Pezzo dopo pezzo il marcio sta venendo fuori tutto. Il marcio della cosiddetta P4, quel sistema gelatinoso di poteri forti e oscuri che la procura di Napoli ha cominciato a portare allo scoperto e che fa capo a Luigi Bisignani. Chi è costui? Fino a qualche giorno fa un illustre sconosciuto per i più, eppure un uomo che sembra avere in pugno mezza Italia, vista la lunga lista di politici, ministri, big dell’industria e della finanza, vertici Rai che a lui si rivolgevano per qualsiasi cosa. Fa effetto leggere di come l’ex dg della Rai Mauro Masi lo consultasse intimorito per chiedere aiuto e conforto nella battaglia contro Michele Santoro e Annozero.
Insomma, Bisignani è uno di quelli che muove i fili. Sempre nell’ombra, ma sempre al centro dei più importanti giochi di potere, è diventato negli anni l’eminenza grigia dell’attuale maggioranza di centrodestra. Vicinissimo a Gianni Letta, già iscritto alla P2, ha subito una condanna nell’ambito dell’inchiesta “Mani Pulite” a 2 anni e 8 mesi per aver smistato la maxi-tangente Enimont nelle casse dello Ior; è stato poi indagato nell’inchiesta “Why not” di Luigi de Magistris.
Il breve profilo del personaggio aiuta a capire, almeno in parte, come abbia potuto costruire quella che si sta rivelando una vera e propria ragnatela occulta basata su informazioni riservate, appalti pilotati e scambi di favori, nomine dirigenziali e interventi normativi per alimentare la possibilità di controllo decisionale con la logica del ricatto e del favoreggiamento criminale. In questo modo, per anni, le sorti economiche e politiche dell’Italia sono state decise con i segreti meccanismi dell’affiliazione e della minaccia, influenzando le scelte di aziende pubbliche come Eni, Rai, Finmeccanica, Poligrafico dello Stato e le decisioni di Ministri, Sottosegretari e alti dirigenti statali. Il tutto alle spalle dei cittadini. È un quadro fosco e allarmante, che dipinge una democrazia a rischio e un Paese impantanato nella sottocultura del clientelismo.
Un quadro a cui oggi fa da contraltare, in un contrasto solo apparente, il gran raduno della Lega a Pontida. A voler cercare un comune denominatore con la vicenda P4 si può usare la parola ‘squallore’. Lo squallore dello stato maggiore leghista costretto a recitare una parte davanti al suo popolo deluso e arrabbiato, un popolo che quando Bossi ha detto che adesso non si può andare ad elezioni si è messo a fischiare. Fischi pesanti, un messaggio inequivocabile lanciato da gente stanca di essere costretta a stare al gancio di Berlusconi, stanca di essere presa in giro. Invece Bossi questo ha fatto anche oggi, con il finto ultimatum lanciato a Pontida. Chiacchiere buone per fare scena, propaganda senza sostanza subito smontata da Berlusconi e dai reggenti del Pdl. Il governo non farà le riforme, non ritirerà i nostri soldati in missione di guerra, non porterà i Ministeri al Nord. Non farà nulla di quanto chiesto a Pontida. E allora il bluff di Bossi si rivelerà in tutta la sua disarmante pochezza.