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lunedì 28 ottobre 2013

Il professor Olivier De Cazanove, docente presso l’Università di Parigi su Tricarico e il suo territorio

Il professor Olivier De Cazanove, docente presso l’Università di Parigi 1 Panthéon-Sorbonne e autore di monografie e contributi di particolare rilevanza scientifica su Tricarico e il suo territorio, mercoledì 30 ottobre, nel salone di Palazzo ducale a Tricarico, terrà una pubblica conferenza dal titolo “Civita di Tricarico: una vera città?”, per illustrare i risultati degli ultimi interventi di scavo e ricognizione realizzati su Piano della Civita, sede di un rilevante insediamento italico, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Basilicata. Introdurrà Antonio De Siena, soprintendente per i Beni archeologici della Basilicata, mentre i saluti saranno affidati al sindaco di Tricarico, Angela Marchisella. L’evento è stato organizzato e curato da Maria Antonietta Carbone, responsabile del museo archeologico di Tricarico. “La ricerca archeologica – precisa il soprintendente Antonio De Siena – ha avuto, in questi ultimi anni, un notevole impulso e si va sempre più strutturando come una scienza che risponde a metodi di ricerca comuni e codificati. L’attività di tutela costituisce uno dei principali campi d’intervento della Soprintendenza Archeologica della Basilicata che svolge in questo un ruolo trainante, individuando in via preliminare i programmi di ricerca e di indagine di scavo, inserendoli in un quadro strategico più ampio, articolato secondo un piano di interventi che copre tutte le aree di competenza e costituisce un utile supporto all’attività di tutela, in una logica di coinvolgimento preventivo e propositivo”. La Soprintendenza, che già in passato ha realizzato e programmato campagne di scavo e restauro del rilevante insediamento italico di Civita di Tricarico, ha scelto di continuare le indagini operando in collaborazione e in regime di concessione con l’Ecole Française di Roma, la quale ha affidato la conduzione degli scavi al professor De Cazanove. Già circa 60 anni fa, studiosi isolati, italiani e stranieri, si sono occupati con passione eroica dell’archeologia del nostro territorio, percorrendo la nostra regione quando il percorrerla era certamente assai più arduo di oggi. Organo coordinatore di tante feconde energie che periodicamente si è occupato di raccogliere, portandole a incontrarsi e confrontarsi è stato, già dal 1961, il costituendo “Convegno di Studi sulla Magna Grecia”, che si tiene ancora oggi a Taranto. Il primo Convegno non a caso scelse a tema “Greci e italici”, perché il problema base, da sempre all’attenzione degli studiosi, è quello del loro incontro. Gli studi che via via si sono succeduti, fino a oggi, ci hanno confermato quanto la cultura fiorita nella Magna Grecia sia stato il frutto non solo di coloro che sono venuti ma di coloro che erano già nel paese e che, accogliendo quello che i greci colonizzatori hanno portato, rifecondandolo nell’ambito loro, nella loro coscienza, nel loro spirito, ne hanno tratto quella grande cultura che è rappresentata dalla Magna Grecia. Nel cuore della Lucania interna, il sito di Civita di Tricarico (non se ne conosce il nome antico) si presenta come un vasto pianoro che culmina a 933 metri sul livello del mare, tra i fiumi Bradano e Basento. Nel corso del IV sec., tale posizione naturale viene occupata da un abitato indigeno, recinto da una linea di mura che si sviluppa in arco di cerchio su di una lunghezza di quasi due chilometri e si raccorda, a nord e a sud, alla rupe calcarea che difende il pianoro dal lato orientale. Un altro muro recingeva verosimilmente la terrazza più alta che fungeva così da cittadella (arx). Una terza fortificazione venne infine edificata nel III secolo avanti Cristo. Tale moltiplicazione delle linee di difesa non è un fatto eccezionale sui siti d’altura indigeni: queste cinte presentano, di solito, una modesta estensione. Di ben altra ampiezza è, a Civita, la superficie impegnata, ben 47 ettari, certamente ben lontani dall’essere interamente edificati (lo scavo ha documentato la presenza di numerosi spazi vuoti) ma con un eccezionale interesse cronologico. Il sito vive, pur ridimensionato, dal IV al I secolo avanti Cristo, mentre la maggioranza dei siti lucani non esiste più dopo la guerra di Pirro e quella annibalica. L’inesistenza di città vere e proprie nel mondo italico è stata a lungo ritenuta un dogma intangibile, così come la separazione netta tra “Italia delle città” (versante ionico e tirrenico) e “Italia delle non-città” (hinterland e versante adriatico). Ora, se è ben chiaro che la “cité-antique” è, per definizione, greca (o romana), parlare di città indigena in tale ottica avrebbe poco senso, salvo limitarsi a registrare il suo grado di ellenizzazione prima e di romanizzazione poi. Il discorso è diverso se si parla di “villes” e cioè di città nel senso della forma urbana. Non si tratta certo di una sistemazione regolare, ortogonale, come quella delle poleis della costa o delle colonie latine. Le case si addensano le une accanto alle altre, manca l’allineamento delle facciate, la rete viaria stessa si lascia difficilmente ricostruire. Per identificare una tale organizzazione dello spazio, si parla talvolta di “insediamento spontaneo” ma così proprio non è: ci sono tracce di una certa pianificazione, anche se non visibile sotto la forma di una maglia ortogonale. Quanto detto fino a ora è nei risultati prodotti ed elaborati dal professor De Cazanove, dice Maria Antonietta Carbone, organizzatrice della Conferenza che si terrà a Palazzo Ducale, su sollecitazione dell

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