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giovedì 9 gennaio 2014

QUEL VOLO DEGLI “ANGELI DEL BENE” SU MY LAI

di Filippo Giannini

A loro piace essere chiamati gli Angeli del Bene, incensati dalla Divina Provvidenza ed inviati su questo triste pianeta per lottare contro le Forze del Male in quei tempi impersonati dal Nazionalsocialismo e dal fascismo. Loro, dopo l’abbattimento delle due bieche tirannie hanno continuato (e continuano) a lottare contro ogni nemico che, di volta in volta, è impersonato nel maligno. Loro hanno punito tutti i tiranni che si sono resi colpevoli di stragi e malvagità. In questa lotta contro le Forze del Male, gli Angeli del Bene hanno operato su tutto il globo ove hanno lasciato la loro traccia a Stelle e Strisce. Un volo di questi Angeli è poco conosciuto e proviamo a proporlo: riguarda un episodio (uno fra i mille e mille) che avvenne durante la guerra del Vietnam.
My Lai è un piccolo villaggio vicino alla costa del Vietnam Centrale. Gli abitanti vivono di pesca e di agricoltura.
Quanto stiamo per ricordare proviene da fonti statunitensi e, quindi, al di sopra di ogni sospetto. La Compagnia Charly del 1° battaglione di fanteria americano si era formato e addestrata in Georgia e alle reclute . Niente di strano: erano soldati e loro dovere era quello di uccidere il nemico. Al termine dell’addestramento gli uomini della Compagnia Charly giunsero nel Vietnam dalle Hawaii, nel dicembre 1967. La Compagnia era considerata la migliore del battaglione, i loro componenti provenivano da ogni parte degli Stati Uniti e appartenevano a famiglie della media borghesia americana. La Compagnia Charly per alcune settimane fu sottoposta a ripetuti scontri con i vietcong della zona di My Lai. Durante uno di questi combattimenti quattro soldati americani rimasero uccisi e 38 feriti. Immediatamente fu predisposta una rappresaglia. I servizi segreti statunitensi ritenevano che a My Lai risiedesse il Quartier Generale dei vietcong. Era una informazione errata. Il 15 marzo 1968 fu messo a punto l’attacco contro il villaggio e l’ordine venne dal colonnello Herald Anderson, comandante della brigata, e trasmesso al capitano Ernest Mandela, comandante della compagnia Charly. Nessuno del comando ammise mai la propria responsabilità per ciò che accadde. Il sergente Kennet Hodges, reduce di quell’operazione, ha testimoniato: . L’attacco su My Lai avvenne, come in molti altri casi, con gli elicotteri. Erano appena passate le sette del mattino ed era sabato. Secondo i Servizi Segreti, a quell’ora tutti i civili erano al mercato e al villaggio sarebbero rimasti solo i vietcong. I primi elicotteri arrivarono su My Lai alle 7,35; in venti minuti tutti i 120 uomini e i cinque ufficiali della compagnia avevano preso terra e nessuno sparò alcun colpo contro di loro, né ci fu alcun cenno di resistenza. Racconta una donna, Phan Thi Tuan, scampata al massacro: . Un reduce, Varnando Simpson, racconta: . Fred William, anche lui reduce da quella missione testimonia: .
Un’altra donna, So Thi Qui: . E il raccnto di una giovane donna, Phan Thi Trin: . Le comunicazioni radio rivelarono che il comando era a conoscenza del massacro. Il capitano Thompson quel giorno era a bordo del suo elicottero e in quelle ore volava basso sul luogo dell’eccidio. Quando vide che i soldati avanzavano verso un gruppo di donne e di bambini indifesi, ordinò al suo equipaggio di puntare le armi contro i suoi compagni a terra. Qualora questi avessero sparato contro i civili .
La testimonianza del sergente Kenneth Hodges è sintomatica: . Malgrado la totale assenza di qualsiasi resistenza, il tenente William Calley continuò a ordinare ai suoi uomini di proseguire il massacro. La maggior parte obbedì, pochi si rifiutarono e fra questi Hanry Stanley che si oppose di eseguire gli ordini, malgrado le minacce del tenente Calley.
Alle 11,30 la compagnia Charly fece una pausa per il pranzo, avevano ucciso più di 400 persone. I giornali americani, giorni dopo, parlarono di una importante vittoria e di molti nemici uccisi. Quanto è accaduto a My Lai è stato tenuto celato per molto tempo. Quando la notizia del massacro si sparse per tutto il mondo, generò una ondata di sdegno e di orrore. A seguito di ciò gli uomini della compagnia Charly furono posti sotto inchiesta e si dichiararono . Il comandante, capitano Ernest Mandela, contestò le accuse con queste parole: .
Il tenente William Calley, accusato di 109 assassinii si difese sostenendo di aver eseguito degli ordini. Ebbene dei 46 uomini della compagnia Charly, colpevoli di assassinii, stupri, mutilazioni, uno solo fu condannato: il tenente William Calley. Ma l’opinione pubblica americana subì una metamorfosi: da una situazione di vergogna e di condanna si trasformò in un atteggiamento di giustificazione e di perdono. William Calley, incarcerato per tre giorni, fu rilasciato per ordine del presidente Nixon e posto agli arresti domiciliari. Tre anni dopo la prima sentenza che lo condannava all’ergastolo, fu rilasciato sulla parola. A seguito di quanto sin qui scritto, il passaggio ad un accostamento alle rappresaglie messe in atto dalle Forze del Male nel secondo conflitto mondiale, risulta automatico. Ma è un accostamento improponibile, e ci spieghiamo. Le Convenzioni Internazionali di guerra vigenti sino al termine del 1945 prevedevano, in ben circostanziati casi, il Diritto di rappresaglia, in questi termini: .
Ne consegue che, pur nella loro ferocia, stupidità e inutilità, le rappresaglie messe in atto dalle Forze del Male nella seconda guerra mondiale erano, perlomeno, atti leciti.
Invece, nel dopoguerra, il Diritto Internazionale, l’atto, allora lecito, venne modificato : .
Di conseguenza tutte le azioni, tutte le rappresaglie messe in atto dal 1949 in avanti, non essendo ammesse – anzi esplicitamente condannate dal Diritto – debbono essere considerate semplicemente degli assassinii di massa e gli autori, veri criminali di guerra, perseguibili in ogni momento.
Ci siamo spiegati?

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