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mercoledì 27 aprile 2011

A Montalbano J° una richiesta per cambiare l’intitolazione di via E. Cialdini con via A. Mosetti.


    Il dr. Luigi Bradascio, noto odontoiatra, dell’associazione Amici del 
Cuore di Matera, originario di Montalbano Jonico, ha scritto al sindaco di 
Montalbano Jonico Enzo De Vincenzis per chiedergli di modificare l’
intitolazione di una  strada del centro storico montalbanese da via E. Cialdini 
in via A. Mosetti.
    Alla richiesta si è associato il dr. Vincenzo Maida, presidente del Centro 
Studi Jonico DRUS e dell’associazione di volontariato sociale OIKOS.
    Il dr. Bradascio ha scritto che “ sin da ragazzo ho approfondito lo studio 
della Storia e più recentemente gli anni del Risorgimento italiano. Sento una 
innata avversione per Enrico Cialdini, ovvero il macellaio di Pontelandolfo e 
di Gaeta, le città martire del Risorgimento italiano. E macellaio di altre 36 
città meridionali, Trivigno tra queste: un vero criminale di guerra. Walter 
Reder, l’autore della strage di Marzabotto e Kappler, che organizzò l’eccidio 
delle fosse Ardeatine, sono stati dei dilettanti nei suoi confronti. Eppure 
molte strade di città e paesi del sud Italia, Montalbano incluso, sono 
intitolate a questo criminale: segno evidente di come la Storia venga scritta 
solo dai vincitori. Apprendo da un bellissimo articolo di Vincenzo Maida, 
pubblicato sui quotidiani regionali che….” era di Montalbano Jonico uno dei 
ragazzi più  giovani morti nel famigerato lager piemontese di Fenestrelle, ai 
confini con la Francia. Antonio Mosetti – ha scritto Vincenzo Maida- non aveva 
ancora compiuto 21 anni ed era stato lì  deportato per essersi rifiutato di 
tradire il giuramento fatto al Re delle Due Sicilie Francesco II e di passare 
armi e bagagli con l’ esercito piemontese, un raro esempio di rifiuto del 
gattopardesco trasformismo, pagato con la sofferenza e la morte. A Matera è  
stato giustamente inaugurato alla presenza delle massime autorità  locali e 
provinciali nella villa comunale, un busto in bronzo dedicato a Giambattista 
Pentasuglia, l’unico lucano ad aver preso parte alla spedizione dei Mille. 
Nessuno ha sentito la necessità  di ricordare anche quei giovani che dall’altra 
parte della barricata attestarono con la vita la  fedeltà  a quella che era 
allora la loro Patria”.
  In una società come la nostra, nella quale valori come l’onore, il rispetto 
di un giuramento, la fedeltà alla propria nazione sembrano fumo nell’aria ti 
chiedo di rendere pubblica questa triste vicenda e di esaltare il coraggio e la 
coerenza di questo giovane montalbanese, intitolando via Enrico Cialdini a 
Antonio Mosetti. Te lo chiedo a nome mio personale e di tutti i montalbanesi 
che per un motivo o per un altro hanno dovuto andar via dal loro amato paese d’
origine e ti dichiaro che mi sentirei onorato se volessi permettermi di 
soddisfare i costi di tale operazione. Ma voglio spingermi ancora più in là e 
chiederti di osare ancora di più.
“Nel 2004 un tenace cacciatore di documenti storici, Antonio Pagano, scoprì 
che a guidare l’eccidio di Pontelandolfo non fu Gaetano Negri del VI 
Reggimento, “sterminatore di briganti”, poi sindaco di Milano, bensì Pier 
Eleonoro Negri, “grande eroe del Risorgimento italiano, medaglia d’oro al valor 
militare, due volte medaglia d’argento, pure lui del VI Reggimento. Ogni anno 
il Comune di Vicenza continua a deporre una corona dinanzi alla lapide di Pier 
Eleonoro Negri: in nome del popolo italiano, inclusi Pontelandolfo, Casalduini 
e Campolattaro. Giustamente carcere a vita per Reder e Kappler, ma medaglia d’
oro per Negri, che come loro e più di loro fece massacrare italiani inermi per 
rappresaglia. Cosa direste, se il Comune di Vicenza deponesse ogni anno una 
corona di alloro sulle tombe di Reder e Kappler?” (tratto da Terroni di Pino 
Aprile, pagina 64).
Se tutto questo ha un fondamento storico noi abbiamo il preciso dovere di 
ristabilire la verità: ti chiedo di istituire una Commissione di studio che 
approfondisca l’argomento e che chieda a nome di tutti gli Italiani al Sindaco 
di Vicenza che venga abrogata l’usanza di celebrare questo assassino.
Dobbiamo farlo noi Montalbanesi, perché “la storia di oggi è ancora quella di 
ieri. La nostra fu interrotta e si può riannodarla solo nel punto in cui fu 
spezzata. Non si può scegliere la ripartenza che più conviene”.

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