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venerdì 5 luglio 2013

Uscire dalla marginalità attraverso la marginalità

La crisi economica ci ha mostrato in tutta la sua drammaticità quelle enormi crepe strutturali di sistema che l’ideologia di una gestione dei processi economici lasciati a supposte auto-regolamentazioni di un mercato comunque preda di posizioni dominanti e “bolle” speculative - tale quindi da prefigurarsi come jungla dei furbi – ha generato con effetti disastrosi anche nella realtà lucana, e che pure dovrebbero far riflettere in rapporto all’intreccio drammatico tra marginalità economica e mercato globale.
Fra tutte che un’economia territoriale marginale, lungi dal poter trattare in quelle condizioni di parità di posizione che si individuano principalmente nel meccanismo della formazione di un prezzo equo, una condizione resa impossibile da sperequazioni evidenti tra gli attori del mercato, o si accoda ai ritmi ed ai modi produttivi di un mercato esterno ed incontrollabile localmente, avendo possibilità di trovare dei margini economici nella sola contrazione dei diritti ed in una minore attenzione alla tutela ambientale, o deve individuare presto le sue vocazioni, quindi le priorità di intervento su cui concentrare le risorse e ristrutturare un ruolo pubblico nell’economia locale in grado di individuare i bisogni dello specifico del territorio, nelle attitudini della popolazione e nella realtà delle sue risorse materiali e immateriali.
In altri termini, una economia fragile e marginale come la nostra, dopo avere lungamente sbagliato la sua programmazione e le sue scelte strategiche in “industrialismi” di scarto ormai prossimi al termine, o subisce la crisi, attendendo eventi incontrollabili, o trova linee di sviluppo in grado di tradursi subito in occupazione, l’unica via d’uscita dalla crisi, nella magnificazione di ciò che possiede – un territorio abbastanza integro - nell’individuazione d’interventi in grado di esaltare proprio quell’integrità come volano di sviluppo per agricoltura e turismo ed i loro indotti micro-industriali, in primis la trasformazione del prodotto agri-zootecnico in ambiente produttivo diffuso e supportato da marchi territoriali garantiti dall’ente regione ed assistiti in marketing ed accesso ai mercati.
E quando si intende subito, ovviamente si fa riferimento a quella velocità di processo dell’investimento in agricoltura e micro-industria di trasformazione, eventi attivabili nel breve periodo, previa costruzione di una rete logistica e di condivisione dei saperi imperniata su una programmazione accorta ed una armonizzazione delle evidenti complessità in una rete consortile pubblico-privata.
Che l’investimento in agricoltura guidi poi anche l’investimento in turismo, ben oltre gli attrattori civici e paesaggistici forse poco in grado di competere nel loro insieme con altre realtà territoriali di maggiore sedimentazione storica e maggior attrezzatura infrastrutturale, è evidente dalla possibilità di “vendere” il prodotto Basilicata fatto di un territorio ancora poco noto, quindi nuovo nella relazione sensoriale che il turista-viaggiatore intrattiene con il “luogo”, nella inusuale dimensione di una cultura-tempo-spazio ed enogastronomia che rappresenta l’unica chance di avviare dei comparti occupazionali rilevanti nei tempi imposti dalla necessità di trovare risposte rapide al disagio dei lucani.
Ma occorre che si delineino senza fraintendimenti linee di intervento chiare che vadano nella direzione di esaltare al massimo quel “piccolo è bello”, investendo culturalmente proprio sulla marginalità che ci ha tenuti finora lontani certo dal benessere nel senso consumistico che comunemente gli si attribuisce ma anche lontani dal consumo del benessere che è nella liquefazione sociale che il consumismo negli ultimi 20 anni ha generato come costante dell’occidente liberista. Quindi occorre che si cambi marcia e che ci si avvii ad una stagione virtuosa dove le idee abbiano più spazio delle filiere di interessi.
A questo proposito nel nostro articolato programma abbiamo posto a caposaldo una “dichiarazione programmatica e statutaria dell’incontaminatezza del territorio come obiettivo prioritario…e ”agricoltura biologica-tradizionale come vocazione economica prevalente della regione Basilicata” che crediamo possano bene rappresentare una società lucana all’avanguardia nella riscrittura di processi sociali che mirino all’incontro sinergico tra uomo e territorio che altrove forse sono ormai impossibili a realizzarsi.
Uscire dalla marginalità economica attraverso l’uso sapiente della stessa marginalità implica che vi sia un netto salto culturale che a partire da noi stessi ci conduca a riconsiderarla come occasione in grado di fare “novità” in un panorama appiattito nell’omogeneità, più che come maledizione ineluttabile della storia e della geografia politica e sociale da portare come malattia cronica che tutto giustifica, persino le nostre classi dirigenti e gli innegabili errori strategici sin qui commessi.
Che la “differenza” sia quindi il brand su cui puntare in una stagione di riscrittura costituente del futuro di questa terra.


Miko Somma, segretario regionale di Comunità Lucana

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