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martedì 26 novembre 2013

SPAZIO ALLA PAROLA DEI PAZIENTI: IL SAN CARLO CON LA MEDICINA

NARRATIVA VUOLE SCRIVERE ALTRE STORIE DI BUONA SANITÀ AL SUD “Umanizzare le cure, rinnovare l’alleanza terapeutica operatore sanitario-paziente - dove il primo si apre al dialogo e al confronto aperto e il secondo è incoraggiato ad essere maggiormente attivo e protagonista delle proprie scelte di salute - riscoprire la forza dell’empatia nel colloquio clinico, rappresentano tasselli fondamentali per poter costruire migliori percorsi di diagnosi, assistenza e cura”. Nel suo intervento introduttivo al meeting sulla medicina narrativa, che si è svolto stamattina nell’Auditorium dell’ospedale, Giampiero Maruggi, direttore generale del San Carlo ha illustrato il percorso avviato. Di medicina narrativa si comincia a parlare in ambito internazionale alla fine del secolo scorso mentre in Italia le prime esperienze sono maturate nel 2006, grazie alla sensibilità di istituti di rilievo nazionale come il IRF Mario Negri, che ha lavorato in particolare sul tema delle opportunità di sinergia tra Evidence Based Medicine e Narrative Based Medicine, e l’Istituto Superiore di Sanità, da tempo impegnato nello sviluppo di progetti di Medicina Narrativa, tra cui la Campagna Viverla Tutta, promossa dalla Fondazione Pfizer.
La dottoressa Amelia Egle Gentile, responsabile del Centro delle malattie rare dell’ISS intervenendo in teleconferenza via Skype ha illustrato le attività nel campo dell’Iss, che ha firmato un Protocollo di Studio nell’ambito del quale è attualmente in corso l’organizzazione di una Consensus conference, che si propone di giungere, entro giungo 2014, alla definizione di Linee di indirizzo per l’impiego della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale per le malattie rare e cronico-degenerative. Il percorso della medicina narrativa al San Carlo è cominciato in estate. Dopo la costituzione del gruppo di lavoro, coordinato dalla dottoressa Bellettieri, e un momento di formazione a Foligno, una delle realtà più avanzate per le esperienze già realizzate, il lavoro è entrato nel vivo nei reparti coinvolti nel progetto. Delle prime attività di scrittura ha offerto, nel corso del meeting, testimonianza il primario di Ematologia, Michele Pizzuti. “Il solo fatto che una persona sia costretta – afferma il direttore Maruggi – a lasciare casa, lavoro, famiglia per vivere giorni dentro una struttura ospedaliera, a prescindere dalle serie ragioni che ci sono dietro questa necessità, già rappresenta un trauma e un disagio e quindi è importante che le sia rivolta una particolare attenzione”. Se è sempre vero che il paziente deve essere al centro della sanità pubblica, ha proseguito il dg del San Carlo “realizzare questo enunciato costituisce in realtà un’autentica rivoluzione culturale, alla quale tutto il nostro personale è chiamato. Umanizzazione delle cure è un percorso costante, continuo, articolato, a partire da una scelta di fondo: un rapporto di trasparenza con il cittadino, che è il nostro ‘azionista di riferimento’. Una realtà, quest’ultima, che deve costituire uno stimolo ulteriore.” “L’umanizzazione passa quindi attraverso complessi investimenti ‘immateriali’ che riguardano la cultura aziendale – prosegue Maruggi – e che si aggiungono a quelli materiali, dalla biblioteca che abbiamo recentemente avviato alla logistica che abbiamo cominciato a migliorare, dai parcheggi all’accoglienza in pronto soccorso. E così, al di là degli evidenti vantaggi terapeutici e di qualità nella vita del paziente che iniziative come questa promuovono, ci sono anche concreti benefici connessi che non bisogna sottovalutare”. Il direttore generale ha fatto riferimento alla scelta regionale di portare in regime di autoassicurazione il sistema sanitario pubblico lucano. Una scelta coraggiosa che implica la necessità di introdurre buone prassi per la riduzione del rischio e che si interfaccia con questa iniziativa. Perché esperienze come quelle della medicina narrativa permettono di contrastare quella cultura di sfiducia del cittadino verso il sistema sanitario e i suoi operatori, particolarmente diffusa al Sud, che spesso sfocia in un fenomeno deleterio come quello della medicina difensiva, i cui costi per lo Stato sono calcolati da recenti stime, tra i 10 e i 14 miliardi di euro, una cifra dalle dimensioni paragonabili a quelle di una manovra finanziaria.
Maruggi ha collegato questo tema ai meccanismi dell’informazione: “La stampa tende a ricercare ed enfatizzare le bad news, in un corto circuito negativo tra cronaca giudiziaria e sanitaria, e certo lascia l’amaro in bocca scoprire poi che nove denunce su dieci finiscono per rivelarsi bolle di sapone. Dobbiamo quindi essere più bravi e più attenti noi a saper comunicare bene, a raccontare la buona sanità del quotidiano perché se un paziente sceglie di andarsi a curare fuori regione è, comunque, in parte anche colpa nostra”. Il ruolo della Medicina Narrativa come strumento per una Sanità Sostenibile, è stato tra i temi chiave affrontati nel corso del convegno, grazie al contributo di Paola Chesi, della Fondazione ISTUD e alla testimonianza di Massimo Milli, un cardiologo che ha raccontato i progetti concreti implementati sul territorio da altre strutture sanitarie d’eccellenza quali la Asl 10 di Firenze e la Asl 3 Umbra di Foligno.

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