomini, programmi e scelte strategiche. L’attuale modello di centro sinistra è, a mio modo di vedere, ormai inadeguato rispetto alle nuove sfide imposte dal paese e dal governo.
Mi tirerò addosso molti strali quando dico che ci meravigliamo che la Lega Nord aumenta i propri consensi, omettendo, però, di dire che solo la Lega Nord (almeno nel Settentrione del Paese) si degna ancora di “stare fra i cittadini”!
Ci scandalizziamo se la politica sempre più spesso ceda autonomia al mondo dell’impresa e dell’economia, ma non indaghiamo sul perché sia il centro sinistra stesso ed il Partito Democratico in particolare ad avallare tutto questo!
Ci esaltiamo di fronte al successo “vendoliano” in Puglia, senza però voler capire che la sinistra in quella Regione ha trovato motivazioni e stimoli per superare vecchi e laceranti divisioni, ponendosi quale credibile interlocutore della società civile!
Accreditiamo la sconfitta in Piemonte alle civiche di Grillo, ma nulla facciamo prima per capire il perché le civiche vengono create, non ci chiediamo il perché di un dissenso e non lavoriamo per colmarlo e superarlo! Per tutte queste ragioni, dicevo, ritengo il centro sinistra che oggi conosciamo inadeguato alle nuove sfide; per queste ragioni occorre una nuova cultura di fare alleanza. La discussione che mi auguro di avviare sarà, però, inutile se il maggior partito della coalizione continuerà ad auto – legittimarsi ed a ritenersi il “padrone del vapore”: occorre definitivamente mettere da parte l’idea consumata ed ormai fallimentare dell’autosufficienza di “veltroniana” memoria, aprendosi al dialogo ed al confronto con tutti; occorre, altresì, superare i personalismi e le antipatie che in politica ed in chi aspira ad essere forza di governo non possono esistere e non devono trovare albergo. Allo stesso modo, occorre che la sinistra pisticcese faccia un salto di qualità, capendo finalmente che deve venir fuori dalle vecchie logiche di divisione e di arroccamenti a difesa di obsoleti simboli. Nessuno vuole disconoscere la propria storia; nessuno vuole rinnegare il passato orgoglioso che ogni uomo di sinistra porta con se come ricco patrimonio di idee e di successi civili: tuttavia, sarà necessario ridisegnare il proprio “avvenire”, mettendo da parte orgoglio ed egoismi, per permettere alla sinistra di uscire da steccati di pura testimonianza ed ergersi a classe dirigente moderna. Non mi interessa partire dalla discussione su chi dovrà farsi carico di questo nuovo corso politico e culturale. Non mi appassionano più di tanto le sfide su chi dovrà personificare la nuova alleanza di centro sinistra a Pisticci. Mi interessa molto di più la condivisione, il dialogo e la franchezza: una comune idea di futuro da sottoporre al vaglio dell’elettore pisticcese. E’ certo, però, che se prendessimo esempio (senza, logicamente, scimmiottarlo) da quel virtuoso laboratorio politico e sociale che è diventata la Puglia grazie al lavoro di mediazione e di buon governo impressa a tutta l’alleanza dal governatore Nichi Vendola, sicuramente un primo significativo passo in avanti lo avremmo già fatto.
L’auspicio è che tutte le forze del centro sinistra pisticcese prendano coscienza dell’immensa responsabilità che hanno ed inizino un percorso faticoso ma esaltante per permettere al nostro territorio di uscire dall’immobilismo e dall’isolomento odierno e, soprattutto, di riassumere l’autonomia necessaria per riconquistare il proprio futuro da protagonisti.