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giovedì 3 aprile 2014

Addio alle Province: nascono le Città Metropolitane.

Solo parte delle competenze trasferite a Regioni e Comuni.
Analizzando il Ddl Del Rio, che di fatto non elimina le Province ma le svuota di alcune competenze, perché manca la necessaria modifica costituzionale per la definitiva soppressione, esso prevede per questi nuovi "enti territoriali di area vasta” un Presidente eletto da un’assemblea costituita dai sindaci dei Comuni del territorio di riferimento.
Intanto fino al 2015 le Province saranno guidate dai Commissari e, anche quando sarà adottata la nuova forma istituzionale, il personale in servizio continuerà a lavorare per gli enti territoriali di area vasta, le cui competenze saranno comunque mantenute in materia di edilizia scolastica, pianificazione dei trasporti e tutela dell'ambiente. Mentre saranno istituite 15 nuove aree territoriali, le città metropolitane, con organismi propri da nominare previa approvazione di apposta legge: il Sindaco metropolitano, il Consiglio metropolitano e la Conferenza metropolitana. Orbene, ancora una volta stiamo assistendo all’ennesima azione propagandistica, volta semplicemente a rimescolare le carte senza, però, cambiare nulla o meglio peggiorando lo status quo. A differenza di altri settori, tuttavia, le modifiche, i riassetti e i cambi istituzionali manifestano i propri esiti-effetti solo dopo qualche anno, quindi stiamone certi che della questione se ne riparlerà. Senza dubbio tra qualche anno si darà corso al processo inverso annunciando un’altra rivoluzione copernicana. Ma, osservando la ratio posta alla base del citato Ddl Del Rio si percepiscono dei tratti comuni con la riforma del Senato ventilata dal Presidente del Consiglio Renzi. In entrambi i casi, quindi quello della riforma delle Province e quello del Senato, ci si trova davanti degli organismi i cui partecipanti non sono eletti dai cittadini, ma provengono da altri enti in cui rivestono cariche elettive. Nel nutrire qualche dubbio sulla effettiva funzionalità e sulla partecipazione assidua degli eletti alla vita di detti nuovi organismi, la domanda sorge spontanea: se si vuole davvero semplificare, perché non si eliminano definitivamente, seguendo l’iter costituzionale, e si trasferiscono le competenze ad altri soggetti? E poi, siamo sicuri che le previsioni messe in atto non comprimano effettivamente la partecipazione degli elettori?  Senza pretendere alcuna risposta, a ciò si aggiunga che le cariche, per quanto possano essere a titolo gratuito non saranno esenti da rimborsi spese; viceversa ci troveremmo di fronte ad assemblee vuote e incapaci di operare. Allora, contrariamente a quel che si vuol far percepire, la collettività sosterrà comunque dei costi oggettivi di funzionamento degli organismi. Questa piccola disamina, ovviamente, meriterebbe di essere approfondita, perché foriera di tantissimi altri interrogativi, ma onde evitare di tediare il lettore vorrei concludere con una provocazione: un investitore straniero, un imprenditore italiano, un professionista, un lavoratore dipendente, un precario, un disoccupato, un artigiano, si sentiranno davvero più sicuri e più sereni davanti a tali pseudo-riforme? Staremo a vedere! Speriamo, però, di non assistere prima alla definitiva caduta del Paese. 

avv. Sergio Potenza

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