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mercoledì 24 luglio 2013

I travagli di Travaglio e il “Lunario di settembre”

Di Maurizio Bolognetti, Segretario Radicali Lucani e Direzione Radicali Italiani.

Confesso, sì confesso. Dopo aver letto le argomentazioni con le quali Travaglio tenta di negare la necessità di un provvedimento di amnistia e indulto che, gioverà ripeterlo, abbiamo definito di “Amnistia per la Repubblica”, mi è venuto in mente il dialogo tra strega e inquisitore che prende corpo nel bellissimo brano di Ivano Fossati “Lunario di Settembre”: “Ma non vale niente che io faccia che resista o che cada; tu non capisci è questo il grande lutto che oscura le mie vesti…”. In una Italia quotidianamente bombardata da una pioggia torrenziale di Tg trasformati in gazzettini di cronaca nera, il buon Robespierre Travaglio ha gioco facile a sventolare la sua ghigliottina, potendo godere del fatto che le ragioni di coloro che ripetono come un mantra “Diritto, Giustizia, Amnistia e Libertà” siano opportunamente segregate. Se non ci fosse da piangere si potrebbe anche sorridere delle travagliate sull’amnistia. Pensate, colui che qualcuno osa definire erede di Indro Montanelli arriva ad ipotizzare l’esistenza di un complotto finalizzato a far ottenere l’amnistia a Silvio Berlusconi. E del complotto, organizzato da una sorta di Spectre, ovviamente farebbero parte la Corte Europea dei diritti dell’Uomo, le Associazioni che ben conoscono le nostre patrie galere, i sindacati di Polizia penitenziaria e magari i direttori del Sidipe.
Al buon Travaglio, accecato dall’odio antiberlusconiano, poco importa che l’Italia venga condannata da 30 anni per la non ragionevole durata dei processi e per carceri assurte a luogo di tortura senza torturatori. Al diavolo tutto: c’è da mettere in galera Silvio, magari a pane e acqua e da comminargli come pena aggiunta sei mesi di isolamento, con la trasmissione a ciclo continuo dei travaglieschi predicozzi. 
Potremmo certo discutere di decarcerizzazione, depenalizzazione, della Bossi-Fini e della Fini-Giovanardi, anche se a dire il vero faccio fatica a ricordare interventi di Travaglio su quest’ultima legge e sui danni che essa ha prodotto. Si potrebbe, certo che si potrebbe discuterne, ma ahimè il dibattito è negato. Così come è negato a Marco Pannella, a Rita Bernardini, ai Radicali il poter spiegare cosa intendono quando affermano che occorre un provvedimento di amnistia, di Amnistia per uno Stato che viene condannato da ben prima che Silvio Berlusconi entrasse in politica. Quello stesso Stato dipinto in un film denuncia intitolato “Detenuto in attesa di giudizio”. Coraggio Marco, non dirmi che non ti ricordi la faccia di Alberto Sordi? 
Chissà se tra i travagli di Travaglio ci sia mai stato spazio per la questione della carcerazione preventiva e del suo abuso. 
Siamo noi, caro Travaglio, che da 30 anni e più avvertiamo che saremmo andati a sbattere. Siamo noi quelli che raccontano dell’amnistia clandestina e a volte di classe chiamata prescrizione. Peccato che tu e quelli come te preferiate non ascoltare. Perché, caro Travaglio, se qualcuno avesse ascoltato e recepito le proposte radicali in materia di giustizia, se qualcuno non avesse tradito la volontà popolare che voleva la responsabilità civile dei magistrati o se qualcuno avesse ascoltato Giovanni Falcone, che si espresse a favore della separazione delle carriere, forse non saremmo arrivati alla necessità di invocare un provvedimento di amnistia, che è allo stato attuale irrinunciabile provvedimento riformatore, l’unico in grado di rimettere sul binario del rispetto della legalità costituzionale e internazionale questo paese. Signor Censore, signor Travaglio, mi chiedo se lei abbia mai visitato anche solo una piccola parte delle galere visitate da Rita Bernardini e dai Radicali. Mi chiedo se lei abbia mai prestato orecchio all’ascolto della voce della “comunità penitenziaria”, degli agenti, dei direttori, dei detenuti. Mi chiedo, signor Censore, se lei abbia mai letto la lettera straordinaria - nell’ordinarietà di articoli dozzinali fatti con il taglio del “dagli al mostro Silvio” - la lettera di Enrico Sbriglia e dei direttori del Sidipe. A volte l’odio acceca e impedisce di essere lucidi e di vedere ciò che si ha sotto gli occhi. Signor Censore, provi a liberarsi. Vedrà che starà meglio. Signor Censore, hai scritto che da oltre trent’anni questo Stato canaglia e criminale ha fatto incancrenire un sistema per poter al momento giusto dare l’amnistia a Berlusconi. Caro Censore, caro Travaglio, apri gli occhi e prova a sfogliare un documento radicale intitolato “La Peste Italiana”; documento rimasto clandestino grazie a te e a quelli come te. Magari, leggendolo, finisce che capisci perché la strage di legalità ha per inevitabile corollario la strage di popoli. Magari capisci che occorre che il nostro Stato torni a rispettare la sua propria legalità. C’è anche chi non vive per fare cose pro o contro Silvio Berlusconi, ma prova a stare al merito. C’è chi non crea fantasmi e mostri, pur sapendo quanto la “banalità del male” incomba dietro l’angolo, ma è impegnato a proporre riforme con quesiti referendari un tempo detti “Referendum Tortora”.

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