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giovedì 25 luglio 2013

La realtà della crisi ha fatto emergere in questi anni praticamente in ogni parte del mondo interessata i nodi di quale sia l’organizzazione socio-economica

La realtà della crisi ha fatto emergere in questi anni praticamente in ogni parte del mondo interessata i nodi di quale sia l’organizzazione socio-economica, la sua struttura per intenderci, meglio rispondente ad una domanda di reddito individuale dei cittadini corrispondente all’accesso stesso alla vita sociale, e di quale sia la forma politica meglio rispondente a guidare dei processi economici e sociali che non è più pensabile vedano i cittadini come oggetti di consumo, ma piuttosto come soggetti attivi del cambio di paradigma produttivo e distributivo del reddito prodotto.In parole più povere, pensare che il PIL prodotto in un paese possa poi determinare le conseguenze immediate sul reddito disponibile che alcuni ventilano quando parlano di crescita, è concetto deprivato di realtà se a questa crescita non si accompagna la redistribuzione dello stesso reddito associata ad un’imposizione fiscale più progressiva e ad azioni volte a “liberare” una partecipazione economica del più ampio numero possibile di cittadini, sia a livello di intrapresa che di occupazione diretta e indiretta. Appare chiaro, o dovrebbe apparire tale, che o si interviene sulla struttura economica attraverso scelte coraggiose di politica economica di un segno nettamente inverso a quelle liberali finora perseguite sia dai governi di centro-destra, che di centrosinistra in tutta Europa, incentrando la guida delle economie e le scelte da operare sui bisogni sociali e non più sulla ragioneria bilancista a corredo di un’intrapresa finanziaria a profitti privati e perdite pubbliche che si gioca sui debiti pubblici, e così si necessita di una politica forte nei suoi contenuti, o si continua lungo vie di risanamento che nel mentre postulano status quo sostanziali del sistema finanziario a motivo delle emergenze di bilancio in assenza di crescita e di dogmi neo-liberal, possono contenere i dissensi tendendo a restringere la partecipazione dei cittadini alle elezioni, viste come incapaci di dare soluzioni di continuità, attraverso l’astensione, nel permanere di una politica debole e mantenuta tale dalle “larghe intese” che nel frattempo operano ristrutturazioni del paese che accentrano le scelte e diminuiscono la rappresentatività. Sono ovviamente queste considerazioni di carattere nazionale, ma le cui ricadute interesseranno per certo la nostra regione, rappresentando le nostre elezioni il comodo banco di prova di rapporti di forza esistenti nel Paese rischiando di condizionare i risultati con una polarizzazione che devia l’attenzione dalle problematiche locali per riportarle in un confronto di appartenenze giocato su scala nazionale. Il rischio è evidente, ma la speranza è che i cittadini lucani sappiano tenere ben distinti i due piani. Così per tornare all’ambito regionale che ci riguarda da vicino, ai problemi della nostra terra, che sono problemi di natura economica-programmatoria che recitano di una passività che tutto o quasi finora ha lasciato passare in nome di subalternità indicibili e complicità dolose ai danni dell’interesse pubblico, ma anche problemi di capacità di progetto e formazione delle classi dirigenti che sono sotto gli occhi di tutti in forma di un sistema mantenuto chiuso, non permeabile se non a clientele ed appartenenze alle filiere di potere, dove il progetto, se pure è esistito, affoga nella sopravvivenza delle stesse, qualcuno potrebbe essere tentato di rispondere ad una sin troppo prevedibile minore partecipazione al voto con i numeri stabili afferenti proprio a queste filiere, mantenendo inalterati quei rapporti di potere ed in un certo modo “sacrificando” un momento epocale di auspicabile e possibile cambiamento di obiettivi e di classi dirigenti sull’altare delle dinamiche nazionali. Tutto ciò non va bene poiché si fuggirebbero problemi e soluzioni in nome della sopravvivenza spiccia di chi non riesce ad immaginarsi fuori dall’aula del consiglio o della giunta regionale, in compagnia del circo variegato di sottogoverno, nell’aggravante di problematiche peculiari comodamente assorbite da argomenti non attinenti al nostro contesto e così eluse ad una soluzione condivisa e condivisibile. Problematiche che se da un lato sono quelle che da sempre denunciamo come un tentativo da parte di Stato centrale e lobbies di fare cassa sugli idrocarburi lucani attraverso i chiari aumenti estrattivi che è la Strategia Energetica Nazionale ad indicare chiaramente, proprio mentre si opera sull’art. 117 della Costituzione e sui progetti di accorpamento in macroregioni per spostare il baricentro decisionale alla competenza esclusiva statale e le residue potestà amministrative verso contesti territoriali (Campania o macro-regione Appula), dove il peso percentuale di 570.000 lucani sarebbe risibile, dall’altro sono le domande sul nostro marginale contesto economico locale che crea ipso facto la dipendenza coloniale, domande a cui occorre trovare subito risposte in soluzioni di buon senso non necessariamente legate a dogmi sviluppisti, neo-liberal e/o globalizzanti, ma aperte allo sviluppo di potenzialità “contenute” già nel nostro territorio nell’unico obbligo di creare valide occasioni economiche per tutti i lucani. E se per un solo istante ammettiamo che alcune delle soluzioni puntuali e di sistema siano contenute nel nostro programma, che in sintesi potremmo definire “il grande progetto di una rete di micro-progetti a basso costo e alta partecipazione dei cittadini”, la cui consultazione attenta consigliamo da tempo, è chiaro il senso della candidatura del sottoscritto per impedire snaturazioni del programma stesso in un contesto elettivo dove conta la persona, i suoi trascorsi civili, la sua “faccia” e l’immagine di una terra e di cosa potrebbe diventare che questa faccia racconta a cittadini a cui sarebbe immorale continuare a raccontar balle di “uno sviluppo che verrà” nella continuità delle stesse classi dirigenti che finora lo hanno “chiuso” nella loro auto-referenza clientelare, o dello sviluppo magicamente conseguente agli arrivi epici di Visitors dallo spazio esterno od al salvifico giudizio allo scoccare di un Armageddon.
Il candidato presidente Miko Somma e Comunità Lucana vogliono invece narrare della nuova stagione che serve a questa terra, quella di una regione fatta da e per i suoi cittadini, senza “santi in paradiso” o amici degli amici ad impedire che il merito ed il bisogno siano costretti nell’obbedienza al barone, di una terra dove vivere non significhi sopravvivere od arrangiarsi, da cui non sia più necessario fuggire per trovare spazi per la propria gioventù e voglia di fare, in una nuova stagione che vogliamo costruire senza escludere nessuno, e vogliono farlo fuori dai giochetti delle alleanze tra partiti, fuori dal dileggio reciproco, fuori dal teatrino stanco delle ineludibilità presunte, dialogando prima di tutto con i cittadini, a cui questa volta chiederemo di guardarsi intorno ed interrogarsi dentro con sincerità.

Miko Somma, segretario regionale di COMUNITA’ LUCANA

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